Partiti e politici
Ciao Partito Democratico, ciao
La cosa divertente di questa ultima Assemblea Nazionale del Partito Democratico è che ci consegna una partito in cui davvero non si capisce più nulla. Almeno le altre volte mostrava un partito con un obiettivo comune da inseguire sebbene frammentato al suo interno sul come fare a inseguirlo, a causa di lotte intestine di potere che non si sono mai veramente fermate. Stavolta niente. Nulla. Solo un’indicazione generica sul “fare opposizione”, che è un po’ come dire “da domani mi metto a dieta” senza avere nessuna idea su quale dieta seguire, per quanto tempo seguirla, con quali obiettivi da raggiungere: mi serve per perdere un chilo? Cinque chili? Dieci chili? Non si sa. Mistero. Gli elettori questo vedono oggi nel Pd, un grosso punto interrogativo su cui i dirigenti di partito rispondono che non è prioritario rispondere perché ancora si deve dibattere di quanto faccia schifo il governo che si sta formando fra Lega e Movimento 5 Stelle e se sia stato giusto o no non trattare con le altre forze politiche per formare un governo diverso.
Ai vari Martina, Renzi, Orlando, Franceschini, Zingaretti, Emiliano, Rosato, Delrio, Gentiloni, Cuperlo, Marcucci, Guerini, Richetti, Bonaccini, Faraone, Gozi, Damiano, Serracchiani, Rotta, Zanda, glie lo voglio dire: come vostro elettore non mi sono stancato, sono proprio diventato indifferente. Indifferente a voi, alle vostre polemiche interne, alle vostre lotte per ottenere il potere dentro il partito, al vostro guardarvi l’ombelico, al vostro traccheggiare su ogni problema, al vostro ondeggiare a seconda del momento. Mi portate a dover dare ragione a Massimo D’Alema quando bollò il Partito Democratico come un “amalgama non riuscito”. Fino allo scorso anno chiedevo a gran voce al partito di tornare ad occuparsi di temi e non di suddivisione del potere, oggi non lo chiedo più perché questo partito mi appare strutturalmente inadeguato a elaborare una qualsiasi proposta per un qualsiasi problema. Manca un’identità, mancano quelle idee basilari che mantengono unita una comunità, manca un’idea di sinistra che sia al passo con lo scenario odierno. Non è questione di aprire nuovi cantieri o laboratori per dare vita a nuove fondazioni o a nuovi partiti, è questione ripartire dalle fondamenta di ciò che vogliamo considerare come sinistra, c’è la necessità di ripartire dal macinare pensiero, filosofia politica. Invece il Partito Democratico oggi rappresenta splendidamente la totale assenza della sinistra dal panorama politico italiano ed europeo: è un guscio ormai completamente vuoto riempito alla bisogna di idee pescate a caso.
Ho creduto tantissimo al progetto del Partito Democratico. Fui felice per la leadership di Veltroni, restai dubbioso sulle sue dimissioni e sulla successiva incoronazione di Franceschini, sostenni in modo abbastanza convinto Bersani credendo potesse consolidare il percorso di Veltroni, mi entusiasmai poi con Renzi, mi ci ritrovai disilluso dopo le sue dimissioni e la conseguente immediata ricandidatura a segretario, fino a ritrovarmi indifferente all’avvento del reggente Martina. Nel mezzo vidi il governo Prodi II esplodere, vissi la nuova vittoria di Berlusconi, la crisi che fece schizzare in alto lo spread, il governo di unità nazionale con a capo Monti, le nuove elezioni della non-vittoria spacciata come una vittoria, il nuovo governo di larghe intese presieduto da Enrico Letta, il ribaltone di Renzi per arrivare a Palazzo Chigi, la sconfitta al referendum costituzionale, le dimissioni di Renzi da primo ministro, le nuove elezioni politiche perse malamente. Oggi posso dire di non crederci più. E paradossalmente non sono neanche triste di questa disillusione, la mia è semplicemente una presa di coscienza di qualcosa che ha già largamente passato il limite massimo di sopportazione.
Ora non so cosa augurarmi per il futuro del centrosinistra e della sinistra italiana. Il dibattito continua a essere incentrato sui nomi di eventuali leader e su quelli di eventuali nuovi partiti, di fatto lasciando iscritti ed elettori in balia di loro stessi. La preoccupazione maggiore è quella di provare a copiare soluzioni che sembrano aver funzionato all’estero, come se usare la carta carbone possa essere una soluzione alla ormai totale assenza di credibilità raggiunta. Se la crisi della sinistra e del progressismo è un problema diffuso in tutto il mondo, è anche vero che in Italia la cronica incompiutezza del Partito Democratico ha accentuato questo problema. Un partito che era nato per darsi una determinata fisionomia, che invece è stata subito rinnegata e successivamente sempre più modificata al punto da ritrovarsi lo scorso anno, a dieci anni dalla fondazione, a dirsi che “serve tornare alle origini”. Sentendolo dire pure da quelli che, in questi anni, hanno contribuito a smantellare quelle idee originarie. Ma come: avete negli anni fatto a pezzi della idea di partito definendola a più riprese come impossibile da realizzare se non dannosa per il quadro politico italiano, e poi venite a raccontare che si, insomma, quella idea non era poi male e andrebbe ritrovata? Sono stanco per questi giochetti, mi sento spento, mi arrendo. Voglio essere considerato prigioniero politico di questo centrosinistra e di questa sinistra ormai impalpabili, che tengono in ostaggio i pochi milioni di voti rimasti senza offrire a loro nulla, né un’idea, né una visione, né un progetto politico anche minimo. Non mi resta che citare Luigi Tenco e dire “Ciao Partito Democratico, Ciao”. Sperando che in futuro ci si possa incontrare nuovamente, entrambi con rinnovata energia.
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