Partiti e politici
Caos spagnolo: i socialisti si spaccano e il segretario Sanchez si dimette
Pedro Sanchez, segretario del PSOE, si è dimesso. Il leader dei socialisti è stato sconfitto dopo una tesissima riunione nel consiglio federale durata 11 ore. La sua mozione di un congresso straordinario per le primarie a fine ottobre è stata bocciata.
133 hanno votato no, mentre sono stati 107 i sì. Il fronte dell’opposizione nel PSOE, guidato dal presidente dell’Andalusia Susana Diaz, ha ottenuto la direzione provvisoria del partito, che sarà probabilmente affidata a Javier Fernandez, presidente delle Asturie.
I tentativi di mediazione tra opposizione e fedeli di Sanchez sono falliti. Il segretario del PSOE stava resistendo da giorni alle pressioni dei rivali. Ma nel consiglio federale tutto è andato storto.
Sanchez ha mantenuto con fermezza fino all’ultimo la posizione di non consentire un voto di astensione dei deputati socialisti per far formare un governo di minoranza al leader dei popolari Mariano Rajoy. “No è no” era la posizione granitica del segretario dei socialisti che ha tentanto di creare un “governo del cambio” con Podemos (e Ciudadanos). Scelta che ha visto l’opposizione sia di Susana Diaz sia di esponenti come Jose Luis Zapatero e Felipe Gonzalez.
L’insoddisfazione verso Sanchez era alta: nell’ultimo anno, ha firmato cinque sconfitte storiche per i socialisti (oltre a quelle nazionali, anche quelle regionali), facendo precipitare il PSOE dal 48% al 22,6%.
Si apre così una possibilità per Rajoy di costituire un governo di minoranza. I nuovi dirigenti potrebbero optare per una astensione sull’investitura di Rajoy e evitare un ritorno alle urne. I socialisti attualmente temono un nuovo voto in quanto risulterebbe, secondo i sondaggi, catastrofico: schiacciati a sinistra da Podemos e a destra da un Partido Popular in crescita. L’uscita di scena di Sanchez potrebbe portare il PSOE a limitare la spaccatura che si è creata. Rimane aperta l’incognita di governo in quanto non è certo che i socialisti abbiano la capacità di prendere una decisione sul voto in poco tempo. Entro trenta giorni ci sarà lo scioglimento automatico delle Camere e la convocazione di nuove elezioni a dicembre per la terza volta consecutiva.
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