Partiti e politici

Crisi di consensi per il Conte-bis

17 Novembre 2019

Era il 5 settembre. Sono passati due mesi e mezzo dall’insediamento del secondo governo Conte, quello con il centro-sinistra al posto della Lega, e le sue fortune sono da qualche tempo in pericoloso declino, non solo per i costanti litigi interni, ma anche per il progressivo erodersi dei consensi tra i cittadini.

Certo, un po’ tutti l’avevano già messo in conto: un esecutivo nato (quasi) esplicitamente per evitare un trionfo delle destre comandate da Salvini, con un’ardua prova legata alla nuova finanziaria “di lacrime e sangue” che ha finito per scontentare molte parti sociali, era probabile non sarebbe stato premiato da un’ondata di entusiasmo collettivo.

E, contemporaneamente, si sapeva avrebbe avuto buon gioco il centro-destra a sottolineare quanto poco di buono avrebbe combinato il governo, subissato dai problemi ancora irrisolti nel nostro paese, dall’immigrazione all’Ilva, dalle difficoltà economiche alla spesa sociale.

Così, se confrontiamo lo stato di salute dei partiti dall’inizio di settembre ad oggi, vediamo che il blocco di governo (includendo anche i partiti minori del centro-sinistra, che ufficialmente non ne fanno parte) passa dal 49% circa delle intenzioni di voto all’attuale 45%, perdendo quasi 5 punti, mentre l’opposizione passa dal 47% al 52%, recuperando di fatto 7 punti percentuali in poco più di due mesi.

Gli imputati maggiori di questa regressione nell’appeal elettorale sono ovviamente Pd e M5s, che perdono ciascuno, dal 5 settembre, oltre il 4% dei loro consensi, non compensati dalla comparsa del nuovo partito renziano, i cui voti non provengono soltanto dal Partito Democratico, il quale a sua volta ne perde per strada anche in altre direzioni, soprattutto verso l’astensionismo. Il Movimento 5 stelle, da parte sua, continua nella sua erosione in direzione leghista, come già nei mesi precedenti.

Nel campo del centro-destra, la Lega riprende il suo cammino di costante crescita, interrotto soltanto brevemente durante la caduta del primo governo Conte, tornando ora sui livelli delle Europee, intorno al 34%; il partito della Meloni, a sua volta, migliora in maniera significativa il risultato delle ultime consultazioni, posizionandosi frequentemente – nei sondaggi dell’ultimo periodo – sopra l’asticella fatidica del 10%, con un incremento da allora di 4-5 punti a scapito di Forza Italia, in lieve regresso.

Se in parte, come dicevo, ci si poteva attendere una situazione del genere, due sono però gli elementi che non possono che destare preoccupazione nella compagine di governo: il primo è che gli elettorati dei due maggiori partiti stentano a trovare quella auspicata fiducia reciproca che ci si aspettava, come in parte era invece accaduto tra M5s e Lega nel precedente esecutivo, soprattutto dopo la debacle dell’accordo umbro; il secondo è che sembra mancare in maniera evidente un indirizzo, un percorso e una progettualità comune che possa stimolare nei cittadini un consenso che non sia solo “in negativo” (contro Salvini) ma anche propositivo, l’idea cioè di una nuova via, l’idea di un cambiamento sociale che molti si attendono da parecchio tempo.

E, certo, la costante litigiosità tra tutti i principali membri di questo esecutivo non aiuta in questo arduo compito.

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