Costume

Chi vuol esser lieto sia!

16 Giugno 2023

Ieri ho ripreso in mano, dalla parte più alta della libreria, il libro di Travaglio e Veltri del 2001, “L’odore dei soldi”, lo comprai dopo aver visto la trasmissione di Luttazzi in cui invitava uno dei due autori, un giovanissimo Travaglio. Sfogliandolo ho rivisto le sottolineature di allora, con nostalgia. Ventidue anni fa. Molti di coloro che lessero quel libro divennero antiberlusconiani, altri, come me, lo erano già prima. Fu l’epoca dei girotondi, che reagivano alle leggi ad personam. Ricordo l’incontro del Palavobis del 23 febbraio 2002, 40.000 persone… L’altro ieri sentivo Giovanni Orsina, dire che l’antiberlusconismo incanalava in parte lo spirito dell’antifascismo postbellico, oltre ad avere varie cause contingenti. In molti, una tra le cause, era proprio l’idiosincrasia per un certo stile di vita, incarnato dal Personaggio. Solo una storicizzazione seria ci dirà cosa ha significato quell’epoca, certo: noi che ancora la viviamo forse non siamo pienamente in grado di comprenderla. La sensazione di battersi contro un modello, più che contro una persona, era comunque in me e in molti che attraversarono quella stagione.
Ieri ascoltando l’omelia del Vescovo di Milano mi sono chiesto che senso avessero quelle parole: « Essere contento e amare le feste. Godere il bello della vita. Essere contento senza troppi pensieri e senza troppe inquietudini».  Ricordavo che il Vangelo parlava di un altro tipo di “contentezza”, di “gioia”. Quella di chi pratica la giustizia e l’amore del prossimo. Forse ricordavo male, non so. Non c’è cenno, nell’omelia, della pratica della giustizia e della carità. Si parla del bisogno disperato di vita. Quella che è in tutti, certo. Ma forse c’è anche – in tutti o per lo meno in molti – il bisogno di verità e la sete di giustizia. Ma non basta ricapitolare tutto in Dio, e affidarlo a Lui, quel Personaggio. Forse ci voleva maggiore coraggio da parte del Vescovo, parlare anche di responsabilità, parlare anche di quanti, pur volendo anch’essi «godere il bello della vita», non hanno potuto gustare la stessa spensieratezza, la stessa fama, gli amici plaudenti,  il  benessere del tempo libero in ville lussuose. E tutto questo anche, non solo ma anche (altri lo imitarono, in questa deriva iperliberista, dopo, e tutti stiamo navigando in quell’onda), grazie alle politiche di un ventennio ispirate a quel Personaggio. L’uomo, certo, è consegnato al giudizio di Dio. Il Personaggio, però, al giudizio della storia. E chi opera nella storia, deve anche assumersi il coraggio di dirne qualcosa. Forse non l’ho capita, quella omelia… Già! Comunque, questi tre giorni sono stati come un tuffo nel passato della mia giovinezza, con la sua rabbia, i suoi entusiasmi, i suoi amori e le sue illusioni. Quelle che i girotondi fossero più belli di certe feste. Come dice il poeta: «quante balle si han in testa a quell’età»!

Forse Silvio Berlusconi si è sempre ispirato ad altri versi, scritti da un poeta che fu anche un politico:

Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia: del diman non v’è certezza.

 

 

 

 

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