Partiti e politici
Cosa ci resta del 2019: Salvini padrone della scena
So che molte copertine di fine anno saranno dedicate a Greta, alle sardine, al risveglio della società civile nel nostro paese, all’Italia che resiste. Ma è indubbio che il 2019 che se ne va verrà ricordato nel tempo come l’anno del risveglio della Lega di Salvini e del suo significativo successo, imprevedibile soltanto due o tre anni orsono.
Segnali favorevoli al leader leghista e alla Bestia di Luca Morisi ce n’erano certamente già stati nel 2018, in corrispondenza con il sorpasso su Forza Italia alle politiche, nella coalizione di centro-destra, e con la nascita del governo giallo-verde. Ma è l’anno che sta terminando quello in cui Salvini ha assunto decisamente il ruolo da protagonista assoluto, nel bene e nel male, sul palcoscenico delle vicende politiche nostrane e, in parte, anche internazionali.
Il boom di consensi alle europee di maggio, dove la Lega è riuscita a raddoppiare in un solo anno la sua quota di consensi, dal 17% al 34%, oltretutto stando in una coalizione di governo, è un fatto senza precedenti nella recente storia italica, dove i rappresentanti dell’esecutivo in carica sono generalmente penalizzati dalla competizione elettorale, specie di secondo livello. Il suo posizionamento critico nei confronti del partner di governo (una sorta di opposizione all’interno del governo Conte) l’ha certo un poco aiutata nella crescita di appeal presso l’elettorato, benché questa stessa posizione non sia molto facile da mantenere per un periodo così lungo, nell’arco di più di un anno.
Ma il dato più rilevante di questo periodo è stato la indubbia capacità di Salvini di dettare l’agenda politica, di divenire poco alla volta il punto di riferimento in positivo o in negativo di ogni discorso, di ogni esternazione, di ogni provvedimento del governo, di ogni accadimento politico e sociale. In una parola: di posizionarsi al centro del discorso, quando era all’interno dell’esecutivo ma anche quando guidava l’opposizione, come negli ultimi mesi. Culminati con l’abbandono della tradizionale Lega Nord, in favore di una Lega per Salvini premier, un assoluto inedito nella politica italiana e internazionale.
Sia a livello nazionale che a livello locale, nelle consultazioni regionali tutte vinte dal centro-destra dal 2018 ad oggi, Salvini è stato il barometro, l’epicentro intorno a cui ruotava la narrazione prevalente. Non solo: la stessa nascita e l’istantaneo successo del fenomeno “sardine” lo si deve alla sua figura, al tentativo di porre un freno al suo strapotere comunicativo, così come la rapida costruzione del Conte-bis, tra due forze politiche così distanti che acconsentono ad un accordo di governo con il solo intento di salvare l’Italia dallo stesso Salvini.
L’anti-salvinismo oggi è paradossalmente più forte e sentito dell’antico anti-berlusconismo, che pur ci ha messo del tempo a nascere e crescere come freno al messaggio di Berlusconi. Per il leader della Lega i tempi sono stati strettissimi, meno di un anno, e addirittura (se pensiamo alle Sardine) in un momento in cui non era nemmeno al governo, e quindi con scarse possibilità di peggiorare le cose nel nostro paese, come teme questo movimento.
Oggi dunque, come si suole dire, Salvini detta l’agenda nel bene e nel male, a coronamento di un anno dove proprio lui è stato il protagonista assoluto, quasi senza rivali. Ed è dunque sicuramente lui il personaggio dell’anno, come ratificano i sondaggi di questo periodo, dove è indicato in pole position sia nella classifica dei politici più amati che in quella dei più odiati. Capace di prendersi la scena in ogni momento e per ogni occasione, on-line come off-line. Per quanto ancora?
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