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Da Valpreda a Berlusconi: luci della ribalta per Bruno Vespa, aspirante artista
Dice Bruno Vespa – e attenzione: lo ha scritto qualche tempo fa in una lettera al cda Rai per evitare di vedersi tagliato il compenso – di essere un artista e non un giornalista e che, insomma, lui non fa informazione ma spettacolo. Molti, effettivamente, lo pensavano già da tempo.
Comunque sia, comunque la si pensi, sembra davvero che non gli si possa dar torto, almeno questa volta. Prima ancora del tourbillon costruito su plastici, diete e soubrette e messo in scena a Porta a Porta per anni; prima ancora di quel simulacro di parlamento che è la sua trasmissione nella quale, come ricordava tempo fa Filippo Ceccarelli su Repubblica, si arrivò persino a mostrare «ai telespettatori uno sconcio e doloroso video in cui, con la voce di Berlusconi incisa su un nastro, si cercò di risvegliare un povero ragazzo in coma»; prima ancora della scenografia messa in piedi per presentare quella specie di pièce teatrale passata alle cronache come Contratto con gli italiani; ecco: prima ancora di tutto questo, viene in mente quel giorno del 1969 nel quale, a ridosso della strage di Piazza Fontana, Bruno Vespa – all’epoca giovane cronista ma forse già aspirante artista – in collegamento televisivo dagli uffici della questura di Roma affermò: «Pietro Valpreda è un colpevole, è uno dei responsabili della strage di Milano e degli attentati di Roma». Lo disse senza mostrare il minimo dubbio, quasi come stesse recitando un copione; proprio come uno sperimentato attore; un artista, appunto. Valrpeda, però, era innocente. Ed era innocente anche Giuseppe Pinelli il quale, il giorno prima, era volato giù da una finestra di un’altra questura, quella di Milano. Una brutta storia, ma, come dicono gli artisti, lo spettacolo deve andare avanti.
Eppure, il giornalismo dovrebbe essere una cosa seria. E infatti molti giornalisti lavorano seriamente e hanno scelto questo mestiere perché lo amano. Qualcuno invece ha anche altre motivazioni: le lusinghe del potere, la frequentazione dei salotti, la bella vita e, a quanto scopriamo adesso, anche il richiamo prepotente dell’arte. Vespa evidentemente è tra coloro i quali non resistono al richiamo delle muse. E, però, in quella lettera spedita al cda della Rai nella quale espone questa sua inclinazione, pone comunque almeno una questione che magari a lui, in quanto artista, può interessare meno ma che invece dovrebbe interessare i giornalisti. Si tratta, per la verità, di una vecchia questione, ma ora più che mai si fa interessante, soprattutto se riferita al rapporto tra informazione e tv. «Tra un Fabio Fazio che si occupa di Falcone e un Bruno Vespa che fa un programma su Ballando con le stelle chi – si chiede Vespa – è l’artista e chi il giornalista»? Ecco, appunto.
Una risposta molto elementare è che, tutto sommato, l’informazione alla tv non serve e che, in ogni caso, l’informazione in tv diventa immediatamente essa stessa spettacolo, come ci confermano le trasmissioni di Vespa per stessa ammissione del conduttore. Un’altra conferma sta nel fatto che molto spesso, al di fuori dei Tg e soprattutto nelle fasce più delicate come quella pomeridiana, l’informazione viene affidata a imitatori, attori, conduttori ma non a giornalisti. Poi, certo, ci sono anche le eccezioni e c’è anche chi, come Vespa, fa il percorso inverso: da giornalista si trasforma in artista. Il fatto è che l’inconsapevolezza professionale con la quale chi non è giornalista affronta l’informazione rende un pessimo servizio alla informazione stessa. Si pensi ai casi di cronaca nera trattati senza le cautele che la deontologia professionale imporrebbe o alle interviste ai politici nelle quali le domande più urticanti rimangono serenamente nei cassetti, tanto che alla fine le torte in faccia rimediate da alcuni politici al Bagaglino sembrarono raccontare molto più di quegli stessi politici rispetto alle tante ore trascorse a rispondere a domande di nessun reale interesse giornalistico.
Ma, soprattutto, se questa è la situazione, si fa un gran favore al potere il quale – sia rappresentato da un politico o da un imprenditore – in certe trasmissioni sa di poter disporre di una tribuna tutto sommato amichevole e nella quale, comunque vada, certe domande non gli verranno poste o, comunque, gli verranno poste con la condiscendenza che si avrebbe per l’attore intervenuto in trasmissione per promuovere il film appena uscito in sala. È evidente che, percorrendo questa strada sino in fondo, l’informazione più che spettacolo rischia di ridursi persino a nulla più che comunicazione del potere. D’altra parte, è anche evidente che tutto ciò interessa chi ancora svolge il mestiere del giornalista mentre, come è noto, agli artisti si concede qualsiasi cosa e si perdona tutto.
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