Partiti e politici

Carlo Calenda si è perso il liberalsocialismo

5 Marzo 2023

Carlo si è perso. Può sembrare un refrain di De André, invece è cronaca politica. E dire che Calenda era partito bene, anzi benissimo. Nel primo e sinora unico congresso del suo partito aveva tratteggiato un’identità forte e si era candidato a rappresentare un desiderio di innovazione diffuso. Carlo Rosselli e l’Italia di domani. Al punto che se oramai le assise di partito interessano – generalmente poco – solo i delegati che vi prendono parte, Azione era riuscita a imporre temi, metodo e, soprattutto, la propria presenza nel dibattito politico. Un riformismo da battaglia, attrezzato, forse anche troppo, allo scontro con il populismo di destra e di sinistra. Un riformismo intransigente, anche nei confronti di altri riformisti ritenuti un po’ troppo disinvolti nelle frequentazioni internazionali. Era appena un anno fa.

Quella carica ha portato Calenda a rappresentare una novità, forse l’unica, nel film già visto e non solo per questo dal finale scontato dello scontro Letta-Meloni.

E alle politiche di settembre ha pagato: 7,79% alla Camera e poco meno al Senato, oltre 2 milioni di voti raccolti. Con picchi del 23% a Milano. Forse non un punto di arrivo, ma di certo un ottimo punto di partenza. E poi? Carlo si è perso.

In meno di 10 mesi si è passati da citare Carlo Rosselli a candidare Letizia Moratti al Pirellone. Dal socialismo liberale al moderatismo popolare. E non è una questione per gli appassionati del pensiero politico, ma estremamente concreta. A settembre Azione era la novità, capace di accendere entusiasmi anche (ma non solo) tra i più giovani, a febbraio, con la Moratti candidata, era un lungometraggio già visto anni fa. E non un cult, considerata l’ultima infelice corsa di Letizia per tornare a Palazzo Marino nel 2011. Ma torniamo all’attualità. Liquidate sommariamente le analisi della sconfitta, resta il magro bottino in termini di numeri e di risultato, con un solo consigliere eletto.

E ora la corsa non è più per lanciare una sfida, ma per sopravvivere. Si corre verso il piccolo grande centro popolare con Italia Viva, aperto a chi ci vuole stare (chi?). Con una doppia speranza: giocare un ruolo nella dissoluzione (sempre certa e spesso annunciata, mai avvenuta) di Forza Italia e raccogliere i voti dai democratici in fuga dallo spostamento a sinistra della segreteria Schlein. “Una prateria” per gli inguaribili ottimisti. Se non fosse che i moderati di Forza Italia per ora stanno con Silvio e plaudono alla Meloni, domani, forse, chissà, potrebbero fare il contrario: plaudire Silvio e stare con la Meloni. I riformisti del Pd avranno di che storcere il naso dalla cura Schlein e dalla ritrovata sintonia con i 5 stelle? Può anche darsi, ma per guardare al Terzo Polo oggi dovrebbero fare un salto acrobatico degno di Gimbo Tamberi.

Mentre l’unica acrobazia all’orizzonte sembra essere quella necessaria a superare lo sbarramento del 4% alle Europee. Obiettivo realistico se in quella “prateria” non si troverà a pascolare nulla di più credibile, innovativo, coerente.

Certo se lo scopo era “dare un futuro a chi non ce l’ha” se ne è fatta di strada da allora: purtroppo nella direzione sbagliata.

Perché Carlo, nel frattempo, si è perso.

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