Partiti e politici

Cosa dice la legge lombarda e cosa serve a 8,5 milioni di caregivers in Italia

26 Novembre 2022

Il 22 novembre il Consiglio regionale lombardo ha approvato all’unanimità una legge a sostegno dei caregivers familiari. Questa legge arriva dopo una grande convergenza tra i diversi progetti di legge presentati dal Partito democratico, da Forza Italia e dalla Lega.

La consigliera bresciana Simona Tironi, eletta tra le file di Forza Italia e vice presidente della Commissione Sanità ha spiegato:

Con questo provvedimento Regione Lombardia compie un primo importante passo per valorizzare una figura diffusa e sempre più indispensabile. Una figura che nel 90% dei casi è donna e vive annullando le proprie ambizioni per sostenere e migliorare la qualità di vita dell’assistito. Finalmente ora questa figura potrà contare su un riconoscimento istituzionale: un tassello normativo importante su cui nei prossimi mesi continueremo a lavorare per migliorare le condizioni di vita del caregiver, potenziare la sua formazione, favorire sempre di più la conciliazione vita-lavoro e l’eventuale reinserimento lavorativo.

La legge identifica e specifica quali sono gli ambiti e le competenze del caregiver all’interno del sistema dei servizi pubblici e privati, ma stabilisce soprattutto le funzioni di sostegno che la Regione e i Comuni dovranno assicurare al caregiver nello svolgimento della sua attività. Si parla inoltre di assistenza qualificata sulla base di un attestato di competenza e di specifici percorsi formativi.

Una parte fondamentale della legge si occupa dell’inserimento lavorativo del caregiver che ha terminato la propria attività di cura.

Queste misure saranno supportate da una dotazione finanziaria di 900 mila euro per tre anni, ma sia la Giunta che i consiglieri concordano sul futuro aumento di queste indispensabili risorse.

«Non siamo volontari». Il malcontento delle Associazioni e le spiegazioni della Regione

Elena Lucchini, neo assessora alla Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità, ha dichiarato che:

Si tratta di una legge che nasce dal confronto tra tutte le forze politiche e anche tra le associazioni che operano nel sociale.

Proprio le associazioni però si mostrano contrariate da alcuni aspetti di questa legge. Le associazioni delle famiglie con disabilità accusano il provvedimento di non tenere conto di temi fondamentali come la convivenza e la mancanza di un sostituto. Manca inoltre un riconoscimento che distingua i caregiver dalla figura di volontari.

Le varie associazioni (tra cui Nessuno è escluso, Coordinamento Genitori Cdd e Confad) contestano infatti la definizione di “soggetti volontari” e che il caregiver familiare, che assiste 24 ore su 24 il parente, sia confuso con quello “saltuario” o professionale.

Anche la formazione è contestata. Infatti non dovrebbero essere formati i familiari, ma i caregivers sostituti che possano aiutare la famiglia a diminuire il carico di lavoro. Questa figura non è però prevista dalla legge di cui stiamo parlando.

Di assoluta importanza è il tema della convivenza, in quanto chi convive presta assistenza in continuità e ha bisogno di essere sostenuto maggiormente rispetto a chi assiste un congiunto a distanza o in modo saltuario. Le associazioni denunciano una rete di servizi sociosanitari piena di lacune in cui le parti non dialogano tra loro, dove l’assistenza domiciliare è praticamente inesistente e con una rete di supporto da potenziare. Dopo le varie prese di posizione la vice presidente Tironi ha assicurato il suo impegno e la sua disponibilità ad interloquire con le associazioni e le loro proposte, al fine di attuare tutte le misure necessarie a migliorare la legge.

Tironi ha spiegato che la Regione Lombardia si è dovuta attenere alla definizione ministeriale riportata nella legge di Bilancio (ad oggi esiste solo questa) dove il caregiver familiare è definito come una risorsa volontaria, non perché fa volontariato ma perché non è una professione riconosciuta. Ha spiegato infine che anche il tema del convivente è stato abbondantemente discusso, ma la Regione non può inserirlo se non viene fatto a livello nazionale.

Le altre leggi regionali e la mancanza di una legge nazionale

In Italia si è parlato spesso, soprattutto ultimamente della figura del caregiver e della sua tutela. Non esiste però una norma a livello nazionale (ad eccezione della legge 104 che si occupa di questioni simili, ma che non regolamenta del tutto la figura del caregiver) e le regioni che hanno varato una legge sono Emilia Romagna, Abruzzo, Campania e la provincia autonoma di Trento.

Anche in Emilia Romagna, una delle regioni più organizzate su questo tema e sulla sanità, persiste il tema della volontarietà dell’azione del caregiver.

Il caregiver familiare è infatti definito come “la persona che presta volontariamente cura ed assistenza ad un proprio caro non autonomo”, si afferma inoltre che “la cura familiare e la solidarietà sono beni sociali da riconoscere e promuovere nell’ambito della comunità e delle politiche di welfare”.

Con la legge regionale 2/2014 “Norme per il riconoscimento e il sostegno del caregiver famigliare (persona che presta volontariamente cura ed assistenza)” la Regione Emilia-Romagna ha iniziato a valorizzare la figura del Caregiver, garantendo maggiori diritti (quali informazione, sostegno, coinvolgimento nel Piano Assistenziale Individualizzato PAI, ascolto, riconoscimento delle competenze, agevolazioni sul lavoro e agevolazioni previdenziali) e chiedendo l’impegno di garantire l’assistenza formandosi e collaborando con i servizi regionali.

Anche la Campania è attiva su questo fronte e il 29/07/2021 ha pubblicato una circolare (stilata dalla Direzione Generale per le Politiche sociali e sociosanitarie) rivolta ai Comuni capofila, o ai Consorzi degli Ambiti Territoriali, concernente l’attuazione della delibera di Giunta regionale n. 124 del 22/3/21, per il riconoscimento di un bonus una tantum ai caregivers di persone con disabilità grave o gravissima.

Qualche numero che ci aiuta a capire

In Italia i caregivers sono circa 8,5 milioni e 7,3 milioni sono caregivers familiari. In media quindi il 17,4% della popolazione è caregiver e il 14,9% lo è per i propri familiari. Da questo calcolo sono escluse altre figure professionali come quella delle badanti, che l’INPS ha calcolato essere circa 900mila.

Le classi di età maggiormente impegnate nel fornire assistenza sono quelle tra 45 e 64 anni, e nelle singole Regioni la percentuale di presenza maggiore di caregivers è del Friuli Venezia Giulia con il 20,2%, mentre quella più bassa riguarda la provincia autonoma di Bolzano con l’11,9%. La percentuale di caregivers familiari maggiore d’Italia è in Umbria con il 17,1% mentre in fondo alla classifica rimane la provincia di Bolzano con il 9,3%.

Esiste poi una realtà quasi paradossale. Se infatti una delle categorie che ha maggiore bisogno di assistenza è quella degli anziani, è altrettanto vero che sono proprio gli anziani a essere frequentemente caregivers di altri anziani (spesso familiari) che hanno maggiori problemi di salute e non trovano altre forme di assistenza sul territorio.

Tornando a parlare della Lombardia, dalla quale siamo partiti, si è calcolato che i caregivers sono almeno 450.000 su una popolazione di quasi 10 milioni di abitanti.

Come viene gestita la questione all’estero

Proviamo a capire le situazioni di altri paesi europei (che hanno sistemi sanitari più simili al nostro rispetto a paesi come gli USA) e soprattutto come hanno regolamentato la figura del caregiver.

Prima di tutto occorre sottolineare che all’interno dell’UE l’80% delle attività di cura prestate a persone non autosufficienti è fornita da parenti e amici. Anche nei paesi con un sistema sanitario e assistenziale di alto livello, i caregivers sono il doppio degli operatori professionali.

Complessivamente i caregivers in Europa sono 100 milioni, di cui 2/3 sono donne.

Citiamo qualche esempio tra i paesi UE.

In Svezia e Danimarca la figura del caregiver familiare (comunque finanziato e tutelato anche dal punto di vista psicologico) è meno presente in quanto il sistema offre un tipo di assistenza continuativa e a lungo termine, fornito e finanziato dallo Stato.

Paesi come Francia (dove chi ha dovuto interrompere la propria carriera per prendersi cura di una persona cara può godere di specifiche leggi pensionistiche), Germania (in cui esistono specifici centri di informazione e formazione), Spagna e Grecia hanno leggi che tutelano i caregivers familiari, e in quasi tutto il Nord Europa c’è un sistema di assistenza formale affiancata da misure di conciliazione tra assistenza familiare e sanitaria.

Al contrario nei Paesi Baltici è totalmente assente un sistema che soddisfi i bisogni di assistenza, facendo quindi interamente ricorso ai caregivers familiari. Questi ultimi non solo non vengono sostenuti, ma addirittura in Estonia la Costituzione sancisce un vero e proprio dovere dei figli di prendersi cura dei genitori non più autosufficienti.

L’Inghilterra nel 1995 ha approvato il Carers Recognition and Service Act e nel 2002 il Carers and disabled children act. Queste leggi riconoscono al familiare che assiste il diritto alla valutazione della propria condizione di bisogno esistenziale, indipendentemente da quella della persona assistita, e configurano quindi una serie di tutele e sussidi che si affiancano ad un diritto soggettivo autonomo.

Infine in Finlandia le autorità comunali assegnano un’indennità (sulla base dei bisogni della persona anziana) pagata direttamente al caregiver familiare. Questa figura si accorda con il Comune per la fornitura di un certo livello di cura e ha diritto a tre giorni di congedo al mese (con cure sostitutive pagate dal Comune).

In conclusione

Per concludere possiamo affermare che la legge regionale lombarda, come le leggi approvate dalle altre regioni citate, è sicuramente un primo passo indispensabile, ma altrettanto indispensabile è che il legislatore nazionale si impegni a scrivere una legge unitaria che possa risolvere dalla radice un problema che tocca tantissime famiglie e che ha bisogno di maggiore omogeneità nazionale. Solo così le regioni potranno andare incontro alle giustissime rivendicazioni delle associazioni e tutelare non solo i più fragili, ma anche chi si dedica con amore alla loro cura.

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