Partiti e politici
Una costituente dei saperi
Abbiamo vissuto un periodo temporale in cui il dispregio del sapere, della cultura, della competenza, tecnica e scientifica, sembrava essere diventato il mantra del nuovo millennio. La politica, una passeggiata da affrontare con le arti del televoto. Si doveva parlare esattamente come la pancia delle persone pretendeva, guai ad affrontare un tema cercando di travalicare il comune senso della retorica. Dai terrapiattisti, ai no-vax, al, complottismo casalingo, sino alla ricca diaria dei migranti, ad un’idea della geografia che nemmeno in prima elementare. Un’idea del mondo spazzato via dal coronavirus, dall’emergenza, dalla paura, dalla morte senza commiato. Sembrava di potersene addirittura rallegrare all’inizio di questa vicenda, senza accorgersi che il “male” stava e sta alla radice. Si può, infatti, credere a tutto e al contrario di tutto, quando non c’è più un’idea strutturata del mondo, una visione dell’uomo e delle cose che non sia semplicemente un compendio finanziario del mercato. Così siamo passati dal dilettantismo come dovere, alla consegna incondizionata al parterre scientifico per ogni decisione politica. Come se la scienza fosse una teologia, con una verità unica e rivelata, e soprattutto neutra al cospetto dell’economia e del capitale. Con la frase “facciamo quello che ci dirà il comitato tecnico-scientifico” la polis ha dismesso la sua funzione, trasformando il Parlamento nel passacarte dello scientismo. E in un Paese privo di leader, di intellettuali, di una narrazione da costruire, la massa è pronta a sposare il primo “guru” di turno. Agli insipienti di ieri, si sono sostituiti i tecnici di oggi. Essi hanno competenze specifiche, che nessuno discute, ma la “crisi” di oggi non contempla semplicemente una “disfunzione” sanitaria ma una molteplicità di implicazioni che richiedono una “Costituente dei saperi”. Si badi bene, non è il mondo scientifico ad attentare alla polis. Certo, non mancano individualità che hanno assunto l’immagine della “sancta sanctorum” e che spopolano in ogni dibattito televisivo da mattina a sera, ma questa è la storia dell’uomo e del suo narcisismo. Il succo sta altrove, sta alla radice. Sta in quella inconsistente idea del mondo. Stiamo assistendo alla plastica fotografia di quel vulnus che le macerie del Novecento ci hanno consegnato. È sempre la stessa medaglia, lo stesso difetto d’origine. Cambiano i protagonisti, tutti sfuggevoli al tempo veloce della società moderna, ma il “male” è rimasto il medesimo. Oggi con ancor meno consapevolezza. È un patto costituente quello di cui avremmo bisogno, negli Stati Uniti d’Europa.
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