Partiti e politici
Dalla tesi sul Pci alla cena con Blair, la mutazione renziana di Giuditta Pini
ROMA – A Montecitorio la prima volta che le videro varcare l’ingresso la scambiarono per una studentessa del Dams. “Non certo per una parlamentare”, sussurra oggi un commesso della Camera. Pantaloni larghi, converse “rosse” ai piedi, felpa con il cappuccio, occhiali da sole Ray Ban, e quel fare da ragazza “trasandata” ma allo stesso tempo ricercata che ostenta un certo ribellismo nell’abbigliamento probabilmente per mettersi in mostra. Una storia di sinistra quella della giovanissima Giuditta Pini, entrata nei palazzi che contano alla stessa età di Giorgio Napolitano. Modenese, classe ’84, una tesi di laurea sul Pci e in particolare sulla relazione Togliatti-Iotti. Nei primi scorci di legislatura la giovane Giuditta resta ancorata alla tradizione di “sinistra” e a quel Pier Luigi Bersani che la scelse per la corsa alle “parlamentarie”. Intransigente a Matteo Renzi e al renzismo, a fine luglio del 2013 si lasciò andare con il Corriere: “Cosa penso del Pd? Non amo Renzi, su questo con i grillini ci troviamo. Al contrario di molti miei dirigenti che sei mesi fa pensavano peste e corna del partito liquido all’americana e ora sono pappa e ciccia col sindaco di Firenze, resto del mio parere. Certo bisogna ricostruirsi: non serve un leader, ma un po’ di apertura sì”. E il suo parere resta immutato anche al congresso del Pd, dell’8 dicembre dello scorso anno. Sostiene “lealmente” Gianni Cuperlo perché i “giovani turchi” della ditta Orfini&Fassina si schierano con l’ex ghost writer di Massimo D’Alema. E anche quando in un batter ciglio il giovanotto di Firenze spazza via dalla presidenza del Consiglio Enrico Letta, la “piccola Pini” – così ama autodefinirsi con i colleghi – resta basita dalla politica politicante dei palazzi italiani. Si aggira “sconvolta” fra i divanetti di Montecitorio alla ricerca disperata di Matteo Orfini affinché l’ultimo allievo dell’ex premier gli dia spiegazioni in merito. La nostra è disperata ma pur sempre intransigente alla mutazione genetica del Pd a trazione renziana. Che, come ricorderete, nel frattempo ha sottoscritto un patto di ferro con il condannato Silvio Berlusconi, il cosiddetto “patto del Nazareno”. Sul misterioso “patto” la giovane modenese non ci sta. E, manco a dirlo, mette a verbale parole di fuoco: “Visto che Renzi è il mio segretario mi piacerebbe che prima di fare accordi con Verdini sulla legge elettorale quantomeno informasse la direzione”. Ma dura poco, pochissimo, l’approccio antiNazareno. Perché il PdR, il partito di Renzi, sbanca al botteghino elettorale e alle europee del maggio scorso Largo del Nazareno tocca la cifra record del 40,8%. Cifra sufficiente a trasformare la giovanissima parlamentare da pasionaria di sinistra in “diversamente renziana”. Da anti-leopoldina a varcare l’ingresso della vecchia stazione fiorentina, mimetizzandosi in mezzo alla folla, stando pur sempre attenta a certi “giornalisti ficcanaso che mi pedinano”. Una trasformazione che lascia il segno. E rimanda alla cena di qualche giorno fa fra Matteo Renzi, una delegazione parlamentare vicina al premier, e l’ex primo ministro britannico Tony Blair. Ecco, Giuditta Pini era fra i commensali.
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