Partiti e politici
Bilancio delle comunali: il Pd che compie 10 anni è gravemente malato
Seconda (e ultima) puntata sulle amministrative di domenica scorsa, cercando di capire alla fine quali sono gli elementi importanti emersi, al di là del consueto cicaleccio post-elettorale, dove tutti al solito sembrano aver vinto o, almeno, pareggiato. Cinque mi paiono i punti salienti che ci possono indicare lo stato di salute dei partiti e dei MoVimenti, in vista delle prossime consultazioni politiche.
1. La partecipazione. E’ stata scarsa, ovviamente, ma questo ci dice poco sulla sua reale tendenza di lungo periodo. Sappiamo ormai bene che gli elettori si mobilitano e si smobilitano a seconda della salienza della competizione cui sono chiamati a partecipare. Se al referendum in tanti si sono precipitati alle urne (68,5% degli aventi diritto tra i residenti in Italia) per dire cosa ne pensavano di Renzi, e invece dei propri sindaci gliene importa un po’ meno, bisognerà capire quale sarà il clima in occasione delle legislative, e con quale legge si voterà. L’interesse degli italiani viene solleticato dalle proposte politiche in campo, nel bene o nel male, e dal possibile assetto futuro del governo del paese. Se c’è la percezione di un forte scontro, allora l’affluenza sarà alta. Se sarà un voto proporzionale, con possibilità nulle di formare un esecutivo “non tecnico”, mi immagino una partecipazione non superiore al 70%.
2. Il centro-destra. La sua rinascita mi pare propiziata, più che dall’ennesima ridiscesa in campo di Berlusconi, dalle parole d’ordine del duo Salvini-Meloni, in particolare del primo. Sono le parole d’ordine veicolate dalla nuova Lega post-bossiana, i “valori” di cui si nutre, a decretarne il buon successo elettorale. Nelle città la gente comincia seriamente a temere che l’accoppiata immigrazione-sicurezza possa generare problemi nel prossimo futuro, vista l’incapacità del centro-sinistra di affrontarne le conseguenze in maniera articolata. Il messaggio di Salvini è chiaro e facilmente comprensibile, vagamente LePeniano o Trumpiano: usiamo le maniere forti o soccomberemo. E i voti così arrivano.
3. Il Movimento 5 stelle. Complice una forte astensione del suo elettorato meno politicizzato, è ovvio che a livello locale non riesca a raggiungere i picchi delle consultazioni nazionali. Inutile ribadire che tra i pentastellati coesistono diverse anime, tutte in qualche modo “radicali”, meno sensibili quindi a buttarsi nella mischia per eleggere un semplice sindaco. La sua forza competitiva emerge però molto nettamente in caso di ballottaggi, dove la vittoria del M5s è quasi sempre scontata, perché è un vero simbolo del cambiamento. Come dire: proviamo anche con i 5 stelle, non si sa mai che ne esca qualcosa di meglio…
4. La sinistra. Segnali parecchio contrastanti arrivano da quest’area politica, in problematica istituzionalizzazione. Divisa tra l’appoggio al Pd e la corsa solitaria per crearsi una sua propria identità, riconoscibile anche dall’elettorato, ha certo bisogno ancora di tempo per giungere a definire la propria offerta. A volte funziona, come nel caso emblematico di Padova, vicino per certi versi alla situazione milanese, a volte meno, come nella proposta genovese. Il suo percorso sarà però positivo soltanto se si riunisce realmente in un cartello preciso e programmatico, abbandonando tutti i suoi rivoli, altrimenti rischia di finire come la Sinistra Arcobaleno di dieci anni fa.
5. Il PD. Nonostante il tentativo di guardare il bicchiere mezzo pieno, è lui il vero sconfitto di queste elezioni. Certo, aveva molto da perdere, dato il suo ottimo risultato nelle precedenti consultazioni del 2012 (che erano avvenute, è bene ricordarlo, in un fortissimo clima anti-berlusconiano, pochi mesi dopo le sue dimissioni). E quello che aveva da perdere, di fatto, lo ha perso. Non solo per colpa di Renzi, ma anche perché a livello locale le amministrazioni uscenti non hanno governato bene, nel giudizio dei cittadini. Sembra non avere un progetto definito, non sapere esattamente cosa fare, per contrastare i due problemi di cui sopra (immigrazione+sicurezza) oltre a quello economico-occupazionale. Manca una “visione” alla quale gli elettori possano aderire, sia a livello centrale (con un Renzi sempre più avvitato su se stesso) che a livello locale (con vaghe ricette di buona amministrazione). All’avvicinarsi del suo decimo compleanno, l’Ultimo partito sembra assomigliare sempre più ad un Partito mancato, se non cambia qualcosa velocemente.
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