Partiti e politici

Che la sinistra si prenda almeno il merito di aver salvato il puttaniere

12 Marzo 2015

Non giocheremmo un penny sul sincero dolore del vecchio puttaniere, rimesso in asse dal trionfo processuale, nel momento in cui gli hanno comunicato che i vescovi ne rispettavano l’esito giudiziario, ma al tempo stesso lo (ri)consegnavano al pubblico ludibrio come il vecchio porco planetario che conosciamo: «La legge arriva fino a un certo punto – ha detto monsignor Galantino, segretario della Cei – ma il discorso morale è un altro». È proprio in questo sommo agitarsi, tra chi si è seduto sugli spalti con il codice penale tra le gambe in attesa dei ceppi e chi, invece, ne ha sempre fatto solo una insormontabile questione etica, di costumi scostumati applicati alla vita di un potente delle istituzioni, che Berlusconi ha potuto ritagliarsi, persino oltre le sue possibilità e il suo impegno personale, un’invidiabile nicchia di privilegio in cui sedersi e godere di quella confusione politica.

Nel suo caso, è la storia che si ripresenta sempre nello stesso modo, con i suoi avversari, rapidamente trasformati in nemici, a sbagliare quasi costantemente il tempo delle scelte. Nel vicenda di “Ruby Rubacuori”, di quel mulinello di perdizioni sessuali che hanno messo a repentaglio la sicurezza nazionale, si è scelto, anche con l’aiuto di certa stampa, di assecondare la via giudiziaria, affiancando pedissequamente i giudici che lo avevano messo nel mirino, in luogo di combattere la vera, grande, battaglia politica per chiedere le (opportune, inevitabili, doverose, legittime, tutte parole care fuori dall’Italia, ma che da noi valgono zero) dimissioni. Si doveva arrivare anche ad azioni forti, di effetto civico; quelle dimissioni, le dimissioni di Berlusconi, erano un atto dovuto al Paese, che nessuno avrebbe potuto mai confondere con il solito giustizialismo da quattro lire. Che la sinistra non ha ottenuto per un semplice, ma decisivo, motivo: perché quella battaglia non l’ha mai neppure iniziata.

Questi vent’anni, con forme nuove e in situazioni ogni volta diverse, la sinistra ha sempre messo in atto il solito giocherello autolesionista: urlare al dittatore, denunciandone la deriva, per poi, alla prova dei fatti, lasciarlo nella sua oleosa brodaglia. È persino faticoso ricordare la storia ormai rancida della legge sul conflitto di interessi, che vista oggi pare mesozoica ma che in realtà presenterebbe – intatte – tutte le sue prerogative. Insomma, la sinistra ha avuto occasioni su occasioni per regolarla con giudizio ed equilibrio, avendo serene maggioranze per poterla approvare, ma alla fine la legge sul “suo” conflitto di interessi l’ha dovuta fare lui stesso, Berlusconi!, una cagata di legge che nessuno neppure ricorda più.

Questa pulsione autodistruttiva della sinistra, applicata alla figura dell’ex Cavaliere, deve avere in sé un elemento antropologico, qualcosa che tiene insieme una sorta di (inconsapevole?) ammirazione per quella forza luciferina di rappresentarsi come il salvatore della patria, il timore che, finita la sua storia, finisca malinconicamente anche la propria, e soprattutto l’asfittica prospettiva di non saper immaginare il futuro dopo Berlusconi. Un nemico troppo straordinario per poterlo perdere, una vera ragione di vita in vita, una splendida giustificazione per coprire le vere debolezze interne.

Riconsegnato a nuova vita a quasi 79 anni, è giusto che la sinistra se ne prenda (quasi) interamente il merito, perché se era per Verdini & C. il Cav. era al gabbio da un bel pezzo. I suoi lo hanno fatto costantemente sbandare, la sinistra lo ha sempre rimesso in carreggiata, sbagliando tutti i passi possibili. Adesso, buoni ultimi, sul carro vorrebbero salire anche i vescovi, che pure hanno i loro pedofili da sbrigare. C’è semplicemente da aggiungere che a differenza loro, Berlusconi la morale non l’ha mai fatta a nessuno. Bella forza, direte voi, con quello che ha combinato lui, con tutto il puttanesimo che ha impiantato ai nostri tempi, si è tenuto prudentemente in silenzio. Sbagliato, sotto questo cielo il nostro non ha mai dato segno di voler giudicare le altrui magagne. Si è semplicemente creduto uno statista. E la sinistra, sì, gliel’ha fatto credere.

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