Partiti e politici
Da un Matteo all’altro: l’irresistibile ascesa di Salvini
Dicembre 2013, il mese dei due Matteo: Renzi vince le primarie del Pd e ne diventa il terzo segretario eletto direttamente dal popolo di centro-sinistra; lo stesso risultato anche per Salvini, che supera nettamente il vecchio leader della Lega Nord e, subentrando a Bossi e Maroni, inizia il suo tentativo di trasformare definitivamente l’antico partito padano in un forza politica di riferimento nazionale.
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Il primo Matteo ottiene quasi immediatamente il supporto e la fiducia da parte di una netta maggioranza della popolazione (con quote di consenso prossime al 70%), desiderosa di una significativa svolta nella politica italiana e di intraprendere una stagione di ampie riforme condivise. Una stagione positiva per Renzi che, come sappiamo, durerà soltanto un paio d’anni di deciso gradimento, per poi trasformarsi in una sorta di incubo crescente per il segretario dei Democratici.
Il secondo Matteo, al contrario, non incontra un immediato positivo riscontro popolare, reduce com’è la Lega dalle brutte avventure che hanno coinvolto gli antichi vertici del partito. Soltanto una piccola parte degli italiani lo giudica in quei mesi degno di fiducia, ed il suo tasso di popolarità non raggiunge che a fatica il 20% degli elettori. Una primo momento di crescente favore giunge in concomitanza delle europee del 2014, quando Salvini riesce a ben rappresentare la delusione (di una parte) degli italiani nei confronti della Unione Europea.
Il consenso per la Lega Nord cresce in maniera significativa, ma il suo incremento viene evidentemente oscurato dall’exploit del Pd di Renzi, che trionfa alle consultazioni raggiungendo il massimo dei voti per una formazione di centro-sinistra. Salvini intanto, negli anni successivi e fino a fine 2017, veleggia con un appeal che ruota intorno al 30% di popolarità, accentuando però nel contempo, quasi sotto traccia, una capillare opera di convincimento nei suoi confronti sia nelle aree settentrionali che, inaspettatamente, in quelle centrali e meridionali del paese.
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Toglie l’indicazione del “Nord” dal simbolo del partito, preparandosi alle nuove politiche del 2018 con un programma e con parole d’ordine capaci di far proprie le paure e le insoddisfazioni di una massa crescente di italiani. All’indomani delle elezioni del 4 marzo, il consenso intorno alla sua figura registra un significativo balzo in avanti, raggiungendo il 40% di popolarità, che si abbevera anche di giudizi positivi provenienti da una parte di elettori non certo leghisti.
La Lega, vincitore della competizione con Berlusconi nel centro-destra e punta di diamante di un possibile accordo di governo con i 5 stelle, cresce nelle intenzioni di voto, riuscendo a raggiungere lo stesso M5s nella considerazione degli italiani. E Salvini, raggiunto l’accordo, si proietta verso vette di gradimento inedite ed assolutamente imprevedibili, fino ad un paio di anni prima.
Oggi, la popolarità di Matteo Salvini è prossima al 60% degli elettori, con chiari plebisciti provenienti da tutto li centro-destra e dallo stesso alleato di governo, ma con quote positive del 25-30% che giungono anche da elettori di Pd e LeU, che a livello politico si presentano comunque come i suoi più acerrimi avversari. L’attuale segretario della Lega piace a molti, e trasversalmente, perché incarna perfettamente il malessere di molti italiani, di nuovo desiderosi di un cambiamento significativo nelle politiche del governo.
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Sarà difficile, nel breve periodo, scalzarlo da quel ruolo, che interpreta quotidianamente in maniera acuta ed arguta, suscitando simpatie a volte inaspettate da molti settori sociali e in costante crescita anche nelle aree meridionali del paese. Simpatie destinate a durare, e ad incrementarsi ulteriormente, certo più di quanto era accaduto nel caso del primo Matteo.
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