Partiti e politici
Dalla rottamazione all’usato sicuro: per il Quirinale Renzi punta su Bassanini
Franco Bassanini fa le cose per bene. Come quei vecchi professori puntigliosi, ossessionati dal lasciare una traccia, ha raggruppato in un sito facilmente fruibile tutto lo scibile delle sue attività ormai quarantennali. Magari tutti i potenti facessero così! Diligentemente catalogato e archiviato a partire dal 1980 ci sono i documenti su “ammodernamento della Pubblica amministrazione”, quelli sulle “riforme istituzionali”, quelli sul sempiterno dibattito “politica e affari” divisi in due tempi (prima di Tangentopoli e dopo Tangentopoli), tutte le “proposte di legge, studi, relazioni e interventi”, tutta “l’attività parlamentare”, tutta l’attività della “fondazione Astrid”, tutte le interviste concesse a giornali e tv, tutti gli articoli in cui viene citato e tutte le lettere e le dichiarazioni alla stampa (agenzie comprese). C’è persino il curriculum vitaemultilingua (in italiano, inglese, francese, russo e cinese) e una foto in maglione blu elettrico, piccola concessione al narcisismo, che lo fa sembrare più giovane dei 74 anni che ha.
Fin da questa homepage ordinata e didascalica si può notare facilmente l’attivismo rotondo e paziente di Franco Bassanini. Se ne intravedono poliedricità e intelligenza, se ne intuiscono ambizione, camaleontismo e reti di relazione. “A Franco fin da giovane non è mai bastato fare una sola cosa per volta…”, racconta chi lo conosce fin dagli anni fiorentini, quando il futuro presidente di Cassa Depositi e Prestiti cominciava la carriera accademica insegnando all’università Diritto costituzionale. Per risparmiare divideva un appartamento in piazza Beccaria con un altro giovane e brillante professore (di Diritto pubblico), tale Giuliano Amato. A subaffittargli l’alloggio era invece Roberto Zaccaria, il futuro presidente della Rai, allora assistente del grande Paolo Barile. “Franco & Giulio” partivano in macchina da Roma insieme, ogni settimana. Ad unirli la passione per il diritto, la politica, l’ambizione professionale e il socialismo.
Con il premier fiorentino Renzi, che ha esattamente l’età di quando Bassanini cominciò ad insegnare proprio nella città che lo ha visto sindaco, il nostro ha una sorta di entente cordiale per come la si può avere con un giovane politico volubile abituato a divorare collaboratori, consiglieri e molti di coloro che gli stanno accanto, tanto più se l’interlocutore è in età da rottamazione. Ma i due almeno per ora si sentono al telefono, si mandano messaggini, si vedono in cene di lavoro; la crisi economica e la penuria di soldi pubblici da mettere sul piatto dell’economia reale spingono alla frequentazione. Qualcuno dice che potrebbe essere Bassanini l’uomo di Renzi per il Quirinale nel post Napolitano. I giornali lo inseriscono tra i papabili, cosa che a dire il vero potrebbe portargli un po’ sfiga…
Sta di fatto che dopo il trionfo renziano alle elezioni europee di maggio 2014 è stato proprio Bassanini a permettersiqualche consiglio paterno al premier: “stabilità, riforme e bisturi, il governo Renzi deve partire da qui…”, disse senza timore di passare per un fastidioso grillo parlante come tanti professori o (ex) potenti che cercano di nuovo un posto al sole.
Il motivo è quasi banale: dal 2008 Bassanini siede sulla poltrona più alta di una Cassa Depositi e Prestiti riattivata e reinventata da Giulio Tremonti in qualità di strumento di politica industriale (poi potenziata in modo bipartisan dai governi Monti e Letta). Presidenza espressa per statuto dalle Fondazioni bancarie di cui Bassanini è strenuo difensore, egemonizzate dall’highlander Dc Beppe Guzzetti (azioniste private al 18% dietro al controllore pubblico, il Tesoro, che ne detiene l’80%), ma naturalmente portata in palmo di mano dall’allora dominus di via XX Settembre, appunto l’ex compagno socialista Tremonti Giulio. Elogiato pubblicamente dal futuro presidente di Cdp per il vivace dibattito suscitato dal suo libro La paura e la speranza…
E qui vale spendere qualche parola su cosa sia diventata oggi la Cassa per capire la crescita di potere e influenza di Bassanini, l’anno scorso confermato in pompa magna ai suoi vertici: non più solo banca che finanzia i comuni sul modello francese o semplice cassaforte “dormiente” del risparmio postale di 24 milioni di italiani (libretti e buoni fruttiferi per un valore di 242 miliardi di euro, il 14% dell’intero risparmio nazionale), bensì super ministero occulto dell’economia e delle infrastrutture (decisamente con portafoglio), grande holding di partecipazioni nei numeri più grande del mitico e vituperato Iri (300 miliardi di attivi contro i 138 dell’Istituto per la ricostruzione industriale al culmine del suo potere). Più forte di molti fondi sovrani: sarebbe quarto al mondo dopo Abu Dhabi, Norvegia e Arabia Saudita. E soprattutto con una presa strategica e tentacolare sulle infrastrutture di sistema, le reti di gas (Snam), elettricità (Terna) e in un futuro probabile telefonia; un piede nella finanza (Generali), nel petrolio (detiene la quota pubblica dell’Eni), in Fincantieri e, direttamente o attraverso veicoli partecipati, nella fibra ottica (Metroweb), nell’industria manifatturiera (finanzia le Pmi con un fondo da 18 miliardi), nella costruzione di infrastrutture, nel social housing, la grande distribuzione, gli aeroporti, il turismo, le esportazioni e l’attrazione di investimenti stranieri.
Basti dire che la cosiddetta operazione Cina (ricordate il cv tradotto in mandarino?), la cessione per oltre due miliardi al colosso State Grid international del 35% di Cdp reti (la holding che controlla la distribuzione nazionale di gas e elettricità) è stata condotta personalmente da Bassanini, per conto del Tesoro e con il decisivo avallo di Palazzo Chigi.
Insomma il raggio d’azione della nuova vecchia Cassa tocca ormai tutti i gangli dell’economia. Un riassunto fedele della potenza di fuoco di via Goito la si trova nello stenografico dell’audizione che proprio Bassanini fece alla Camera lo scorso maggio. Leggere per credere. Nel solo 2013 la Cassa ha mobilitato risorse per oltre 20 miliardi realizzando un utile di 2,8. Secondo alcuni osservatori, non a torto, fa “politica industriale direttamente sul campo”, lasciando agli altri sofismi e dispute accademiche “stato contro mercato”. Naturale che chi la presiede, specie se al piano sotto c’è un amministratore delegato competente ma piuttosto sbiadito (il bazoliano Giovanni Gorno Tempini), dispone di una leva potente.
Non basta. Facendo ricerca sul personaggio Bassanini saltano fuori cose apparentemente distanti o dimenticate come il ritrovarlo, insieme a Valerio Onida e al compianto Giuseppe Rotelli, anche lui di estrazione socialista, tra i saggi che a metà anni ’70 scrissero nientemeno che il nuovo piano sanitario regionale lombardo (all’epoca il responsabile Psi per le politiche sanitarie si chiamava Bettino Craxi). Oggi infatti ci ricordiamo del suo ultimo tratto di carriera: il ruolo in Cdp, i paper dell’Astrid, il piano di valorizzazione e privatizzazione del patrimonio pubblico (2013), le proposte di piano ammazza debito, un taglio di 328 miliardi in 10 anni (datato 2012 e rilanciato lo scorso agosto), i suggerimenti sull’e-government (2010) o quelli rivolti a Mario Monti premier per reindustrializzare l’Europa e l’Italia (sempre nel 2012). Ma prima Bassanini è stato molto, molto altro…
Giurista. Studioso di diritto (costituzionale, amministrativo, europeo) ma anche di politica economica. Estensore di bozze di riforma elettorale. Accademico (ha insegnato in ben cinque università). Saggista (ha firmato diciotto libri). Appunto fondatore e animatore di Astrid, il pensatoio che raccoglie centinaia tra esperti, politici e accademici, molti dei quali hanno fatto parte dei governi della Seconda repubblica. Consigliere comunale a Milano in era pre Tangentopoli (ha presieduto la Commissione per la redazione dello Statuto di Palazzo Marino). Parlamentare per quasi trent’anni (dal 1979 al 2008, prima deputato poi senatore) sempre all’ombra della sinistra Psi e Pci-Pds-Ds-Pd attraversandone successi, sfracelli, travagli, guerre di potere e zone d’ombra (valga per tutti la battaglia cruenta sul Monte dei Paschi di Siena, trovate qui un utile riassunto).
Ministro della Funzione Pubblica in tre governi dell’Ulivo nonché autore dell’ultima vera riforma della Pubblica amministrazione. Consulente del governo francese (nel 2007 Sarkozy lo ha voluto nella “Commissione Attali” per le riforme), paese con cui vanta una lunga frequentazione tanto da valergli la Legion d’Onore, conferitagli nel 2002 dall’allora presidente Chirac. Ma in ottimi rapporti anche con l’altra sponda del Reno, lo dimostra il recente accordo con KfW, la Cdp tedesca, per finanziare le Pmi italiane.
Insomma un curriculum da perfetto e navigato tecnico-politico, attento alla dimensione bipartisan del potere e con le entrature giuste. Basta vedere come ha saputo schivare qualsiasi addebito e responsabilità politica nello scandalo Mps, dopo essere stato uno dei grandi sponsor di Giuseppe Mussari e dell’operazione Antonveneta e aver avuto per anni moltissima influenza sul feudo di Siena e le scelte del Monte (in tandem con il suo amico, poi nemico, poi di nuovo amico Giuliano Amato).
Lo scorso febbraio, quando Renzi si insediò a palazzo Chigi, Bassanini fu sondato per la super poltrona dell’Economia. Queste le sue parole sornione, all’Ansa: “Ho risposto che il progetto, giustamente, ambizioso di Matteo Renzi richiede un ministro più competente di me. E magari anche più giovane. Sono convinto di poter lavorare meglio per il Paese, e anche per il governo Renzi, cercando di far bene quello che sto facendo: come presidente della Cdp e come presidente della Fondazione Astrid”.
Il Quirinale ovviamente sarebbe un’altra cosa e il giorno delle dimissioni di Giorgio Napolitano si avvicina velocemente. Finita la stagione degli epigoni della Prima repubblica (Franco Marini si è definitivamente bruciato lo scorso giro e Giuliano Amato è davvero fuori tempo massimo); finita la stagione tecnocratica del partito supplente di Bankitalia e dell’accademia italiana (Ciampi, Dini, Padoa-Schioppa, Monti); bruciati Romano Prodi e Walter Veltroni (troppo antiberlusconiano il primo, “rottamato” dal polverone di Mafia Capitale il secondo); e fuori dai giochi Mario Draghi (impensabile molli la Bce così in anticipo). Se scendiamo di un gradino tra le riserve della repubblica rimaste, “l’usato sicuro” Bassanini è certamente in pole position.
Per alcuni buoni motivi: ha rapporti consolidati con un ampio pezzo di arco costituzionale, dalla sinistra riformista a quella ex socialista che alberga anche in Forza Italia fino ai mondi centristi (la moglie di Bassanini, Linda Lanzillotta, ex rutelliana e montiana, è vice presidente del Senato); non è così esposto come poteva essere Amato al fuoco di fila “anti casta” grillino; attraverso Tremonti e Giancarlo Giorgetti ha buoni rapporti con la Lega; Berlusconi non gli è ostile; è abbastanza nemico di Massimo D’Alema fin dai tempi della scalata Unipol a Bnl (e la cosa a Renzi piace assai); con Cdp finanzia gli enti locali; possiede una vasta rete di relazioni internazionali (attualmente presiede l’organismo che raggruppa le Cdp di tutta Europa) e nei mondi delle banche d’affari (sempre la moglie è stataadvisor di Jp Morgan). E con Draghi? “Con Mario oggi c’è sintonia – dice chi li conosce bene entrambi -, anche se appartengono a parrocchie diverse e Bankitalia ha spesso insistito per un rafforzamento patrimoniale di Cdp.”
Lo stesso rapporto personale con Renzi si sta consolidando su una partita delicata come Ilva, il probabile intervento dello stato, via Cassa, nel capitale dell’acciaieria. Lo spirito dei tempi, con la Cdp tirata per la giacca da tutti e il ritorno di fiamma dello stato forse non più “imprenditore” ma sicuramente “attivista”, con strumenti come le Cdp e i fondi strategici, potrebbe essere la carta buona per spingere Bassanini al Quirinale.
A meno che Renzi non voglia davvero tirare fuori dal cilindro qualche outsider della società civile, i famosi Riccardo Muti o Renzo Piano. Farebbe effetto e soprattutto non gli farebbero ombra. Ma se non fosse così, perché poi sul Colle, con i chiari di luna della politica italiana, serve acume politico e una certa perizia manovriera, ecco che Bassanini sarebbe pronto a bordo campo, dalla tolda contesa di Cdp. Discretamente. In modo felpato. Aggiornando il sito, tweetando un po’, tanto da meritarsi, nei corridoi della Cassa il soprannome di “Nonno Tweet” o, come malignano alcuni, per enfatizzarne il perdurante vigore giovanile, “nonno Cialis”.
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