Partiti e politici
Breve diario di viaggio nel paese del “minnifuttu”
Sono le 06.30 di un sabato qualsiasi. Prendo il primo treno per Reggio Calabria. Avendo la residenza lì, non posso fare altrimenti. Domenica si vota per il referendum sulle Trivelle. D’altra parte, il voto è una delle poche armi (l’unica?) in mano ai cittadini per incidere sulla gestione della cosa pubblica. Perché rinunciarci a priori? Vale la pena farsi qualche chilometro per esercitare un proprio diritto/dovere. Lo faranno in tanti, pensavo.
Ingenuo. In realtà diverse avvisaglie c‘erano state, da subito. Quando sono andato in agenzia a fare il biglietto, ad esempio, non volevano applicarmi lo sconto elettorale, sostenendo che non ci fosse alcuna votazione. “Ma per cosa si vota? Noi non sappiamo niente”, mi aveva risposto la procace signorina dall’altra parte del vetro, mentre era impegnata a discutere con la sua truccatissima collega su “cosa avrà sbagliato Simona Ventura per farsi eliminare dall’Isola dei Famosi”. Sarà un caso isolato, mi sono detto.
Premio impiegato dell‘anno. È vero. Il referendum è stato boicottato in tutti i modi. E non mi interessa qui difendere le ragioni del Sì o del No. Il fatto è che le informazioni sono state poche e sempre confuse, per usare un eufemismo. Valga per tutti, questo mirabile esempio di servizio pubblico andato in onda il 9 aprile scorso. Il protagonista è Gerardo Greco, giornalista Rai.
Non è un mistero poi che, nei giorni precedenti al voto il Presidente del Consiglio abbia apertamente invitato a non andare a votare. Gli aveva fatto eco il presidente emerito Napolitano, parlando dell’astensione come di una “decisione legittima”. Forse dimenticando che, qualche anno prima, era impegnato a sostenere l’esatto contrario in occasione della tornata referendaria su acqua pubblica e nucleare. Demenza senile, malafede o cosa?
Certo cavalcare l’onda dell’astensionismo è, soprattutto per un capo di governo, una mossa perlomeno inopportuna. Ma tant’è. La politica ha fatto il suo: i partiti interessati alla buona riuscita del referendum hanno cercato di informare i cittadini, gli altri hanno fatto “ostruzionismo”.
Ma noi cittadini, ci siamo interessati?
Non parlate al conducente. Non c’è da stupirsi, dovevamo saperlo da prima. Quello dell’astensione in Italia è il primo partito e non da oggi. “Tanto non cambia nulla, fanno sempre come gli pare”, è la risposta che ti senti dare quando chiedi a qualcuno perché non è andato a votare. Gli scandali di Palazzo ci hanno tolto la voglia di andare alle urne. Siamo disillusi e per nulla fiduciosi nel futuro. Eppure, invece che cercare di incidere sul cambiamento, ci siamo arenati. Lo stesso governo Renzi, solo una settimana prima, era stato travolto dalle intercettazioni dell’inchiesta Tempa Rossa. Petrolio, ancora petrolio. Ma ce lo siamo subito dimenticato. Sai com’è, l’abitudine.
Sarebbe stato il caso di farsi qualche domanda? Forse sì. E già che sarebbe stato così semplice, una crocetta sul Sì o sul No per far sentire la nostra voce, un minuto del nostro tempo per dire a questa classe politica che “sì, esistiamo anche noi e vorremmo decidere qualcosa sul nostro futuro”. E invece no, “tanto fanno sempre quello che gli pare”. Lasciamoglielo fare, senza disturbare troppo. Per favore.
P.S. (1). Oggi Matteo Renzi e il mai domo Napolitano sostengono che “bisogna mettere un limite alle intercettazioni”. Toh! Dovremmo forse domandarci perché? Ma no, che palle, tanto fanno sempre come gli pare e poi oggi c’è pure il campionato.
Sì, sì…no, mo’ me lo segno. E poi, in fondo io lo sapevo già che sarebbe andata così. Me l’aveva detto quel vecchio, fuori dalla scuola:
“Figghiolu, ma chi ‘sta facendu ‘cca?”.
In effetti ero arrivato molto presto al mattino, ma la giornata era così bella che avevo deciso di votare subito per poi godermi un po’ di mare. Già, il mare. Il nostro amico, pantaloni arrotolati, gilet nero, è in maniche di camicia. Fuma una sigaretta sgangherata ed ha un alito micidiale, tipo catrame. E sono le 7 del mattino!
“Ma veramente, sono venuto a votare”, faccio io..
“Ah, venisti mi voti? Aaaahhh, chi mi pinsava ieu!! Ma vidi che è presto!”.
“Presto? Tra cinque minuti apre il seggio”.
“Eeeehh, ma con calma! Che fretta c’è? Anzi, vuoi che ti dico una cosa? Vatindi (Vattene, ndr.). Va’, pigghiati nu’ bellu cafè e non tornare proprio. Futtattindi!”, disse sghignazzando.
Aveva, sì e no, tre denti.
“Ma, veramente preferirei aspettare. Cinque minuti, voto e poi vado a fare colazione con calma”.
“Tanto chi vinisti a fari?”, sentenziò. “Ricordati (sì, sì, mo’ me lo segno): noi – facendo un ampio gesto con le braccia, ad indicare tutte le persone presenti – non contamu ‘nenti!”.
“Non mi dirà anche lei che tanto fanno tutti come gli pare e quindi è inutile andare a votare?”.
“E perché, non è così? Tu che venisti a fare ‘cca? Te lo dico io: mi perdi tempo!”.
“In che senso, scusi?”.
“Io sunnu 40 anni chi non voto. E minnifuttu!”.
“Ma perché?”.
“Perché? Si mangiaru tutto! Nun vidi ‘ca, nun avimo nenti. Poi vene chiddu ‘ca te cerca ‘u votu, pi lu patre, lu cuginu. Ma sa’ facissi ‘nto culu!”.
“Sono d’accordo” – non proprio, ma… – “però in questo modo fa il loro gioco. E poi questa volta non deve votare per il cugino di nessuno. Stavolta si tratta del nostro mare!” (Sì, lo ammetto, è stata una semplificazione un po’ paracula, ma voi cosa avreste fatto in quella situazione ?).
“’U mare, solo chiddi ‘ndi resta!”.
“Bè, ancora per poco però” – paraculata n.2 – “magari se andasse a votare potrebbe fare la sua parte per cercare di salvarlo”.
Mi guarda perplesso. Rincaro la dose.
“Ma alla fine è già qui, che ci vuole? Due minuti e poi è libero di fare quello che vuole”.
L’ho convinto. Pensavo.
Mi guarda intensamente per trenta secondi che sembrano tre anni e poi, dopo avermi sbuffatto una gradevolissima nuvola di fumo in faccia mi fa: “Sai che fazzu ieu invece? Mi fumo in santa pace ‘sta sigarettedda e poi mi’ndi vaiu au bar mi jocu ‘a carti!”
“E… e il mare?”, gli dico io.
“Figghiolu, io ‘ndaiu sissantacicanni (ho 65 anni, ndr.), non ho un euro e minnifuttu ‘i tutti: ‘i Renzi, ‘i tia e ora come ora, pure du’ mari. Salutiamo!”.
Rimango per un attimo senza parole. Lo saluto con un cenno del capo. Nel frattempo il seggio era stato aperto, gli scrutatori e il presidente sorseggiano un caffè, aspettando i primi temerari pronti a sacrificare un minuto del loro preziosissimo tempo per andare a votare. Il paese è silenzioso. Sembra tutto fermo, immobile, uguale a sempre. E forse, in fondo, è proprio così. Tanto alla fine non cambia nulla, decidono tutto Loro. Nel paese del “minnifuttu”.
P.S. (2). Al termine delle votazioni, la Calabria è risultata essere una delle regioni con la più bassa affluenza alle urne insieme alla Sicilia, mentre tra le regioni nelle quali si è votato di più figura il Veneto. A conferma che le più interessate al referendum sarebbero state le regioni vicine al mare. Quando si dice “il fiuto giornalistico”. #Ciaone proprio.
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