Partiti e politici
Bondi, perché non seguire l’esempio (delle dimissioni) del suo ex collega Bray?
Il cantore del berlusconismo, il flautato poeta che esaltava le gesta eroica del Cavaliere, l’uomo che avrebbe giurato sulla bontà del Capo, ha fatto una scoperta: «In Forza Italia c’è una miseria morale». Sì, tutto vero: Sandro Bondi, attuale senatore della Repubblica, ha capito che qualcosa – sotto il profilo morale – non funziona nel partito in cui ha militato per venti anni senza battere ciglio.
Eppure è giusto, anzi doveroso, ricordare all’ex ministro dei Beni culturali che nel centrodestra la musica è la stessa da sempre. Anzi no. C’è una bella differenza: il potere, che prima c’era e adesso manca. Silvio Berlusconi, il “leader sciamanico” decantato dal poetico parlamentare, ha solo perso quel “tocco magico”, che vassalli di ogni genere gli hanno riconosciuto quando riusciva nel miracolo di moltiplicare voti e quindi seggi parlamentari. Appena il ciclo berlusconista si è avviato alla conclusione, i fedelissimi della religione berlusconiana hanno scelto un percorso di conversione, sconfessando tutte le preghiere rivolte in passato alla Chiesa di Arcore.
Insomma, anni di strenue difese nei talk show, a sostegno di qualsiasi teoria (compresa l’ardita tesi secondo cui inizialmente Berlusconi pensava davvero che Ruby fosse la nipote di Mubarak), sfidando tutte le intemperie giudiziarie ed etiche che hanno investito il Leader di Arcore, sono finite in poche settimane. L’allontanamento, in realtà, è stato graduale: l’uscita di scena è cominciata con l’assenza in televisione e con la rarefazione delle interviste in cui Bondi celebrava il leader. Che qualcosa non funzionasse, quindi, era ormai chiaro da tempo. E proprio per questo era apprezzabile il basso profilo mantenuto dall’ex ministro, anche per rispetto verso se stesso: una storia caratterizzata da una fedeltà di tipo mistico nei confronti di Berlusconi. Un’adesione totale e talvolta macchiettistica. Il silenzio, nella fattispecie, era davvero dorato.
L’improvvisa accelerazione bondiana ha quindi colto di sorpresa anche gli osservatori più avveduti, che hanno vissuto tempeste politiche di ogni risma. Era difficile immaginare la ribellione di un pretoriano così attento alla venerazione dell’uomo che gli ha permesso di costruire una carriera politica talmente importante da portarlo al Ministero dei Beni Culturali. Per questo motivo, nel caso specifico – quindi sottolineo che in generale chi cambia partito non è chiamato a dimettersi da parlamentare – concordo con quanti gli hanno chiesto le dimissioni da senatore. Magari seguendo il buon esempio dato da un altro ex ministro dei Beni Culturali, Massimo Bray.
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