Partiti e politici
C’è un combinato nascosto: se vince il sì, la costituzione non cambia più
Molti sostenitori del Sì riconoscono alcune (chi più, chi meno) imperfezioni e incongruenze della riforma ma sostengono, per convincere i titubanti, che poi se qualcosa in effetti funzionerà male si potrà sempre porvi rimedio in un momento successivo.
L’articolo 138 della Costituzione però non verrà modificato e continuerà a regolare l’iter di approvazione delle modifiche alla carta. Esso è concepito per cambiare la Costituzione di un sistema bicamerale perfetto. Dove le camere hanno le stesse funzioni, sono legate allo stesso modo all’esecutivo, hanno elettorati attivo e passivo pressoché coincidenti e siano soprattutto elette contemporaneamente.
Le maggioranze necessarie per apportare modifiche alla Costituzione sono, come abbiamo visto negli anni, molto difficili da raggiungere e possono diventare quasi impossibili con il nuovo Senato che sarebbe introdotto se passasse la riforma.
È altamente probabile che le due camere si trovino ad avere maggioranze diverse che potrebbero addirittura variare tra la prima e la seconda lettura, visto che il Senato non “scade” mai. La convergenza tra le due camere è quindi tutto fuorché garantita. Il Senato inoltre non ha rapporto fiduciario con l’esecutivo e quindi il governo avrebbe uno strumento in meno per “convincere” il senato a votare in un certo modo.
Siamo abituati a pensare, e la campagna elettorale del Sì lo ha spesso sottolineato, al rapporto fiduciario come a un guinzaglio all’esecutivo ma in realtà è un legame bidirezionale e in sua assenza il governo perderebbe quello che gli scienziati politici chiamano il dissolution power e che è uno strumento che può servire a “disciplinare” un ramo del parlamento. Ramo del parlamento che anche con la riforma mantiene un potere legislativo significativo su molte materie importanti oltre alle leggi Costituzionali e spesso controverse, come la legge elettorale.
Immaginiamo, ad esempio, un Senato con una maggioranza di partiti antieuropeisti chiamato a pronunciarsi sulla ratifica di un trattato dell’Unione Europea: può rifiutarsi ad libitum e il governo non ha nessuno strumento istituzionale per sbloccare la situazione. Non può minacciare il termine anticipato della legislatura, perché appunto i senatori scadono solo al termine delle rispettive legislature regionali.
Tutto questo potrebbe succedere con buona pace di chi elogia la riforma per l’eliminazione del doppio voto di fiducia perché toglierebbe di mezzo un veto player. In realtà avremmo creato un veto player ancora più potente e slegato dal governo che potrebbe mettere un bel bastone tra le ruote, altro che sabbia negli ingranaggi.
Questo è vero per tutte le future leggi bicamerali ma tanto più vero per le future modifiche costituzionali.
Pensateci quindi bene, di questa riforma dovete essere molto convinti perché d’ora in avanti sarà molto più difficile cambiare la costituzione e rimediare ad eventuali pasticci.
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