Partiti e politici

Coi 5 Stelle fuori, la democrazia rischia. Al Pd non interessa?

8 Marzo 2018

Sarebbe bello che sulla questione dei rapporti fra il PD e il Movimento 5 Stelle, che è cruciale per la formazione di un governo ma più in generale per il futuro prossimo delle nostra democrazia, ci si sforzasse di uscire dalla mediocrità degli argomenti. Mediocre è l’argomento basato sugli insulti reciproci in campagna elettorale: un gruppo dirigente che mobilita la sua base sollecitandone l’ostilità epidermica contro i 5 stelle, per poi legittimare la decisione di stare comunque all’ opposizione con il risentimento plebiscitario della stessa base è mediocre, o riflette disegni personali non confessati.

L’affare è serio, non va trattato così. Mi pare che debba porsi in un altro modo, che è il seguente. È o no interesse della sinistra italiana che il 32 per cento degli elettori dei 5 stelle siano saldamente ancorati alla democrazia repubblicana? Si ritiene o no che un elettorato che è per intero popolare e per intero rappresenta la parte disagiata del nostro paese possa legittimamente essere promotore del suo rinnovamento, e possa farlo senza indebolirne ma rafforzandone le istituzioni? O è giusto disinteressarsene, lasciare questa parte di paese a se stessa in nome delle pulsioni e del cattivo carattere di una leadership sconfitta? Si risponda a queste domande, e non a quanto è intollerabile l‘insulto ricevuto da questo e quello prima del voto. Il gruppo dirigente della sinistra italiana ha qui un compito che va molto oltre le questioni contingenti, cui non può sottrarsi, e al quale la sua parte saggia e riformista deve dedicarsi per prima, essendone storicamente e culturalmente preparata dalla storia del nostro paese. Subito prima della fine della guerra, ci fu chi decise che la questione monarchica dovesse passare in secondo piano rispetto alla questione democratica. Eppure la monarchia aveva fatto di peggio che insultare l’avversario in campagna elettorale. A Salerno la base non fu interrogata. Se lo fosse stata, chissà. Eppure da quella scelta non di compromesso o rassegnazione ma di priorità scelte e affermate è nata la democrazia italiana, e il coinvolgimento delle masse popolari del nostro paese nella costruzione e difesa delle nostre istituzioni. E così via nella storia migliore della sinistra, capace nei momenti cruciali di scelte non immediatamente popolari, dal riformismo sindacale alla lotta senza quartiere all estremismo terrorista, all’impegno per il risanamento economico.

Oggi siamo a un tornante simile. Il gruppo dirigente della sinistra italiana ha il dovere di fare il possibile per mantenere quella gente che ha votato cinque stelle, e che in buona parte proviene dalle sue fila, e non è estranea a quella cultura politica, saldamente entro i binari delle regole e delle compatibilità costituzionali. È vero che non siamo di fronte a un movimento eversivo, e che anzi il gruppo dirigente dei 5 stelle afferma rispetto per la costituzione e la presidenza della repubblica. E questo è bene, è condizione necessaria per andare avanti, sarebbe tutto diverso se fossimo di fronte al lepenismo di massa.

Ma attenzione, la sfida della democrazia è adesso, e sarà vinta se quel movimento e quegli elettori saranno messi in condizione di capire che dietro l’angolo, anche con un loro governo, non ci potranno essere subito e tutti insieme il reddito di cittadinanza nelle forme promesse, l’abolizione completa della legge Fornero, meno tasse e più sevizi, con l’ Europa arrendevole. Meglio che questo si capisca, nella definizione chiara di obiettivi e vincoli di un nuovo governo con i 5 stelle, che a quel punto diverrebbe possibile. E per questo la sinistra non deve dire no a priori a quell’ipotesi, agire per essere credibile e decisiva, usare bene il suo residuo ma non esaurito potere negoziale e la sua residua capacità di esercitare egemonia di cultura politica. Deve far capire a quegli elettori e a quella gente, che è in parte la sua gente, che anche se gli obiettivi annunciati sono in parte velleitari, il benessere dei più deboli e la giustizia sociale questa volta saranno perseguiti, sia pure con la gradualità imposta dal buon senso e dai vincoli ineludibili, e che vale la pena andare avanti, con la pazienza del popolo che crede nel cambiamento. Bisogna convincerli, convincerli anche di aver compreso la lezione, non abbandonarli. Tentar non nuoce. Altrimenti ci sono lo stallo o la delusione che produrranno disastri, reazioni scomposte, l’avvio di un circolo vizioso del rancore che si può evitare, pericoli per la democrazia. Evitarli è ancora una volta, nella storia repubblicana, compito storico dei gruppi dirigenti della sinistra, anche senza l immediata adesione della loro base, e con qualche boria di partito in meno, tanto più se boria di un partito sconfitto. Sarebbe bello che prima di dividersi e contarsi il pd ci pensasse.

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