Partiti e politici
Davvero non c’è vergogna nel salire oggi sul carro dell’astensione?
Con tutto l’impegno che ha, ogni partito sta trascinando meticolosamente gli elettori fuori delle urne, lontano dai seggi e dal cuore delle passioni. Se è possibile tracciare una previsione, forse neppure troppo azzardata, la prossima sarà davvero un’astensione-record, quella che i soliti analisti stanchi definiranno “una sonora lezione per tutta la politica italiana”. A differenza di Paesi più attrezzati e meno ipocriti, dove minoranze anche ristrette decidono i governi (ma in quest’ultimo tempo ogni democrazia fatica a trovare una maggioranza), qui da noi sappiamo già che la minoranza che quella domenica di marzo voterà non deciderà nulla di vagamente stabile. Forse ricorderete che da tempo, qui su queste colonne, stiamo insistendo per un’astensione “buona”, quell’attitudine a valutare con estrema severità le forze in campo, le offerte al mercato della politica, e poi a decidere molto consapevolmente se sottrarsi al vecchio obbligo morale di votare (ricorderete che all’epoca del senso di colpa il reietto-non-votante veniva segnalato al casellario giudiziario, una “macchia” morale che doveva restare a vita e che è scomparsa neanche troppi anni fa).
Stiamo assistendo, in questi mesi, a un progressivo allentamento delle coscienze. Quasi a uno slabbramento. Persone sulla cui probità e fedeltà istituzionale potremmo giurare, che mostrano più di un dubbio, che esprimono pubblicamente un tormento, che non si peritano più di proteggere l’involucro della nostra democrazia, la bella confezione che nasconde la magagna, dichiarando che andranno a votare comunque perché votare si “deve”, ma che al contrario, in maniera aperta e sociale, confessano di valutare con grande attenzione l’ipotesi di restare a casa o andare al mare. I motivi sarebbero noti e visibili a tutti: lo slabbramento dei principi che hanno animato da sempre i partiti politici, il realismo che questa volta votare non servirà quasi a nulla, la devastazione della sinistra. Per amaro paradosso, i più convinti di questo giro – parliamo di elettori che voteranno – saranno proprio quelli che avevano già riposto la matita nel cassetto come un caro, vecchio, ricordo in onore del defunto Cavaliere e che come per miracolo quella domenica uniranno le bare per uno straordinario «The Silvio Horror Picture Show».
Tutti questi astensionisti dell’ultima ora, spiace dirlo, sporcheranno la purezza dei vecchi, mettendo in scena un autentico drammone qualunquista. Una rappresentazione carnascialesca di un nuovo popolo (transeunte), il quale troverà rifugio nella vulgata pop di un’insoddisfazione generale che avrebbe ormai superato il livello di guardia e che genera l’abbattimento di una diga. Succede dunque che il livello morale di un Paese sia “finalmente” definito a maggioranza, obiettivo di società involute che credono di poter disporre a loro piacimento del sentimento collettivo. È bene dir subito che questo nuovo popolo, che oggi si richiama tra color che son sospesi, in passato non ha mai trovato nulla da eccepire nel votare infaticabilmente il meno peggio del meno peggio del meno peggio. Anche quando il primo meno peggio era già evidentemente invotabile, anche quando il ben noto «dovere civico» richiamato nell’articolo 48 della sacra Carta null’altro era che una pallida evocazione moraleggiante. Un continuo compromesso al ribasso degno di miglior causa: perchè questo stesso popolo oggi dice basta?
Le spiegazioni posso essere molte, ma una soprattutto ci convince di più: la condivisione social. Essere in tanti ma soprattutto essere visibili, questo il primo passo. Notare come nel nostro vicino di bacheca, magari un attimo più ardimentoso di noi, cominci ad affiorare un primo dubbio, un tormento che agita. Da quel momento guardarsi intorno con più attenzione e notare che molti altri stanno vivendo la stessa angoscia. E sentirsi rassicurati di non esser soli. Esser soli in politica è smarrimento difficile da sostenere, perché intorno c’è il silenzio. E il silenzio spesso viene identificato come una forma di scarsa considerazione. Questo nuovo popolo si sta dando la mano come in un enorme girotondo salvifico. Non avrebbe diritto a un’astensione piena e riconosciuta, soprattutto non avrà diritto di gioire pienamente se quella domenica sarà incoronato come il partito di maggioranza relativa.
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