Partiti e politici

Condannati, fascisti, omofobi in lista: Renzi ha rottamato solo gli ex comunisti

12 Maggio 2015

È il capo dei comunisti che ha eliminato tutti comunisti. Si è messo a capo della “ditta” per chiudere la “ditta”. Per spiegare la mutazione genetica del Pd di Matteo Renzi è forse necessario prendere in prestito una massima di Indro Montanelli. Il grande giornalista teneva nel suo studio in bella vista un busto di Stalin e a chi gli chiedeva, «per quale motivo?», lui rispondeva in questo modo: «Nessuno mai ha ammazzato tanti comunisti quanti ne ha ammazzati Stalin». Ecco, la rottamazione in salsa fiorentina si è fermata a Botteghe Oscure.

Guai a toccare i cacicchi del Mezzogiorno e i vecchi arnesi Dc che nel territorio continuano a dominare e a sprizzare consensi da tutti i pori. Per non parlare di tutti i ras forzisti e degli indagati che oggi primeggiano nelle liste di Vincenzo De Luca.  All’angolo, insomma, solo Massimo D’Alema, Pier Luigi Bersani e i  “compagni” frenatori. Ormai la mutazione genetica del Pd in Partito della Nazione è in atto e si consumerà fra un paio di settimane, alle regionali del prossimo 31 maggio. Dove chi voterà Pd, sceglierà in sostanza il Partito dei riciclati, salvo assistere – è storia di ieri – al paradossale invito dei vertici del partito a non votare candidati indesiderabili inseriti nelle liste del partito stesso.

Una raccolta indifferenziata che impazza da Nord a Sud, e che il velocista Renzi, forse dirà, di aver riciclato “a sua insaputa”. Sarà la realtà? Di certo, le liste delle prossime regionali non mentono. Da una radiografia attenta l’unico dato è il seguente: non è stata fatta una selezione all’ingresso. Anzi. Il caso più eclatante, manco a dirlo, è quello della Campania dove Vincenzo De Luca, ex sindaco di Salerno, oggi candidato con il centrosinistra in Campania e con una condanna in primo grado per abuso d’ufficio che potrebbe costargli caro in virtù della legge Severino, è arrivato ad imbarcare perfino l’odiato Ciriaco De Mita (ricordate?!). Per non parlare di altri profili di candidati che poco hanno a che vedere con le richieste del “giglio magico”. Nomi di destra, di indagati o di loro congiunti, o di avversari di esponenti simbolo delle battaglie democrat: tutti in pista per l’ex viceministro del governo Letta. Olè. Alla voce Pdl o Fi, dipende dagli anni di riferimento, c’è l’imbarazzo della scelta. Fa scuola la lista, “Campania in Rete”,  stilata dal duo di “responsabili”, Arturo Iannaccone e Vincenzo D’Anna, pietre miliari delle maggioranze parlamentari dei governi di Silvio Berlusconi. Nelle liste di Caserta di “Campania in rete”, ad esempio, si annoverano Teresa Ucciero, che è stata la coordinatrice del Pdl della cittadina, il sindaco azzurro del comune di Santa Maria a Vico Alfonso Piscitelli e Angelina Cuccaro, assessora di Fi in comune del casertano. Stessa lista in cui brilla Rosalba Santoro, moglie di un certo Nicola Turco, oggi ancora inquisito per concorso esterno in associazione mafiosa, e referente del super ras di Pdl e di Fi Nicola Cosentino. Ma “Campania in rete” supera i confini del moderatismo allargando il fronte, anche alla sua destra. Ecco, quindi, Carlo Aveta, consigliere uscente de “La Destra”, nostalgico del Duce e della sua tomba di Predappio, e Vincenzo De Leo del Front nazionale di Adriano Tlgher.

Eppoi ancora Luigi Sorianello, già eletto alle provinciali con “Italiani nel mondo” di Sergio De Gregorio, e Cosimo Silvestre, ex capogruppo di Idv che nel 2008 si autosospese dal partito di Di Pietro per una strana vicenda legata a un badge e a un auto blu finite nella mani di un imprenditore  con amicizie contingue alla camorra. “De Luca presidente”, altra lista civica a sostegno dello sceriffo di Salerno, schiera Carlo Iannace, noto chirurgo del Sannio sotto processo ad Avellino per una storia di rimborsi, e Franco Malvano, ex questore di Napoli, già candidato sindaco di Fi contro Rosa Russo Iervolino. Senza dimenticare i casi di Casal di Principe e Melito. A Casal di Principe il vecchio leone di Salerno ha puntato su Enrico Maria Natale, oppositore in consiglio comunale di Renato Natale, simbolo dell’antimafia nella terra dei casalesi. A Melito, invece, via libera ad Antonio Amente, pezzo da novanta di Fi e vicinissimo Nicola Cosentino. Per completare il quadro Centro Democratico punta le fiches su Rosa Criscuolo, la ragazza che andò a cena in camera con Scajola la sera prima del suo arresto. Protagonista in passato dell’organizzazione di iniziative contro la carcerazione preventiva di Nicola Cosentino. Però.

Capitolo Puglia. Michele Emiliano, ex sindaco di Bari e candidato governatore per il centrosinistra “allargato”, è ormai stato ribattezzato “tutti dentro”. Lui, ovviamente, dissimula: «Sono delle mosche bianche. Non ho fatto il calcolo, ma si tratta soltanto di dieci competitori». «Boom!», ironizzano in Transatlantico. Emiliano è aperturista e accoglie ex missini come Euprepio Curto, in corsa con i Popolari (Udc, Centro democratico e Realtà Italia); ex berlusconiani come Tina Fiorentina, già assessore nelle giunte di centrodestra in Puglia, o  Saverio Tammacco, già capogruppo di Fi a Molfetta, uno che ha lasciato il partito berlusconiano con queste parole: «Sto con Emiliano perché ho aderito alla sua linea di rinnovamento». La lista è lunga, lunghissima  e impatta anche sul nome di Francesco Spina, presidente della provincia Bat (Barletta-Andria-Taranto) fra le fila del centrodestra. Paolo Mongiello, invece, si è mosso con una certa lungimiranza. L’ex capogruppo Pdl nella provincia di Foggia, si è convertito al verbo di Emiliano già nel novembre scorso.

Regione che vai, transfuga che trovi. È il caso della Liguria. Raffaella Paita è il volto del renzismo per la corsa a governatore della regione, candidatura sponsorizzata da Renzi e della ministra Maria Elena Boschi. Paita è riuscita a raccogliere attorno a se una corte di ex forzisti non indifferente, in maggioranza di rito scajoliano (nel senso di Claudio Scajola). La diaspora che si è consumata nel centrodestra, con le truppe dell’ex ministro Scajola in fila a corteggiare Renzi e i renziani, ha accelerato l’operazione riciclaggio. La misura del fenomeno è la lista “Liguria Cambia”. Basta scorrere l’elenco  e accorgersi subito del nome di Luca Lanteri, ex vicesindaco di Imperia per il Pdl, fino a non molto tempo fa vicinissimo di Claudio Scajola. Un altro scajoliano doc è Giuseppe Argirò, ex amministrato delegato di Porto di Imperia Spa.

Senza contare l’ex Udc Massimo Donzella, indagato per le spese fuori controllo, e oggi candidato con il Pd. Alla voce indagati si annovera Armando Ezio Capurro, consigliere uscente  e coinvolto nello scandalo rimborsopoli. Capurro sarà il capolista di  “Liguria Cambia”. Con proporzioni differenti il fenomeno della raccolta indifferenziata si registra anche in Veneto. Alessandra Moretti, per tutti “Lady like” dopo la conversione al renzismo, incassa il sostegno di una lista “Uniti per il progetto Veneto Autonomo”, organizzata nientepopodimeno dall’ex leghista Santino Bozza. Lo stesso che nel 2012 pronunciava queste parole: «I gay? Purtroppo esistono: sono malati, diversi, sbullonati. Se li vedo baciarsi, sputo a terra per lo schifo».

«Non è passato molto tempo da quando Massimo D’Alema parlava di cacicchi. Adesso i cacicchi sono sempre più forti», per dirla con l’ex direttore de L’Unità Peppino Caldarola,  Al punto che in alcune realtà come la Sicilia è già in uno stadio avanzato un’Opa dei ras e dei cacicchi sul Nazareno. Tutto ciò con il bene stare del vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini. Del resto, sbuffa un vecchio comunista come Emanuele Macaluso, «il partito di Renzi non è un partito fondato sulle idee, ma un partito fondato sul potere». E che potere, tra l’altro: fatti fuori i più visibili esponenti del passato della sinistra, dagli ex Pci ai sindacati, si è poi appoggiato senza ritegno ai peggiori capibastone ereditati dalle due precedenti Repubbliche. Fare fuori D’Alema, dopotutto, è stato più facile e meno costoso. La guerra alla politica clientelare è più dura e ha costi in termini di voti. Renzi bada al sodo, e pensa a vincere. La #voltabuona, insomma, può attendere.

 

@GiuseppeFalci

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