Partiti e politici
Caro Cuperlo, se è Renzi che vi tiene in vita abbiate l’onestà di ammetterlo
L’orazione funebre con cui Gianni Cuperlo ha cristallizzato il rancore che unisce la minoranza dem a Matteo Renzi, poteva essere la straordinaria pagina finale di un rapporto mai nato. Affidata al più intellettuale del gruppo, le lenti calate sulla discesa gibbosa del naso, il tono sottile e diretto, il riconoscimento di certe virtù – la sincerità, non certo la buona fede – per disvelare terribili debolezze del Capo. A un esercizio di stile così raffinato, non ne potrebbe seguire un altro e poi un altro ancora, di direzione in direzione, con il rischio che all’ultimo, ginnico, saggio oratorio il pubblico abbia interamente lasciato la sala. Un intervento di questo tipo, dell’ultimo tipo, prelude a una separazione. Definitiva. Legittima. Sacrosanta. Invece, come molti di voi già sospettano, ascolteremo ancora tante parole, non tutte auliche come quelle di Cuperlo, ma tutte inutilmente spese a tenere in vita la propria autocertificazione estetico-politica.
Temiamo che Cuperlo e gli altri dissidenti vivano nell’illusione di avere diritti sul partito, sulla sua storia, sull’eredità. Che pensino addirittura d’essere loro indispensabili ai valori fondativi, più di quanto possa toccare a quell’usurpatore di Renzi. Si dice sempre che i veri “padroni” delle imprese sociali sono i cittadini. Lo si dice per i giornali, chiamandoli lettori, lo si dice a maggior ragione per i partiti, dove diventano elettori. C’è stato in questo tempo renziano, una vera, approfondita, ricerca che abbia stabilito in quale misura i cittadini sono disponibili a cedere porzioni di territorio e di diritti ai vari Cuperlo, Speranza, Bersani e compagni? Se è stata fatta, il risultato di questa ricerca resta avvolto nel mistero, ottima cosa per la minoranza dem che in questo modo può sostenere d’essere ampiamente rappresentata nel Paese, laddove invece non parrebbe, se non per un rispettabilissimo diritto di tribuna. Si parla spesso di un campo largo al di fuori del Partito Democratico, che parte dal dieci e può finire addirittura al quindici, ma se poi immagini un uomo o una donna che abbia la potenza narrativa per convincere una percentuale così larga, non un solo nome ti riesce di pronunciare, pena i lazzi del tuo vicino di scrivania.
Sì, Matteo Renzi ha più diritto di voi di stare lì dove sta. Perché si è conquistato i numeri con la forza e la disinvoltura che tutti gli riconoscono. Perché ha molta più aderenza di voi con il Paese, e non perchè il vostro sia più brutto del suo – il suo onestamente sta tra Stenterello (“personaggio fiorentino chiacchierone e impulsivo”) e Cupertino – ma perchè conosce gli italiani molto meglio di qualunque sociologo e certamente ne vuole allietare le giornate in maniera più lieve e divertente di quanto possiate incupirgliele voi. In tutto questo – fatevene una ragione – la politica non c’entra più nulla, la politica è scomparsa, fucilata sul campo, e così i valori di riferimento ai quali vorreste ancora ispirarvi. Che importanza hanno i valori della sinistra se è la sinistra a non esserci più? E non perchè, o almeno non solo, perchè il segretario del Partito Democratico di quella sinistra lì non gli interessa granché, ma perchè è faticoso dover ogni volta combattere una battaglia senza fine per imporne il rispetto. La più grande operazione di Renzi è aver confuso i confini dei diritti, aver portato lo stile e i comportamenti conseguenti su crinali del tutto improvvisati e inediti, così lontani dalla buona educazione che l’indignazione lascia sempre il passo a sincera stupefazione. Caro Cuperlo, voi volete insegnargli ancora come si comporta a tavola al tempo dello street food. Qui si mangia con le mani e alla fine ci si succhia anche le dita.
Per stare insieme, ancora insieme, ci dev’essere almeno una grandissima ragione. Una Ragione su tutte. Quale è, di grazia, la vostra, perchè davvero non se ne vede una così potente da tenere insieme una comunità che ha codici ormai totalmente diversi. Forse il rancore? La difesa del popolo della sinistra smarrita? Ma alla fine, sorge spontanea una domanda: siete così sicuri di essere gli eredi di una grande storia passata?
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