Partiti e politici
Conte trionfa anche tra gli iscritti. È svolta per i 5 stelle?
Non era facile per Giuseppe Conte fare il pieno delle preferenze anche tra la platea degli iscritti al Movimento 5 stelle. Per una serie di ragioni. Mentre tra gli attuali elettori il livello di fiducia è sempre rimasto piuttosto alto, sia quando era premier sia dopo la sua sostituzione con Draghi, diversa poteva essere invece la situazione tra i pentastellati “storici”, che per la maggior parte sono entrati nel M5s nei primi anni della sua vita, quando ancora erano Beppe Grillo e i due Casaleggio (il padre e poi il figlio) i plenipotenziari delle decisioni politiche e della struttura del movimento.
Già il dissidio tra lo stesso Grillo e Conte aveva provocato un forte malumore sia tra i parlamentari che tra i supporters storici. E i “grillini” più puri avrebbero potuto prendere le parti del fondatore, anziché di un avvocato che era divenuto presidente del consiglio senza essere iscritto e senza nemmeno iscriversi strada facendo. Che un personaggio “esterno” potesse essere accettato in maniera plebiscitaria come nuovo Presidente non era così facile da prevedere. Era ipotizzabile che avrebbe avuto la maggioranza dei voti, ma non certo che potesse arrivare alla quota dei consensi più elevata di sempre, in una votazione online, insieme a quella per il primo governo Conte.
E questo dopo che, qualche giorno fa, era stato favorevolmente accettato il nuovo statuto, che muta per molti versi, pur con una certa continuità, le precedenti modalità di strutturazione di quella forza politica. Insomma: potevano esserci dei dubbi sulla positiva accoglienza di una importante trasformazione del M5s, ma le votazioni di questi ultimi giorni hanno ribadito come sia tra gli elettori, sia tra gli iscritti che tra gli eletti esista una sostanziale convergenza sulla strada che il movimento debba intraprendere nell’immediato futuro. Inutile ribadire che questa è l’unica via che permette non soltanto la sopravvivenza del M5s, ma anche la sua possibilità di giocare un ruolo rilevante nella politica italiana dei prossimi anni.
Occorre sottolineare, oltretutto, che, dal punto di vista numerico, la scelta di Conte come Presidente e quella dell’alleanza con il Partito Democratico (per il Conte II) siano state di gran lunga, da una parte, le votazioni più partecipate degli ultimi anni e, dall’altra, quelle che hanno avuto il numero di voti favorevoli più elevati (63mila per il governo con il Pd e 62mila per la presidenza Conte). Segnali, difficili da smentire, che l’orientamento della base pentastellata è abbastanza concorde sulla direzione politica da perseguire nei prossimi anni cruciali nel panorama italiano: costruire un fronte comune con l’area di centro-sinistra, cercando di fronteggiare la (prevedibile?) vittoria del centro-destra capitanato da Salvini e Meloni.
Un compito arduo, sia per il Pd che per lo stesso Movimento, che peraltro hanno come unica possibilità quella di appoggiarsi a vicenda, puntando su una proposta politica alternativa e piena di contenuti rilevanti in nome di una Europa e un’Italia diverse. Un compito ancora perdente, quanto meno nel breve periodo, stando ai numeri attuali dei sondaggi, ma che rimane la sola arma in mano all’area più progressista del paese per avere una chance per il futuro. Per arrivare forse ad un mercato elettorale demarcato dalla presenza dei Big Four, due a destra e due a sinistra, con il centro (ex-berlusconiano?) come ago della bilancia per i prossimi governi.
Un’ultima notazione, che riguarda i molti sarcasmi che piovono sulle votazioni nelle piattaforme online, prima Rousseau e oggi Skyvote, degli iscritti pentastellati: è vero che i votanti non sono poi molti, nelle diverse consultazioni (in media intorno ai 50mila), rispetto ai plebisciti del popolo Pd, dove si recano alle urne centinaia di migliaia di simpatizzanti. Ma in quel caso si tratta di eleggere, una tantum, il segretario del partito, mentre nel caso del M5s le votazioni riguardano spesso le scelte che il Movimento deve fare nel prossimo futuro. Sono consultazioni che probabilmente sarebbe utile che venissero fatte anche nel Partito Democratico, lasciando spazio per le opinioni reali dei propri iscritti sulle scelte dei dirigenti del partito. In fondo, un po’ di democrazia diretta non farebbe male, anche nel più grande partito di centro-sinistra italiano.
Università degli Studi di Milano
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