Partiti e politici
come si vince, come si perde
La notizia che Liberi e Uguali presenterà un suo candidato alla Presidenza della Regione Lombardia è stata accolta da reazioni polemiche, se non rabbiose, da commentatori, militanti e esponenti del Partito Democratico: l’accusa è quella, ormai risaputa, di “far vincere la destra“.
A questo argomento è sotteso un punto di vista davvero singolare: se una forza politica non riesce, da sola, a conquistarsi un consenso sufficiente la responsabilità non è sua, ma dei competitori che non hanno avuto la creanza di rinunciare alla corsa. Un po’ come quei bimbetti che si lamentano non delle proprie gambe fiacche, ma del fatto che l’avversario è troppo veloce…
Le cose però non funzionano così, in nessuna competizione: può capitare di vincere per l’assenza dei contendenti, o magari solo di quelli più dotati; ma se si perde, lo si fa sempre per demeriti propri.
E’ un po’ una costante della politica attuale quella di mettere più energie nel delegittimare gli avversari piuttosto che nel conquistarsi consenso con le proprie proposte: lo si vede fare un po’ ovunque, dall’estrema sinistra all’estrema destra, passando per tutte le componenti dello spettro politico. Così facendo, i partiti ricordano quella pattinatrice americana che organizzò un’aggressione ai danni della rivale per impedirle di partecipare ai giochi olimpici: un storia che attirò molta attenzione, ma non certo in positivo per la problematica protagonista.
Questo comportamento andrebbe evitato non solo perché poco “sportivo” (forse sarebbe più corretto definirlo “poco democratico”), ma perché fa perdere agli elettori la fiducia in chi lo usa (demolire l’avversario è un implicito riconoscimento di incapacità di superarlo in una sfida diretta) e, a lungo andare, in tutta la politica (quando troppi attori riversano accuse e polemiche in continuazione l’uno sull’altro, in beve tempo subentra la nausea del “sono tutti uguali”…). A quel punto, tornare a entusiasmare i cittadini con le proprie proposte può rivelarsi un compito impossibile: proprio perché si sono abituati a una narrazione “negativa”, la positività diventa una chiave comunicativa poco efficace.
Attenzione, quindi, ad avvelenare i pozzi del dibattito politico: si finirebbe per rimetterci proprio tutti, sia partiti che cittadini…
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