Partiti e politici
Cachi d’Italia
Italia è un nome assai utilizzato oggi dai partiti politici in auge. È un nome prestigioso, in effetti. Indica una bella nazione, piena di cose pregevoli, dove si mangia bene, ci si vestirebbe bene, almeno dicono così, si fanno ottime vacanze, così parrebbe quest’anno, anche se si perdono i bagagli negli aeroporti. Tanta storia, questo sì. Molta fantasia, direi quasi genialità. Molti sfruttano un passato glorioso credendo di esserne eredi, come se l’intelligenza di Leonardo da Vinci o l’arte di Vincenzo Bellini fossero state trasmesse così, solo per appartenenza geografica a chi è venuto dopo.
I partiti politici usano quindi un marchio che di per sé sarebbe vincente. Uno dei più geniali è il solito Supersilvio, grande imbonitore mediatico, che coglie la febbre più diffusa nella popolazione della penisola, ossia gli appassionati di calcio e quindi, ormai molti anni fa, fonda un partito che rinchiude in sé uno slogan che incita a ribaltare la situazione sempre assai precaria dello Stato: Forza Italia, ma senza punto esclamativo, che è invece presente nell’urlo dei tifosi quando la squadra di calcio nazionale combatte per qualche coppa del mondo con squadre forestiere.
Forza Italia rinchiude in sé anche l’illusione di fare realmente qualcosa, uno sforzo, per il proprio paese, mentre tutto ciò che è stato fatto dal partito è stato pro domo sua, a cominciare dalle leggi ad personam del presidente. Ci sono ancora persone che cantano “Meno male che Silvio c’è” una ballata in 12/8 che ricorda una colonna sonora di un film buonista americano e che culla le illusioni di molti. I molti che si sono scordati “Una storia italiana” il giornaletto che era stato mandato in milioni di copie a tutte le famiglie italiane come biografia di propaganda ricco di foto del presidente, da quelle di famiglia, con mamme, mogli, figli e amici, a quelle coi grandi incontri della vita, vedi i presidenti americani e la gente che conta.
Tenetela a mente quella biografia, è esemplare. Naturalmente manca tutta la parte seconda, i suoi secondi quarant’anni, ossia le olgettine, Ruby Rubacuori, i servizi sociali, le bandane, le chirurgie estetiche, le cene eleganti, le fidanzate… potrebbe essere una buona idea pubblicarla oggi, ’sta storia italiana. C’è stato un intervallo in questo partito in cui il nome Italia venne surclassato dal più attraente “Libertà”, e quindi Popolo delle libertà (2009-2013): l’ex-cavaliere venditore di fumi e di milioni di qualcosa – come l’assegno che prendeva il Signor Bonaventura del Corriere dei Piccoli – ieri era il milione di posti di lavoro oggi è un milione di alberi, quando ha visto che non funzionava più è tornato sui suoi passi. Chi lascia la via vecchia per la nuova… Oggi Forza Italia è un po’ malconcio rispetto al glorioso passato, e mostra che la Forza non è più con lui, nonostante l’invocazione, e si avvia verso l’estinzione, anche perché il fondatore e presidente comincia ad avere i suoi annetti e il belletto non basta più. Né una nuovissima moglie giovane. Molti transfughi forzini andranno altrove, sempre in Italia, da qualche parte, in un parlamento ridotto (assai male).
Poi viene Fratelli d’Italia. L’incipit dell’inno nazionale non può che rimanere nel cuore di ogni italiano, lasciatemi cantare colla chitarra in mano. E coll’altra mano sul petto dove batte il famoso cuore orgoglioso di esserlo. Facile da ricordare per questo. L’astuzia della sua presidente (-essa? Come si dirà, oggi?) o di chi ne ha coniato il nome si ferma lì, perché poi tutto ciò che viene detto è roba assai vecchia, che non sta al passo coi tempi, mentre la società è andata avanti, si è informata. Negli anni Settanta si cantava Sono una donna non sono una santa, non tentarmi, non sono una santa. Oggi colei urla: Sono una donna, sono una mamma e sono cristiana. È uno slogan un po’ frusto, Giorgia cara, pensa a tutte quelle donne single che non sono mamme e non sono cristiane, pensa a quante te ne perdi. Infatti sono i Fratelli d’Italia, non le sorelle, un partito assai maschilista nonostante ci sia una presidente (-essa?) e varie pitonesse che la circondano ma che, per fortuna, sono Gorgoni in penombra. Sebbene chiamando sempre ad alta voce l’Italia e raccogliendo le frattaglie di chi ha voluto abbracciare, per ingordigia di voti, un elettorato del centro e del sud pur non conoscendo che arancine o amatriciane e facendosi dei selfie coi piatti regionali e colle varie madonne venerate nei tanti santuari nazionali, ma provocando una gaffe dopo l’altra, si arrocca sempre in opposizioni perché è comodo criticare senza aver nulla da proporre se non Dio patria e famiglia. Non vedo un grande futuro per i Fratelli, anche se al momento sarebbero favoriti, si vedrà a settembre: Settembre poi verrà ma non ti troverà (e piangeranno solo gli occhi miei). Anche qui l’Italia è un’occasione mal sfruttata.
Italia Viva è uno slogan quasi da pescivendoli, “Viva è, viva!”, come se si parlasse di un’aragosta. Anche perché ha dimostrato che è un partito di cadaveri che camminano, sempre più inviso a tutti, grazie all’opera del suo creatore, un petulante fiorentino, assai tipicamente fiorentino, (che si dà parecchie arie e che, sempre per quell’annoso vizio di considerarsi migliore solo perché ci si attribuiscono le qualità di qualcuno di geniale che casualmente è nato sul territorio italiano e ha costruito delle cose geniali rimaste in piedi nei secoli, ma non se ne possiede nemmeno una), invece che crescere e moltiplicarsi, come si vorrebbe di una cosa “viva” (come la Locomotiva di Guccini che poi alla fine fa boom), va estinguendosi inesorabilmente, a causa di proposte di referendum sbagliati e atteggiamenti da primi della classe assai antipatici. Una prece.
Poi ci sono coloro che guardano all’esotico e usano una lingua straniera in voga per attrarre adepti, hai visto mai: Italexit. Il fondatore, chierico vagante da leghe e stelle per poi approdare in un tunnel di uscita da qualcosa di cui non si rende manco conto, propone sempre il solito brand per usarlo chissà come, perché a parte l’uscita dai gruppi altro non sembra saper fare.
Altri effimeri tentativi di politici volenterosi che sono rimasti suggestionati dal nome Italia sono stati coloro che hanno fondato Futuro e libertà per l’Italia, il cui futuro è durato dal 2010 al 2015, preceduto nel 2009 da Alleanza per l’Italia, nato da alcuni petali di una Margherita troppo sfogliata da tutti, che però è riuscito a sopravvivere un anno di più. Anche la Margherita è appassita presto. Direzione Italia, fondato nel 2017, ha pensato bene di non cambiare direzione e di confluire nel 2019 nei Fratelli d’Italia, che potevano comprenderlo meglio di ogni altro.
È un giovane virgulto Coraggio Italia, formazione di centro destra formata da transfughi vari, che non può che proporre le solite cose che proporrebbe ognuno, senza grande originalità, non discostandosi molto da altri enti benefattori pieni di buone intenzioni e poi andati a sbattere contro la realtà del nostro paese. La famiglia è sempre presente, naturalmente, ma solo quella famiglia, non altre. Ci vuole coraggio.
Sempre il centro destra, assai affezionato al marchio, produce Noi con l’Italia. Voi invece chissà con chi. Loro, poi, meglio non parlarne, ma NOI siamo un’altra cosa e non riusciamo a stare se non con l’Italia, la mamma è sempre la mamma. Mentre invece sono le stesse persone che prima stavano in altri partiti che hanno fatto l’Italia a fettine. Ci vuole altrettanto coraggio di quelli di Coraggio Italia.
L’Italia, come entità astratta, è sempre al centro dell’attenzione delle destre, come per ricordare che c’è una nazione da difendere e che gli altri, i diversi da loro, non difendono. Fanno così breccia nel cuore dell’italiano medio che forse ha ancora la visione della patria avvolta nella bandiera tricolore, colla lancia in mano, sul fronte che difende i suoi figli dall’attacco dei nemici stranieri. Nemici stranieri che sono spesso visti come i migranti e i profughi, oggi, mentre Putin era un amico fino al giorno prima, per molti di loro. Le magliette indossate da certi capitani oppure cene eleganti con oligarchi in villoni sardi vista mare sono lì a testimoniare l’affetto passato, e oggi offuscato, verso le alte sfere zariste. Anche perché, va detto, la consapevolezza di essere europei da parte di molti cittadini italiani è assai labile. E le destre giocano proprio su questo, fanno leva su un orgoglio nazionale – patriottismo che viene fuori facilmente sul campo di calcio – e su frusti valori da sussidiario di scuola elementare di stampo fascista. In fondo agli elettori di queste formazioni qual è la cosa fondamentale che si chiede? Unicamente di identificarsi e di essere italiani. Non migliori, non più giusti, non più attenti, non più altruisti e meno egoisti. Solo di sentirsi italiani. Questo è il punto principale che sfugge alle sinistre di questo popolo campanilista e ignorante.
Se si andasse a chiedere a molti di questi politici di destra (ma anche a diversi di altri partiti, soprattutto nuovi e giovanilisti) se sapessero chi fossero stati Angelo Poliziano, oppure Alessandro Scarlatti, oppure Pietro Metastasio, oppure, più recenti, Ottorino Respighi, Gianna Manzini, Natalia Ginzburg, Anna Maria Ortese, forse alcuni risponderebbero che sì, in piazza Respighi ci ho anche abitato, poi mi sono spostato. In via Scarlatti ci stava mia zia, buonanima. È l’Italia…
L’etichetta Italia viene usata talora per liste civiche, associazioni di cittadini che possono andare dalle ricamatrici ai contadini (i Contadini d’Italia esistettero per davvero, come partito, dal 1920 al 1963, con una parentesi di scioglimento durante il fascismo, che d’Italia se ne intendeva parecchio), vince sempre, come la Pizza, il Chianti, il Cappuccino e molte altre cose come Rocco Siffredi.
La Giovane Italia, ormai è seppellita da due secoli di Storia. Si potrebbe fare una Vecchia Italia, un po’ stile vecchio scarpone quanto tempo è passato, magari truccandosi come i rappresentanti di Italia Viva o Fratelli d’Italia o altro, invecchiati e claudicanti, e andare a fare i comizi in giro così abbigliati, sulle spiagge, ai Papeete, alle Feste della Disunità, un’idea per Crozza e C. Oppure, molto più semplicemente e verosimilmente, creare un partito che raccoglierebbe un numero di iscritti impressionante: Povera Italia. Simbolo? Un’Italia incerottata e, magari, colle stampelle.
Benedetto Elio e la Terra dei Cachi.
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