Partiti e politici

Cori Bush e le altre: la carica delle donne che sta cambiando gli USA

17 Novembre 2020

Come si presentano gli Stati Uniti dopo le ultime elezioni? I democratici hanno conquistato la Casa Bianca ma la stagione di Trump non può essere accantonata in tutta fretta. Oltre ai tweet in cui il tycoon rivendica la vittoria e getta ombre sulla correttezza delle operazioni di voto, ci sono i suoi sostenitori a manifestare per lui, ci sono gli americani che lo hanno votato. La distanza tra l’America di Trump e quella dei democratici non può essere ignorata.

Non solo presidenziali, però. In Usa si è votato anche per il Congresso, o meglio per rinnovare l’intera Camera dei Rappresentanti e 35 seggi del Senato.

I democratici hanno avuto un risultato deludente perché, come riportato dalla CNN, alla Camera dei Rappresentanti hanno perso 8 seggi e ne hanno guadagnati 3, arrivando dunque a 219, appena poco sopra la maggioranza di 218. I Repubblicani, invece, hanno ottenuto 9 seggi e ne hanno persi 3, raggiungendo quota 204. Mancano però ancora 12 seggi da assegnare. Al Senato, la situazione è ancora più complessa, con i democratici fermi a 48, contro i 50 seggi del GOP e due seggi da assegnare con i ballottaggi del 5 gennaio in Georgia.

Al Congresso sono entrati candidati che rappresentano una società in perenne cambiamento. Come riportato ancora da CNN, che cita i dati del Center for American Women and Politics, ci saranno almeno 141 donne al Congresso, ben oltre quindi le 127 del 2019. Di queste, 116 faranno parte della Camera dei Rappresentanti, superando il record precedente di 102 e 25 del Senato. A contribuire a questi numeri c’è stato anche il partito repubblicano, mentre i democratici hanno permesso l’elezione di Mondaire Jones, per il diciassettesimo distretto di New York e Ritchie Torres, per il quindicesimo distretto della Grande Mela, ovvero dei primi due afroamericani dichiaratamente gay eletti al Congresso. Restando tra i dem e sul tema prime volte, c’è una storia da raccontare, quella di Cori Bush, infermiera e attivista nata a St. Louis. Alle primarie democratiche del 2018 non era riuscita ad avere la meglio sul politico di lungo corso Lacy Clay, stavolta invece, prima è riuscita a prevalere su quest’ultimo e poi ha ottenuto più voti del rivale repubblicano Anthony Rogers ed è entrata a far parte della Camera dei Rappresentanti.

In un tweet si mostra in posa sotto a un ritratto di Shirley Chisholm che, nel 1968 è diventata la prima donna di colore a far parte della Camera dei Rappresentanti. La didascalia recita un laconico: la prima. Bush è infatti la prima donna afroamericana che ne entra a far parte per il Missouri e la prima donna a rappresentare il primo distretto del Missouri in 173 anni di storia. Essere la prima è una caratteristica che rivendica con orgoglio, che si tratti di genere, origini o lavoro.

“Sono la prima infermiera ad andare al Congresso dal Missouri, nel mezzo di una pandemia. Gli infermieri di tutto il Paese hanno rischiato la vita per salvare gli altri. Le persone della classe lavoratrice hanno bisogno di rappresentanti che assomiglino a loro e che abbiano sperimentato le loro lotte. Sono io quel difensore”, ha scritto infatti in un tweet.

Nel suo discorso di ringraziamento per il risultato ottenuto, trascritto dal Guardian, ha ricordato la sua vita difficile, madre single che non riusciva ad avere l’assicurazione sanitaria, il suo impegno come attivista black lives matter. Ha parlato di chi è discriminato, di chi ha perso il lavoro o non riesce a pagare l’affitto. Si è presentata come colei che vuole rappresentare proprio chi è messo ai margini della società. “La nostra America non sarà guidata dalla scarsa apertura mentale di pochi potenti, ma dall’immaginazione di un movimento di massa che include tutti noi”. Per delineare meglio il concetto, si è affidata a un altro tweet: “Promemoria: questo movimento non è solo un organizzatore, non è solo un leader, non è solo una persona. È il potere collettivo di una coalizione di un gruppo eterogeneo di persone unite attorno a un obiettivo comune di giustizia ed equità. Siamo tutti noi”. A sostenere Bush c’era Justice Democrats, un comitato di azione politica federale che mira a trasformare il partito democratico avanzando un’agenda progressista e aiutando le campagne elettorali di candidati in grado di rappresentare le comunità di provenienza. Justice Democrats è stato al fianco, tra gli altri, di Alexandria Ocasio-Cortez, Pramila Jayapal, Ilhan Omar, Rashida Tlaib, Ayanna Pressley e Jamaal Bowman.

Le elezioni americane offrono tante storie da conoscere e approfondire, storie di una società in perenne cambiamento che la politica, nonostante le sue dinamiche farraginose, sta provando a rappresentare.

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