Partiti e politici
Bilancio politico 2016: tutti perdenti, tranne Sala e Appendino
Ci sarà tempo per gli oroscopi politici, domani, per l’anno che verrà. Oggi traccio invece un bilancio su quello appena trascorso, sapendo che la mia opinione sarà probabilmente condivisa da molti: una specie di annus horribilis per la politica italiana. Sembra non essersi salvato nessuno, tranne qualche piccola eccezione locale.
Iniziamo dal Partito Democratico, che si è distinto nel 2016 per una serie infinita di negatività. A cominciare dal suo leader indiscusso, Matteo Renzi, che non è stato in grado di capitalizzare nemmeno in questi ultimi mesi il lascito di fiducia che il paese gli aveva elargito un paio d’anni fa, quando ancora rappresentava l’unica realistica àncora di salvezza per un deciso rinnovamento della politica italiana. Comportamenti e parole d’ordine ondivaghe, linee d’azione enfatizzate e presto riviste, come ha ben sottolineato Luigi Di Gregorio su queste pagine, scelte politiche e comunicative discutibili che hanno fatto storcere il naso a numerosi commentatori, ma anche a numerosi elettori. Dal jobs act fino al referendum costituzionale, passando per l’Italicum e la “buona scuola”, una serie di iniziative quanto meno mal comunicate hanno ridotto di molto quella antica fiducia da parte degli italiani. Difficile ora ripartire da zero, come se nulla fosse accaduto.
Ma le stesse minoranze dem non si sono certo distinte per condotte adamantine: il nemico molto spesso sembrava fosse quello casalingo, ed ogni pretesto è stato buono per creare conflittualità e confusione, a scapito di una unitarietà di fondo sottolineata a più riprese ma raramente praticata. Un Partito Democratico mai nato e, soprattutto, una linea politica e programmatica che rimane un’incognita, in attesa di svolte future.
Il Movimento 5 stelle, poi, era parso ad una significativa quota di elettori italiani un vero toccasana per riportare il paese verso orizzonti meno legati ai logori comportamenti della tradizionale casta politica. Ha avuto tra le sue mani la possibilità di mostrare come un’altra politica fosse possibile, a partire dai livelli locali, ma anche in questo caso disordini e litigi interni non hanno permesso di mantenere un’immagine soddisfacente né nella qualità della comunicazione né nella gestione della cosa pubblica né nella trasparenza delle sue decisioni, sia nel caso romano che anche in molti altri luoghi del paese. Anche per i 5 stelle, il futuro appare ora incerto e gli elettori non sono più disponibili a dar loro carta bianca, alla cieca.
Il centro-destra è stato in quest’ultimo anno l’emblema dello sfaldamento di una coalizione che, già si sapeva, era tenuta insieme dalla figura del suo “fondatore” Silvio Berlusconi. Con il suo appannamento politico, le difficoltà sono man mano cresciute, fino a giungere ai livelli quasi comici delle candidature multiple a Roma. Salvini, soprattutto, e Meloni cercano di far rivivere gli antichi splendori che però potevano contare su un capitale umano, e leadership, obiettivamente di altra caratura. In tempi brevi, per il centro-destra è ancora tempo di vacche magre.
Ribadita, en passant, la scarsa decisività dei rivoli centristi e di quelli della sinistra radicale, resta da sottolineare come siano tutto sommato soltanto due le figure che, in maniera differente, possono mettere come fiore all’occhiello la loro performance dell’anno che si sta spegnendo. I neo-sindaci di Milano e Torino, Sala e Appendino, si sono dimostrati finora persone capaci e affidabili nel continuare quell’opera di buona amministrazione delle due metropoli settentrionali, nonostante le remore iniziali di una buona parte dell’elettorato di quelle due città. Quasi solamente per loro il 2016 può venir ricordato come un anno positivo e portatore di speranze future.
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