Partiti e politici
Chissenefrega della laurea del ministro?
Un commento di pessimo gusto ha dato il via a una discutibile competizione tra cani rabbiosi che insultano una persona per bene e opportunisti che colgono l’occasione per cercare di attribuirsi, anche di riflesso, qualche merito.
Dileggiare @TeresaBellanova per aspetto fisico o titoli di studio è miserabile e non merita commento. Usare #TeresaBellanova per millantare ascensori sociali immaginari è grande ipocrisia.Nel paese dove competenza=handicap e relazione=Virtù #fateschifo
#Capezzone @pdnetwork— Massimo Famularo (@MassimoFamularo) September 6, 2019
Ignorando la pochezza umana di tale questione val la pena di porsi un interrogativo, che con una certa frequenza si ripropone:
Chissenefrega della laurea del ministro?
Serve un titolo di studio per far politica? E’ sufficiente aver militato in un giornale di partito o aver avuto un qualche ruolo nell’azienda di papà o degli amici dei suoi amici per sfuggire alla categoria dei politici che non hanno mai lavorato? Andiamo con ordine.
E’ ovvio che la laurea sia indispensabile per svolgere alcune professioni come il medico, l’ingegnere, l’avvocato ecc. per quanti mentecatti possano riempirsi la bocca di sciocchezze #NOVAX ,nessuno che sia sano di mente si fa operare al cervello o costruire casa dai laureati all’università della vita.
Qualcuno è preoccupato per il mio integralismo e fa bene: due più due fa solo quattro è quello che non ha una efficacia rigorosamente dimostrata io lo considero inefficace. Punto e basta. Riguardo all'omeopatia, a ottobre esce il mio libro.
Legnate senza alcuna diluzione. pic.twitter.com/77r7U3zzI4
— Roberto Burioni (@RobertoBurioni) September 2, 2019
In linea di massima, non è strettamente indispensabile disporre di titoli di studio particolari per assolvere ad incarichi politici: non è detto che il ministro della sanità debba essere un medico o che quello della giustizia debba possedere una laurea in giurisprudenza. Il politico dovrebbe farsi assistere da tecnici preparati che gli consentano di essere adeguatamente informato per prendere le decisioni (ovviamente politiche) che gli competono.
Dunque in un paese dove:
- la maggioranza dei politici non ha mai svolto un lavoro degno di questo nome fuori dai giornali di partito e dalle aziende di stato o degli amici degli amici
- i laureati sono pochi, i politici laureati molto pochi e i titoli di di studio conseguiti dai politici spesso provengono da circoli di elite e facoltà di famiglia
a parte l’opportunismo e l’ipocrisia di circostanza, che senso ha parlare delle lauree dei ministri?
Forse ha senso parlare delle competenze che servono per capire il mondo. Un politico a prescindere dal titolo di studio dovrebbe essere in grado di comprendere la realtà che lo circonda in modo da usare opportunamente i consigli forniti dai tecnici nel momento di prendere le delicate decisioni che gli competono. Deve per esempio essere capace di comprendere che allettare i pensionati di oggi con misure non sostenibili, mentre i giovani lavoratori più produttivi (legitimamente) scappano, vuol dire segare il ramo su cui siamo seduti.
Dunque sarebbe, forse, il caso di smetterla con queste improbabili discussioni dove a insulti miserabili si contrappone l’autorevolezza dell’ “università della vita.” e provare a occuparsi del declino economico, sociale e culturale che caratterizza questo paese da decenni.
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