Partiti e politici

De Michelis, l’Irregolare che conosceva il suo mondo e guardava già nel nostro

19 Maggio 2024

C’è una foto che è entrata nella storia d’Italia, ed è quella di Gianni De Michelis che firma a nome del nostro Paese il Trattato di Maastricht il 7 febbraio 1992, dieci giorni esatti prima dell’arresto di Mario Chiesa. Doveva essere un punto di partenza, per il mondo di Gianni De Michelis invece era l’inizio della fine.  Un mondo che Paolo Franchi racconta nel suo bel libro ‘L’irregolare’, edito da Marsilio, la stessa casa editrice che alla fine degli anni sessanta fu fondata proprio da Gianni e Cesare De Michelis. Un mondo che inizia in una famiglia unica, di religione protestante nell’Italia cattolica, in cui il nonno si chiamava Rennepont perché il bisnonno di Gianni non voleva che nessuno dei suoi figli avesse un nome preso dal calendario dei Santi.

Il padre di Gianni di chiamava Turno, tutti i cinque fratelli del futuro ministro degli Esteri sono diventati professori universitari spinti da una madre con due lauree, caratteristica certo non comune nell’Italia del dopoguerra. E Gianni era professore di Chimica a Ca’ Foscari, anche questa una scelta originale in un paese dove la cultura umanistica è sempre stata dominante.  E la parte della formazione politica e culturale di De Michelis l’aspetto più interessante del libro di Franchi, le notti al Petrolchimico di Marghera (spesso con Toni Negri che era giovane consigliere comunale socialista di Padova prima di abbandonare il partito), gli anni dell’Ugi, fucina di una futura classe dirigente in cui Pannella e Occhetto giovanissimi misero in minoranza un ambizioso ragazzo di Milano: Bettino Craxi.

Ci sono poi aneddoti curiosi, l’incontro tra Togliatti e lo stesso Pannella, con il primo che aveva voluto conoscere il futuro leader radicale e il racconto di momenti decisivi per la storia del Psi e del Paese come la scelta di De Michelis di rompere con Lombardi e di ‘salvare’ la segreteria Craxi nel 1979, scelta che Bettino ricompensò facendo nominare De Michelis ministro delle Partecipazioni Statali a meno di 40 anni. Un ministero che Giorgio Napolitano, che era estimatore di De Michelis, giudicò essere stato guidato ‘in modo magnifico’. Non manca la descrizione dell’accordo sulla Scala Mobile, De Michelis nel frattempo era diventato ministro del Lavoro, con il successivo referendum e i tentativi (falliti) dalla Farnesina di evitare la guerra in Jugoslavia. Tutto questo mentre non rinunciava a sfidare i benpensanti (come diceva) con una vita personale ‘vivace’…

Rimangono di De Michelis alcune intuizioni profetiche, nel 1991 disse che i grandi problemi del mondo del futuro sarebbaro stati migrazione e ambiente, come era un grande studioso della demografia come elemento che muove la Storia. Non dimenticando che nel 1981 dovendo tenere una lezione alla Columbia volle che il titolo fosse: Comunism is dead. Quasi un decennio prima della caduta del Muro. Una vita di vittorie e sconfitte di progetti realizzati e di proposte non diventate realtà come quella da ministro del Lavoro di riformare il sistema pensionistico. Fu considerato come specie di killer degli anziani, prevedeva di andare in pensione al massimo a 65 anni e manteneva, seppur con delle restrizioni, le pensioni di anzianità. Oggi l’eta pensionistica supera il 67 anni e le pensioni di anzianità sono state abrogate da tempo…

Post scriptum

Per i casi della vita ho conosciuto Gianni De Michelis, vengo da una famiglia in cui Riccardo Lombardi era considerato un mito, e mio padre Umberto era stato amico di Gianni per decenni, dai tempi dell’Ugi. Per alcuni anni un paio di volte all’anno pranzavo con Gianni e ascoltarlo era una meraviglia per chi era appasionato di politica. Un turbinio di anedotti, come quando raccontava che Bush Senior non destituì Saddam dopo l’invasione del Kuwait perché russi e sauditi lo fermarono in molto deciso o quando mi raccontò che nelle turbolente trattative per Quirinale e Palazzo Chigi dopo le elezioni del 1992 lui era stato Presidente della Camera in pectore per una notte ‘e col cazzo -mi disse- che avremmo gestito le autorizzazioni a procedere come poi accadde’.
Un ‘Avanzo di balera’ – così lo definì perfidamente Enzo Biagi -, di un livello straordinario.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.