Partiti e politici

Cari vecchi del Pd, attenzione: lo yuppismo renziano piace a tanti giovani

29 Agosto 2015

Conoscendolo un po’, dev’essere stata dura per Massimo D’Alema farsi strapazzare da un ragazzino senza storia come questo Luca Lotti che generosamente lo ha invitato a candidarsi alle primarie del 2017 quando, per la cronaca, il vecchio Max avrà toccato le 68 primavere e completato anche le marchette pensionistiche. Parrebbe così plasticamente rappresentato il ricambio generazionale di questa epoca così spiccia, in cui i giovani si fanno largo con il garbo che notiamo rispetto ai “vecchi” che non ci  vogliono stare. Che questo signor Lotti sia investito da una certa «mala educacion» è cosa abbastanza nota nel mondo politico e lo ricorda bene Giulio Anselmi che dal giovinotto in questione si vide trattato al telefono come una pezza. Doveva conferire sui problemi dell’editoria, da presidente della federazione, finì per urlargli nella cornetta quattro cose alla Giulio Anselmi che Lotti probabilmente si sogna ancora la notte.

Il problema a sinistra dei moltissimi che c’erano prima di Renzi, di Lotti, di Boschi, di Carrai, di Guerrini, di Serracchiani, eccetera eccetera, è un problema soprattutto di riconoscimento e di accettazione. Certo è anche un problema di contenuti, e quelli del nuovo segretario si sono rivelati spesso particolarmente ostici al vecchio mondo. Ma in realtà i modi, gli stili, gli atteggiamenti liquidatori, hanno preceduto di molte incollature quei contenuti e li hanno resi, prevedibilmente, ancora più indigeribili. Persino al di là della sostanza delle cose, del loro vero spessore. Matteo Renzi, questo gli va ascritto a merito, non ha mai tentato di arruffianarsi la vecchia guardia in modo classico o, se lo ha fatto, quelle operazioni avevano il sapor dello scherzo, come quando chiese a Cuperlo di dirigere la “sua” Unità e il mite Gianni rifiutò. Del resto, i saltatori della quaglia alla Orfini, e ce ne sono molti altri, non avevano bisogno evidentemente di null’altro ch’essere richiesti al tavolo della direzione e prenderne la presidenza. Un capitolo a parte meriterebbe il tessitore Guerrini, che in una recente intervista Geronimo Pomicino, conoscitore sommo del mondo democristo, definì con perfida precisione “un andreottiano di Lodi”. Ecco, se possibile, proprio il vice segretario dai capelli argentei rappresenta la sintesi massima di questo nuovo renzianesimo, considerando la traversata dall’andreottismo lodigiano al renzismo di Largo del Nazareno la plastica rappresentazione del rovesciamento dei mondi.

Il mondo dei giovani vede in Renzi una buonissima risorsa per il futuro. E di questa visone i “vecchi” del Pd, intendendo per vecchi non solo gli ultra sessantenni alla D’Alema ma anche i quaranta-cinquantenni di esperienza politica, devono tenerne conto. Devono tenerne conto soprattutto per non perdere il contatto con le nuove generazioni, che in tutta franchezza fanno molta fatica a comprendere le pieghe di questo scontro interno al Partito Democratico. Qui parliamo di giovani che non necessariamente si occupano di politica o che hanno della politica un’idea altissima. Parliamo di una generazione che si affaccia al mondo del lavoro con molte speranze e ha davvero poco tempo da spendere nelle beghe quotidiane che alimentano malinconicamente le pagine dei giornali. Ai giovani di buoni studi, ripetiamo di buoni studi e magari anche in ipotetica carriera, la disinvoltura di Matteo Renzi piace molto, se ne sentono parte, la considerano un valore primario per farsi largo nel mare magno delle opportunità. Non concepiscono che altre generazioni, precedenti alla loro, si pongano di traverso, mostrando un egoismo che una società compiuta non dovrebbe prevedere.

Su questo slancio vagamente liquidatorio del passato, vissuto come un armadio pieno di cose vecchie che ormai non servono più, e su uno scontro generazionale che semmai ha interesse ad alimentare e non a sopire, il premier sta costruendo parte consistente del suo consenso. Certo, anche all’interno del mondo giovanile si sta creando una divaricazione, tra una classe socialmente più attrezzata in termini di studi e di condizione economica e i moltissimi giovani che hanno la strada completamente in salita. È come se il renzismo, interpretato magistralmente e tamarramente dai modi  spicci di quel tal Lotti, chiamasse i giovani a una nuova lotta di classe, questa volta rovesciata, dove una certa ribollita di yuppismo riprendesse magicamente la sua funzione che si credeva ormai dispersa nella storia.

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