Partiti e politici
caro pd, dovevi sceglierlo tu Giorgio Gori
C’è un tormentone che perseguita da mesi gli elettori lombardi di sinistra come me e si va facendo sempre più assillante, mano a mano che si avvicina la data del voto: “dovete votare per Giorgio Gori, altrimenti vince Fontana“.
Questo argomento del “voto utile” ha, nel caso delle elezioni regionali, una sua innegabile ragionevolezza: si elegge direttamente un Presidente, i sondaggi danno i candidati del Pd e della Lega molto davanti a tutti gli altri; non c’è (purtroppo) un secondo turno, ma si può fare il voto disgiunto; e, sebbene su alcune scelte politiche fondamentali Gori non sembri promettere una reale discontinuità con le precedenti amministrazioni di destra, c’è sicuramente una notevole differenza di stile e di valori tra i due avversari, soprattutto sui temi della laicità delle istituzioni pubbliche e dell’immigrazione.
Giorgio Gori ha infatti inserito nel suo programma “la piena applicazione della legge 194/78 in tutti gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate“, un’intenzione che dovrebbe essere ovvia ma, nella regione della sanità “ciellizzata”, non lo è stata da decenni; inoltre il sindaco di Bergamo è stato un convinto sostenitore della campagna “Ero Straniero“, ha praticato l’accoglienza nella sua città attirandosi le dure critiche della Lega e ha avanzato proposte interessanti sull’immigrazione.
Su questo tema, in un certo momento è sembrato addirittura che Gori potesse diventare l’alfiere di un nuovo paradigma: nel suo discorso pronunciato in Vaticano il 10 dicembre 2016, egli propose un piano nazionale di accoglienza e integrazione dei migranti che riconosceva il carattere strutturale del fenomeno migratorio e ne disegnava una nuova gestione, basata su una maggiore distribuzione dei richiedenti asilo sul territorio, una più veloce definizione dello status, un’accoglienza fondata su formazione (linguistica e professionale) e lavoro volontario e, infine, la possibilità di un breve “permesso temporaneo per ricerca lavoro” concesso ai diniegati (cioè coloro che si vedono rifiutato l’asilo) prima del definitivo rimpatrio, possibilmente “assistito“.
Il referendum costituzionale si era appena concluso; Renzi aveva rassegnato le dimissioni e un nuovo governo si andava formando: era certamente il momento ideale perché il sindaco di Bergamo venisse chiamato a Roma a realizzare le sue innovative proposte. Le cose, però, andarono in un altro modo: il nuovo Ministro dell’Interno, Minniti, scelse la via del blocco degli arrivi e del rimpatrio forzato dei diniegati come soluzione del “problema” e su questi obiettivi sta concentrando, da allora, tutte le sue energie.
Il Partito Democratico, azionista di maggioranza del governo Gentiloni come lo era del precedente, non scelse Gori: oggi, dunque, nel suo programma elettorale il candidato alla Presidenza della Lombardia può solo riaffermare la sua visione dell’accoglienza, dicendosi però consapevole che “non può essere attuata nell’ambito delle competenze regionali, ma deve essere varata in ambito nazionale e, per diversi aspetti, europeo“.
Tra poche settimane, concluse le elezioni, sapremo se Giorgio Gori sarà il nuovo Presidente della Lombardia o se rimarrà nella sua città a fare il sindaco; ma vedremo anche formarsi una nuova maggioranza e un nuovo governo, dei quali il Partito Democratico potrebbe far parte. Sarà questa l’occasione per vedere Gori interloquire autorevolmente col nuovo Ministro dell’Interno in qualità di governatore della più importante regione del Nord Italia, o magari entrare nell’esecutivo per attuare il suo valido piano per l’accoglienza? Ahimè, non c’è da sperarci.
Solo poche sere fa, nell’ennesima ospitata televisiva il Segretario del Partito Democratico, interrogato sul tema dell’immigrazione, ha affermato senza mezzi termini di preferire la strategia di Minniti a quella dei Radicali, sostenuta a suo tempo dal sindaco di Bergamo perché in completa sintonia con la sua visione: anche per il futuro, quindi, il Pd continuerà a non scegliere Gori.
Vorrei sommessamente fare presente ai vari esponenti del Partito Democratico i quali, con toni più o meno cortesi, invitano quelli come me a “non far vincere Fontana” che il razzismo e il leghismo si contrastano prima di tutto sul piano culturale: è inutile agitare lo spauracchio del candidato “difensore della razza bianca“, se poi a Roma si trasforma l’immigrazione in un problema di sicurezza pubblica da “risolvere” con respingimenti e rimpatri, secondo il più classico schema della destra.
Siete stati voi a non scegliere Gori, proprio quando sarebbe stato più utile per sconfiggere la crescente marea xenofoba generata da una gestione sbagliata dell’immigrazione: permettetemi allora di dubitare dell’utilità di sceglierlo io, oggi, sulla mia scheda elettorale.
(immagine dal web)
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