Partiti e politici

Che malinconica fine per Pisapia, specchio di un piccolo potere

22 Novembre 2017

Quest’estate ci siamo lasciati su un azzardo dello scrivente: «Occhio perché Pisapia è un osso», si titolò sull’avvocato milanese compiacendone un poco un complesso di cose che comprendevano serietà, tigna, senso del rigore, e anche la sua ben nota permalosità. Inevitabile fu riferirsi al calcio dei nostri tempi, quando l’epiteto venne modellato su uno dei più grandi dello stagno cacciavite, il bergheimer Donadoni che mai mollava osso (e pallone). Sono stati passati i mesi necessari per capire se quell’azzardo avesse anche un vaghissimo senso, anche perché – allora – non furono in pochi a farsi prendere da un certo entusiasmo per la discesa in campo dell’avvocato milanese che sfidava convenzioni politiche ormai cristallizzate da tempo. Un abile sceneggiatore farebbe partire il nostro film dalla scena finale: Giuliano Pisapia e Matteo Renzi che escono da un incontro comune e informano il pubblico pagante dell’avvenuto accordo che porterà entrambi a comporre liste amiche, in nome e per conto dell’obiettivo più alto possibile: far vincere il centro-sinistra alle prossime elezioni. A questo punto, lo sviluppo cinematografico affiderebbe allo spettatore il compito di tracciare il percorso a ritroso, scena dopo scena, quella trama narrativa che ha portato a un esito così felice. Ognuno di noi, con quel minimo di ingenuità che ogni elettore medio coltiva ancora nel suo cuore (sperando sempre il meglio per sé), segnerebbe le tappe di un fitto lavoro di tessitura che via via sottrae rancore alla sinistra-sinistra, convince una parte degli odiatori seriali a stemperare i toni, riporta ragionevolezza in quei luoghi oscuri. Al tempo stesso, lo spettatore ancora travolto dal suo stesso sentimentalismo, non farebbe mancare a un film di quella portata il valore aggiunto dell’avvocato Pisapia all’interno del mondo renziano, e cioè quei cambiamenti sostanziali a politiche ch’egli stesso aveva definito di destra. Prossimi alle feste di fine anno, il produttore di questo simpatico cinepanettone lo porterebbe nelle sale con il seguente titolo: «Natale al Nazareno».

Anche in questa storia incredibile, c’è un senso altissimo per l’elettore: essere stato escluso da qualsiasi considerazione politica e umana. Perché da sceneggiatori ingenui e sprovveduti quali siamo, abbiamo costruito una trama molto, moltissimo logica, ma totalmente priva di riferimenti reali. Perché niente di tutto quello che abbiamo onestamente immaginato è mai successo. Se non la scena finale: Pisapia e Renzi che escono da un luogo virtuale e raccontano di aver siglato un accordo in nome del ricongiungimento ideale delle sinistre. Solo che Pisapia ha “firmato” un accordo solo per sé, senza avere dietro le spalle neppure un modesto suiveur. Neppure un distratto appartenente alle varie sigle della sinistra-sinistra che gli abbia detto: ok Giuliano, ci sto. per cui, a questo punto della storia, da pervicaci estimatori di Giuliano Pisapia, gli rivolgiamo solo una domanda tutta politica: “Caro Giuliano, pensi di esserti comportato bene?”

Aveva garantito altro, molto altro, Giuliano Pisapia. Doveva essere una spina nel costato di Renzi, certo con l’idea altissima – alla fine di un percorso tormentato e produttivo in termini di confronto – di arrivare a una mediazione virtuosa. Non si voleva lo scalpo dell’ex sindaco toscano, come qualche scriteriato chiedeva, ma il riconoscimento pieno di una cessione parziale di potere, quel potere assoluto che Renzi si illudeva di detenere in nome di tutti. Doveva essere un “tavolo” vero, perché la simbologia conta in politica, in cui sedersi e alzarsi magari alzando la voce e poi rimettersi a dialogare e solo alla fine, se tutti soddisfatti, alzarsi e stringersi le mani in favore di telecamera. Un’altra fatica toccava all’avvocato Pisapia, visto che la legge elettorale evita, di fatto, l’esame dei contenuti, e porta di fatto tutta l’attenzione sulle persone (da votare). Le persone, appunto. Indicarci persone meritevoli, scelte con attenzione certosina, con vite professionali ragguardevoli, senso etico, decoro complessivo. Non è uscito un solo nome in questi mesi. Nessuno riconducibile alle idee di Giuliano Pisapia. Ci si è protetti invece con le solite litanie politichesi, si facevano parlare sui quotidiani “le persone vicine a Pisapia”, il cui recordman è tal Smeriglio che ha avuto il suo bel quarto d’ora e che ora può tornare dimenticato come merita.

Come è potuto accadere, gentile avvocato Pisapia, che lei abbia tradito le nostre attese? Sappiamo, naturalmente, che da un certo momento in poi il soccorso rosso è arrivato da Bologna, dove il professor Prodi, vista la malaparata, ha preso sulle sue spalle la situazione e probabilmente nel prossimo futuro ci indicherà persone, pur restando discretamente nell’ombra. Ma proprio a lei, avvocato, toccava chiudere un cerchio, iniziato molti mesi fa con la passione che le abbiamo riconosciuto. E sarebbe stato bello, sì, semplicemente bello, chiudere il cerchio con un meraviglioso passo all’indietro, riconoscendo un’impotenza, che poi sarebbe stata l’immagine perfetta, a misura di politica, per la sinistra di oggi. Invece, in qualche misura, lei si è fatto risucchiare dal Potere, quello piccolo di Roma, noi che a Milano abbiamo sempre volato un po’ più alto. Una grande occasione persa, ammettiamolo.

 

 

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