Partiti e politici
Chi oggi condanna Boldrini e Grasso cosa diceva di Fini cinque anni fa?
Serpeggia e giganteggia lo scandalo per la scorrettezza istituzionale che vede Laura Boldrini e Pietro Grasso, terza e seconda carica dello stato, apertamente schierati in vista di una campagna elettorale che si preannuncia bellissima. La presidente della Camera e il presidente del Senato stanno preparando le truppe (?) da muovere contro il renzismo, in un gioco di sponde politiche davvero avvincente, che ha come obiettivo – pare – quello di ridisegnare un centrosinistra “largo” (lo diranno gli elettori), “unito” e con un Renzi non più egemone.
Condivisibile o meno che risulti l’obiettivo, credibile o meno che sia la strategia, lo scandalo per l’azione politica di due figure per costituzione super partes è sicuramente condivisibile. Chi rappresenta lo stato presiedendo le aule parlamentari non dovrebbe fare politica di partito, men che mai scendere nella battaglia campale di una campagna elettorale. È inaccettabile, si tuona, non era mai successo. Ecco, no, questo non si può dire, perché c’è un precedente, ingombrante e recente. La scorsa volta, prima del voto del 2013, non per qualche mese ma per circa due anni, a far campagna elettorale fu il presidente della Camera, Gianfranco Fini. Da quello scranno fondó addirittura un partito ovviamente ignorato dagli italiani. Da quello scranno non riuscì a nascondere la sua delusione quando, per un pelo, nel dicembre del 2011, l’allora premier vide confermata la fiducia delle camere. Non ricordo allora pensose articolesse sull’inopportunità istituzionale e politica: del resto bisognava abbattere Berlusconi, e ogni mezzo era buono. Perfino esaltare come coraggioso l’attivismo di un ex fascista cognato di Giancarlo Tulliani.
Come spesso capita in democrazia, sfondato un argine non lo si ricostruisce più. Ricordiamocene la prossima volta, prima di cercare riparo a Dubai.
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