Partiti e politici
C’è forse qualche speranza per l’opposizione: ecco perché
Abbiamo assistito qualche settimana fa al risultato delle elezioni spagnole. Centro-destra (con la destra di Vox) e centro-sinistra (con la sinistra di Sumar) si equivalgono in termini di consensi e di seggi. Governo in bilico, dunque, con l’area vicina al PSOE in grado di avere una risicata maggioranza soltanto se in alleanza con i partiti catalani e baschi.
A prima vista, una situazione totalmente differente da quella nostrana, con Fratelli d’Italia e alleati nettamente in vantaggio (intorno al 46%) ed una opposizione divisa in mille rivoli. Secondo i primi sondaggi post-agostani, abbiamo il Pd vicino al 20%, i 5 stelle poco sopra il 15%, verdi+Si, Calenda e Renzi tutti compresi tra il 3 e il 4% dei consensi. Le probabilità che il governo Meloni finisca l’attuale legislatura e riesca a restare in vantaggio anche in quella successiva (dal 2027 fino addirittura al 2032) paiono al momento piuttosto consistenti.
La situazione per il Partito Democratico e per le restanti forze politiche, che vorrebbero contrastare efficacemente questo trend di indiscutibile dominio della destra, è particolarmente negativa, né si intravvede all’orizzonte una possibile implosione dei partiti che attualmente formano la maggioranza di governo: se tutto va ovviamente bene per Fratelli d’Italia, anche Lega e Forza Italia (e lo stesso Lupi) non hanno alcun interesse a seminare zizzania all’interno della coalizione. In prima battuta perché non avrebbero alcun altra possibilità di contare così tanto all’interno della compagine governativa, sia in termini di ministri che di rappresentanza parlamentare (molto più ampia dei loro reali consensi elettorali), in seconda battuta perché il partito di Meloni gode di una fiducia sempre crescente, al contrario dei due-tre suoi partner, che stentano a migliorare la loro posizione elettorale.
Tempi duri dunque per l’opposizione, a meno che..
L’unica vera possibilità per loro, almeno dal punto di vista teorico, è proprio quella di seguire l’esempio spagnolo, nella composizione della coalizione. Come si è detto, sia nei risultati elettorali dello scorso anno, sia nelle attuali intenzioni di voto il centro-destra si posiziona intorno al 45% dei votanti, una quota molto simile a quella spagnola, appunto, con una partito-guida (là il PPE, qui Fratelli d’Italia). La reale differenza è quella legata all’opposizione. Se sommassimo le diverse forze di quest’area, arriveremmo ad un risultato complessivo di circa il 46-47% dei consensi elettorali; anche in questo caso un risultato molto simile a quanto accaduto nella vicina Spagna che, sempre in via teorica, potrebbe anche ambire a guidare il paese con una “sua” maggioranza.
Dove sta allora il problema? È presto detto: là c’è un partito forte, il PSOE, che fa da punto di riferimento dell’intera area di centro-sinistra, mentre in Italia il PD non ha (ancora?) raggiunto un appeal elettorale simile al suo omologo spagnolo. Soltanto quando il Partito Democratico riuscirà a diventare il vero punto di riferimento dell’area di opposizione, le cose potrebbero mutare in maniera simile alla realtà spagnola. Un PD al 30-35% si candiderebbe allora ad essere forza trainate dell’area oppositiva, e potrebbe portare con sé un consistente appoggio anche da parte degli altri partiti non assimilabili al centro-destra, così come accade tra le altre forze spagnole, attualmente vicine ad una alleanza con lo stesso PSOE.
Una speranza per l’opposizione anche nel nostro paese.
Università degli Studi di Milano
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