Partiti e politici
Cosa voteranno gli indecisi? Non i 5 stelle
C’era una volta l’elettore fedele, l’elettorato di appartenenza. Fosse cascato il mondo, l’italiano di sinistra votava Pci (o Psi) senza porsi grandi problemi, l’italiano democristiano – anche tra scandali e malapolitica – rimaneva ben saldo nella scelta della Dc. Fedeli, dalla culla alla tomba, come recitava uno slogan di quei tempi.
In questi ultimi anni, complice Bauman, si fa sempre più riferimento alla categoria della liquidità, anche in campo elettorale. L’elettore liquido, capace di passare da una parte all’altra dello schieramento politico, sembra essere diventato il marchio di fabbrica di tutti i discorsi sul voto e, non raramente, la giustificazione di tutti coloro che non azzeccano le previsioni, basandosi sui sondaggi. Oggi il votante è così, privo delle vecchie barriere architettoniche che impedivano di superare gli ostacoli più difficili.
Ma al di là ed oltre questo incremento di liquidità, sarà pur vero che dovrà esistere una logica (almeno implicita) nelle scelte di voto, anche se poi queste saranno facilmente revocabili. Se analizziamo i sondaggi più recenti, diciamo dal tramonto di Berlusconi ad oggi, è facile osservare come gli elettori che dichiarano una propria vicinanza partitica siano in costante calo. Nelle indagini demoscopiche quotidianamente diffuse dai media, televisioni, giornali cartacei oppure on-line, è d’obbligo presentarne i dettagli metodologici, per non incorrere nelle pene previste dalla legge. Tra questi dettagli, scritti in caratteri microscopici, ce n’è uno particolarmente interessante: quello che riguarda il numero o la percentuale di individui che non hanno fornito alcuna indicazione di voto, dichiarandosi indecisi ovvero non-votanti.
E sono tanti. Mediamente, in un sondaggio classico di mille casi, sono almeno in 400-450 che finiscono in questa sorta di buco nero elettorale. Dunque, le stime di voto riguardano in realtà un sub-campione alquanto ridotto rispetto ai casi dichiarati. In questo modo, l’errore di campionamento tende a dilatarsi, ed i risultati presentati tendono alla inaffidabilità. Così si giustificano poi i pollster: gli indecisi che infine si sono recati alle urne hanno ribaltato completamente le nostre stime, e noi non possiamo farci nulla.
La domanda che qui ci poniamo è dunque la seguente: si può fare qualcosa, invece, per capire le tendenze di voto degli indecisi, visto che alla fine sarà il loro comportamento a determinare il reale esito di quella tornata elettorale specifica? Impresa ardua. Nell’epoca berlusconiana, un decennio fa, pareva molto più semplice: le logiche di scelta si indirizzavano di fatto verso i due grandi territori, pro e contro Berlusconi. Oggi, essere pro o contro Renzi non discrimina in maniera altrettanto significativa, nutrendosi di molte facce anche distanti tra loro.
Si è tentato comunque di comprendere se e quanto sia possibile “pre-determinare” le ipotetiche scelte di voto di questi indecisi, attraverso un esperimento statistico piuttosto utile allo scopo, chiamato analisi discriminante (su cui non mi soffermo qui…). Questo procedimento è stato applicato ad un sondaggio effettuato nei giorni scorsi da Ipsos, in cui sono state inserite una serie di domande aggiuntive, utili ad individuare il “profilo” degli elettori certi del loro voto e, di conseguenza, la più probabile scelta di voto degli elettori incerti. Le aree elettorali di riferimento sono quelle più classiche: la sinistra, la destra ed il Movimento 5 stelle, oltre a quella del non-voto.
Cosa emerge da questi primi risultati? Una cosa molto semplice e netta, degna di futuri ampi approfondimenti: lo spazio di incremento elettorale del Movimento 5 stelle sembra quasi nullo. Vale a dire che il potenziale di voto pentastellato è già compreso e definito dalla quota di intervistati che dichiarano la propria volontà in quella direzione. La quota di incerti, stimabili intorno al 15-20% del campione, farebbe una scelta di voto in favore di un partito di sinistra (per il 48% circa) o di una partito di destra (per il 45%), mentre solamente un residuale 7% potrebbe andare in direzione dei 5 stelle.
In definitiva: centro-destra e centro-sinistra hanno ampie possibilità di crescita, una volta che gli indecisi scioglieranno i propri dubbi, laddove il Movimento 5 stelle sembra aver già fatto il pieno dei suoi voti potenziali.
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