Partiti e politici
Come si forma la leadership di un moVimento che rifiuta la leadership?
Il “demagogo” deteriore pone se stesso come insostituibile, crea il deserto intorno a sé, sistematicamente schiaccia ed elimina i possibili concorrenti, vuole entrare in rapporto con le masse direttamente (plebiscito, grande oratoria, colpi di scena, apparato coreografico fantasmagorico: si tratta di ciò che il Michels ha chiamato ” capo carismatico”) . Il capo dalla grande ambizione, invece, tende a suscitare uno strato intermedio tra sé e la massa, a suscitare possibili “concorrenti” ed uguali, a elevare il livello di capacità delle masse, a creare elementi che possano sostituirlo nella funzione di capo. Egli pensa secondo gli interessi della massa, e questi vogliono che un apparato di conquista e di dominio non si sfasci per la morte o il venir meno del singolo capo, ripiombando la massa nel caos e nell’impotenza primitiva.
A. Gramsci Quaderni N° 6
Gramsci, che aveva meditato Machiavelli ma ignorava Max Weber (attribuiva la teoria del “capo carismatico” al suo allievo Michels), sapeva che il tema della leadership – del Principe, del Capo – si pone nei movimenti e ancor più nei partiti politici. Ma non basta il capo, occorre la strutturazione del moVimento. Nello schema di Francesco Alberoni ( vedi “Movimento e istituzione”, 1981 e “Genesi”, Garzanti, 1989) qualsiasi Movimento, anche quello speciale a due della coppia, diventa Istituzione. I Movimenti la dinamizzano, ma sono le istituzioni che innervano la società. Se anche in quello speciale movimento a due che è la coppia, la fluctuatio animi dell’innamoramento si trasforma in santo matrimonio o dalla tempesta&impeto dell’innamoramento si passa all’amore strutturato ( in diade stabile, fate vobis) perché non dovrebbe farlo un moVimento?
Nei movimenti collettivi, più complessi rispetto alla coppia, il passaggio da Movimento a Istituzione (vedi il Cristianesimo) avviene attraverso la strutturazione di una gerarchia ancor prima dell’elaborazine di una teologia. Di solito è il Profeta, il capo carismatico del Movimento che diventa il Capo gerarchico della Struttura, dell’Istituzione. Nel M5S non è possibile ciò perché il Profeta in parte non può e in parte non vuole diventare Capo istituzionale (perché Capo di fatto è e resta a tutti gli effetti). Da qui la commediolina di questi giorni. Grillo che “nomina” leader , ponendogli la spada sulla spalla, Di Maio; il MoVimento che vede sconfessato il sacro ( ma impossibile quanto falso ) principio dell’uno-che-vale-uno che si ribella, a quel che sembra.
Se fossero stati meno “ingenui e sentimentali” e più poltici, se avessero conosciuto, i grillini, la “ferrea legge dell’oligarchia” di Robert Michels (“Sociologia dei partiti politici”, 1911) ci avrebbero risparmiato questa pantomima del moVimento che rifiuta di diventare un’istituzione e di rassegnarsi a una leadership vera. Ma il moVimento finora, fedele all’impostazione iniziale, ha resistito, resiste e recalcitra all’idea di diventare un’istituzione, ovvero un partito. Ha tentato anche di non entrare in contatto con qualsiasi Istituzione, dal Quirinale al Parlamento, dove si sono sempre comportati come corpo estraneo. Si è rifiutato categoricamente di mischiarsi con le Istituzioni, perché ha avuto paura di diventare Istituzione. Si è ostinato a mantenere la propria purezza di MoVimento, a non contaminarsi, a non integrarsi. Ha attestato costantemente la propria separatezza di forza antagonista: di “noi” contro “loro”. Eppure è nel mondo, vive nel mondo e la sua tensione ultima è conquistarlo, farlo proprio. La politica è presa del potere non testimonianza.
Deciderà la Rete. E allora nell’impasse si accentuano i riti orfici, i riti eleusini e misteriosofici della Rete, ove tutto è trasparente, tranne che il momento decisionale. Anche nella loro comunità il potere ha le sembianze di sempre: quelle degli Arcana imperii, del potere nascosto, che decide lontano da sguardi indiscreti. Il loro server (chi custodisce il server, chi lo controlla?) è il loro caminetto decisionale, il lunedì di Arcore in cui Berlusconi e Bossi, ai loro tempi, facevano e disfacevano.
Ma un meccanismo decisionale di formazione legittima della leadership si impone e si imporrà prima o poi benché loro, i Capi-Capi, hanno teso a procrastinarlo il più possibile, perché nel momento in cui ciò avverrà, loro dovranno cedere quote di potere, distribuirlo tra i sotto-capi, formare cioè una gerarchia, e, orrore orrore! dare vita a un partito, anche se lo chiameranno, in armonia con il non-statuto, un non-partito. La cessione della leadership è la certificazione della nascita del partito. Come tutti gli altri? Sì, come tutti gli altri!
Agli esordi si tentò di evitare accuratamente la televisione. “Non siamo a Ballarò” disse la prima leader trimestrale. La “certificazione” dei leader da parte dei media non poteva non condizionare un MoVimento che si rifiutava di definire le procedure nette e i criteri precisi di selezione della propria dirigenza. La rotazione trimestrale dei capigruppo e il divieto assoluto di interloquire con i media rispondevano all’esigenza di non dar luogo a una leadership reticolare, legittima, ma che inevitabilmente avrebbe frantumato la diade dei Capi-Capi.
Evitare la televisione per quanto possibile, all’inizio, ha allontanato solamente nel tempo la formazione di leadership spontanee che fatalmente – fra scomuniche, scissioni, tradimenti, piccole tragedie che sussistono nei movimenti dai tempi di Gesù Cristo, dei Giuda, dei Cenacoli – sarebbe avvenuta. Ma caduto il non expedit catodico è stata proprio la televisione in una specie di Xfactor implicito a selezionare la classe dirigente. I più spigliati, i più telegenici hanno prevalso. Si è segnalato Di Maio. Il Profeta ha un debole per lui. Così parrebbe.
Per adesso i Capi-Capi hanno mandato avanti il bravo ragazzo con la faccia da pretino che accoppia giudiziosamente aggettivi e sostantivi, ma è solo questione di tempo. Scendere dal Sinai significherà entrare nel nostro mondo di peccatori e di umani. La mondanizzazione avverrà seguendo lo schema-Berlusconi? Sembra di sì per adesso: ossia con un Toti preso dal mazzo e dopo cura dimagrante mandato nella mischia; o nelle modalità classiche dei vecchi partiti, con le correnti, le riunioni segrete in trattoria o nel convento delle Dorotee? O infine con le Leopolde?
Il MoVimento è allo snodo atteso. O mantenersi integro nell’ideale con la leadership occulta dei Capi-Capi o rompersi nel reale, nella logomachia delle tendenze, nel rito della democrazia carnefice ove i Capi macellano e vengono macellati.
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