Partiti e politici
Capponi alla ligure
Poche musse, in Liguria per il centro sinistra è andata proprio male, anche al di là di quanto in testa testa possa far pensare.
C’era in campo uno dei pesi massimi del partito democratico, più volte ministro e grande elettore di Elly Schlein. Soprattutto, Andrea Orlando doveva tirare un rigore: la giunta Toti è stata sciolta dalla magistratura; il candidato, ottimo sindaco di Genova (che però a Genova ha perso), era quello più in continuità con l’operato totiano. Soprattutto, Marco Bucci è purtroppo una persona malata di un male così grave che rischia di non fargli terminare la legislatura. Ovviamente ci auguriamo il contrario, ma la politica è uno sport fisico, di contatto, e la fitness è parte integrante dell’appeal di un candidato. Ciononostante, il centro sinistra non ce l’ha fatta.
Molti invocano, non senza alcune ragioni, le divisioni tra i partiti, in particolare il veto di Conte ai renziani. È ora di fare una volta per tutte chiarezza su un tema che ormai ha stufato: in politica oggi si vince con le ammucchiate, con il “noi” contro “gli altri”. Nessuno, assolutamente nessuno, a meno di possedere una leadership abbacinante cui oggi non si vede l’ombra, può permettersi di ignorare questa regola e di fare il sofisticato. Questa esclusione risulta poi via più grottesca, da sorellastre di Biancaneve, nel momento in cui chi esclude esprime un valore aggiunto elettorale per la coalizione prossimo allo zero. Si fa la figura dei treccartari, degli imbonitori che cercano di venderti a caro prezzo una merce che vale molto poco. Per questa ragione, lo spettacolo dei capponi di Renzo tra i membri del Campo Largo è un grottesco mercimonio che deve finire.
Raschiare le risorse della coalizione è condizione necessaria poi, ma non sufficiente, come il dato più rilevante di queste elezioni, un disastroso 45,93% di elettori che si è degnato di votare per un ente che tra le varie cose decide le politiche sanitarie anche di chi è rimasto a casa. Quelle liguri sono state elezioni pienamente post democratiche, in cui la capacità di mobilitazione dei partiti in una regione che bene o male è stata governata per moltissimo tempo dal centro-sinistra si è rivelata pari a zero. Nonostante gli scandali, il centro-destra è stato in grado di portare abbastanza elettori dei suoi (che tradizionalmente votano meno) per vincere, sebbene di corto muso.
Ci sarebbe molto da dire anche sul voto anziano, che diventerà una componente sempre più rilevante dell’analisi elettorale e della comunicazione politica, e che sicuramente ha giocato un ruolo in una delle regioni più vecchie d’Italia, ma ci sarà tempo, dacché il cambiamento è strutturale.
Per ora, il centro-sinistra rifletta sul fatto che nemmeno la combinazione peso massimo-scandalo giudiziario è bastato per rivincere, che di fronte a un Paese in cui i fronti di difficoltà sociale si stanno moltiplicando la voce dell’opposizione non arriva.
Toccherà fingersi morti e aspettare che la candela del centro-destra si consumi: la strategia dell’opossum.
Si può fare, molto, meglio.
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