
Partiti e politici
De Luca, game over?
Negli anni ’80, in un Hotel di Vietri, alle propaggini della costiera amalfitana, come iscritto al partito seguii i lavori del congresso provinciale del Pci salernitano. In quell’occasione, il segretario, eletto di fresco, lesse con peculiare inclinazione fonetica una relazione barbosa, dal linguaggio aulico e i contenuti esasperatamente moraleggianti. Era un uomo dall’aspetto canonicamente serioso, che indossava, sotto la giacca scura, una camicia bianca abbottonata fino all’ultima asola, in totale disprezzo della cravatta. Nella mia fantasia giovanile associai la sua spartana figura a quella di una sorta di monaco laicista. La creatura politica, che leggeva liturgicamente da un verbo di maniera, come da un testo biblico, al cospetto di un uditorio vagamente attento, era Vincenzo De Luca, Presidente della Regione Campania, a cui la Corte Costituzionale ha appena vietato la candidatura per un terzo mandato, dichiarando incostituzionale la modifica apportata alla legge elettorale della stessa regione, che in caso di approvazione ne avrebbe consentito l’eleggibilità, nonostante la contrarietà della segretaria del Pd, Elly Schlein. Per la cronaca, tra i relatori di quell’evento, un illuminato Edoardo Sanguineti, nel pieno del suo fulgore intellettuale, parlò di “decomunistizzazione”, una parola che molti militanti e simpatizzanti ascoltavano per la prima volta, il cui concetto risultava urticante e di non facile assorbimento, pur essendo comprensibilissimo. Dopo qualche anno, infatti, il processo di decomunistizzazione a cui faceva riferimento il grande umanista, dilagava in tutta l’Europa.
La “creatura”, a cui si accennava innanzi, oggi è tra i più corroborati interpreti del potere politico del Mezzogiorno, e dispone di un elettorato ideologicamente variegato, a testimonianza di un totale svuotamento dei contenuti politici che, in teoria, dovrebbero condizionare le scelte elettorali. Gran parte dei deluchiani, oggi, farebbe fatica, contemplando il percorso del “governatore” campano, a identificarne una matrice evolutiva legata in qualche modo alla vecchia scuola politica della vecchia sinistra, avendola, egli, superata sin da subito, quando era ancora sindaco di Salerno, con eccessivi e pirotecnici personalismi, che hanno dato luogo al popolare personaggio crozziano, nei confronti del quale l’originale sembra esserne l’imitazione. Che il politico De Luca, in questi anni, si sia prodigato per somigliare sempre più alla figura grottesca messa in piedi dal comico Crozza, è un dato di fatto ormai acquisito da un pubblico vasto. Ecco, la satira, meglio di qualsiasi analista, ha evidenziato uno degli errori fondamentali del percorso incerto del PD, quello, cioè, di aver dato spazio alle manie personali degli interpreti, chiudendo alle sperimentazioni alternative dell’unità d’insieme e tramutando una tangibile sensibilità comune nell’insofferenza più generale.
Sia ben chiaro, pertanto, che Vincenzo De Luca, pur operando all’interno del Pd e nell’ambito di una concezione politica progressista, non si è fatto mai strumento popolare di produzione ideologica e solidarietà collettiva. Non è mai stato una mente, ma un calcolatore, ha guardato ai numeri e alle percentuali elettorali, giammai a uno studio di risanamento e di ripresa della sua area di riferimento. E, soprattutto, ha sempre trattato per sé e la sua famiglia. Ora, la sua parabola ha intrapreso la traiettoria discendente e non gli resta, nella confusione permanente della politica, che accaparrare il possibile e il necessario. E, così come ha fatto Mastella, una volta ridimensionato, che ha puntato la sua Benevento, diventandone sindaco, De Luca, probabilmente, ritornerà alla sua Salerno, ridiventandone il Signore. Tutta la bramosia carrieristica di quest’uomo, partendo dal quadro iniziale, rappresenta l’indice più genuino per qualificare la trasformazione di una sinistra in disarmonia con la sua storia. La politica e il Pd, in particolare, ha offerto a personaggi galvanizzati, come De Luca, la possibilità di adottare, sfrontatamente, strategie in linea con l’ambizione personale, che restano del tutto estranee agli interessi comuni della popolazione. Quel che sembra certo, è che, dopo anni di incomprensione e mal sopportazione, il Pd abbia definitivamente scaricato uno dei suoi elementi più efficientisti e pittoreschi. Lo ha fatto appena in tempo? Si vedrà.
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