Partiti e politici
Bersani continua a non capire il Movimento 5 Stelle. E Renzi ringrazia
C’erano giorni non troppo lontani in cui si potevano vivere gli ultimi sprazzi dei “partiti di massa” del ‘900, perché le loro sezioni erano ancora delle piccole agorà dove praticamente ogni giorno c’era chi si riuniva, dopo il lavoro o lo studio, per discutere di tutto ciò che accadeva in Italia e nel mondo, dalla politica ai grandi fatti di cronaca, magari concludendo la serata con argomenti frivoli come il gossip o lo sport, prima di tornare a casa per la cena. L’intento principale era quello di stimolare il proprio intelletto e nutrire il dubbio. Già, il dubbio: il vero grande assente di questo tempo di rarefazione del pensiero dominato da messaggi semplificati e superficiali, pulsioni e rabbia. Non me ne voglia il popolo dei circoli del Partito Democratico o i militanti di altri partiti di ogni colore e posizionamento, ma quel mondo non esiste più, se ne sente solo un’eco lontana e forse è anche giusto così.
In quegli incontri improvvisati, così come nelle partecipate assemblee organizzate, c’era sempre chi citava gli scritti degli intellettuali di riferimento, che non erano dei tweet ma lunghi articoli spesso difficili da leggere e comprendere. Perché quegli intellettuali non scrivevano solo per raccontare la realtà, ma per seminare in loro e in chi leggeva quel dubbio, unito a curiosità e fantasia. Erano veri e propri “coltivatori di menti” e cercavano disperatamente di dire a tutti noi che la terra era sempre più arida, che la lunga siccità avrebbe prodotto disastri. Non averli ascoltati e non aver declinato i loro insegnamenti è stata probabilmente la più grave colpa di chi è venuto dopo.
Tra gli intellettuali allora più citati, nelle sezioni dei partiti della sinistra, c’era ovviamente Alfredo Reichlin. Uno degli incipit più utilizzati nei discorsi – specialmente dai più anziani – era infatti: “come ha scritto il compagno Reichlin”. Sapendolo, un po’ tutti si sentivano obbligati a leggerlo (qualche volta anche un po’ controvoglia) per evitare l’imbarazzo di dover chiedere al vicino: “cosa ha scritto Reichlin?” e magari sentirsi rispondere con aria di sufficienza: “Te lo dico dopo, ora fammi sentire il dibattito” (c’era una maggioranza silenziosa che l’articolo non l’aveva letto, va detto). Penso quindi che sia giusto, nel giorno in cui in molti gli dedichiamo un pensiero, partire proprio da ciò che ha scritto l’ex direttore dell’Unità nel suo ultimo articolo per commentare ciò che ha detto Pier Luigi Bersani (che a lui è stato molto legato) del Movimento 5 Stelle.
Alfredo Reichlin, riferendosi alla scissione del Partito Democratico scrive: “È ora di liberarsi dalle gabbie ideologiche della cosiddetta seconda Repubblica. Crisi sociale e crisi democratica si alimentano a vicenda e sono le fratture profonde nella società italiana a delegittimare le istituzioni rappresentative” e ancora, riferendosi ai fuoriusciti: “Costoro devono difendere le loro ragioni che sono grandi (la giustizia sociale) ma devono farlo con un intento ricostruttivo e in uno spirito inclusivo. Solo a questa condizione i miei vecchi compagni hanno come sempre la mia solidarietà”.
Stimo umanamente Pier Luigi Bersani, lo ritengo una persona intellettualmente onesta e ho sempre contestato i tifosi che lo hanno insultato (anche nel suo ex partito) per le sue scelte. Sono tra quelli che pensa che sia stato accoltellato alle spalle subendo una vera e propria “manovra di palazzo” trasversale e se un giorno qualcuno farà i nomi dei fatidici “101” che affondarono la candidatura di Romano Prodi al Quirinale, l’ex segretario Pd sarà probabilmente riabilitato dalla storia. Tuttavia, penso che sul Movimento 5 Stelle stia perseverando nell’errore, un errore che unito a quella manovra gli fu fatale e che rischia oggi di cancellare lui e i suoi compagni di viaggio dalla scena politica.
A Campobasso, durante un incontro pubblico, Bersani ha detto: “I Cinquestelle tengono in stand-by il sistema. Ma se alle prossime elezioni — in assenza di un centrosinistra largo — s’indebolissero, arriverebbe una robaccia di destra” e ancora: “Il M5S è il partito di centro dei tempi moderni”, per poi concludere: “Non appoggerò un rassemblement dei responsabili contro i populisti”. L’errore di Bersani è quello di rimanere legato a quelle che Reichlin ha definito “le gabbie ideologiche della cosiddetta seconda Repubblica”. Lo fece all’indomani delle elezioni “non vinte” del 2013, quando cercò nei grillini l’interlocutore privilegiato per dar vita al suo governo, subendo l’umiliazione del rifiuto in diretta streaming. Lo ripete oggi, legittimando il partito della Casaleggio Associati in virtù del suo consenso elettorale e non percependo l’abissale distanza che c’è tra i grillini, il loro elettorato e la sinistra che lui ed altri vorrebbero rappresentare.
Il Movimento 5 Stelle non è il centro della politica italiana, in realtà è la peggior destra che poteva nascere dall’implosione della stagione populista berlusconiana. Ne eredita – insieme alla Lega di Salvini – pulsioni estreme come l’antieuropeismo – che si è concretizzato con l’alleanza con Nigel Farage in sede di Parlamento Europeo e il successivo rifiuto dell’Alde di accoglierli tra le loro fila – il cosiddetto “sovranismo” e l’odio verso l’immigrato: un sentimento solo parzialmente celato tra i big del movimento ma assai diffuso tra i suoi attivisti e i suoi elettori. Ma soprattutto il partito di Grillo è oggi il più grande contenitore di rabbia sociale declinata in egoismo. E l’egoismo è il liquido amniotico dove si forma l’inconscio di ogni destra: “prima io, poi gli altri”. Le teorie complottiste su argomenti come il clima e i vaccini, le follie pseudo ambientaliste su scie chimiche e simili, altro non sono che delle esche sapientemente posizionate per attirare altre sacche di elettorato che prima – in parte – si riconoscevano nei partiti della sinistra, così come lo sbandierato vessillo dell’onestà, figlio di una cultura giustizialista fomentata anche dagli eredi del PCI che – sbagliando – fino al recente passato hanno utilizzato i tribunali come sede di lotta politica, salvo poi dover smentire se stessi quando per una serie di motivi si sono ritrovati sui banchi degli imputati. Le ragioni della sinistra, quelle di cui parla Reichlin nel suo ultimo articolo, non si difendono dunque proponendosi come eventuale stampella della peggior destra.
Bersani persevera nell’errore e nel farlo regala a Renzi un’arma inaspettata che con il ritorno al proporzionale sembrava ormai estinta: il voto utile. Molti di coloro che avrebbero votato Mdp alle prossime elezioni per diversificarsi dal Pd a trazione renziana avranno infatti dei ripensamenti e il nuovo mantra degli oppositori della “vecchia ditta” uscita dal Pd sarà “votare loro sarà come votare Grillo”. Davvero un pessimo inizio per chi aspirava a ridare voce a un popolo che ormai da molti anni soffre l’assenza di punti di riferimento che non siano semplici facce passeggere. “La sinistra rischia di restare sotto le macerie. Non possiamo consentirlo. Non si tratta di un interesse di parte ma della tenuta del sistema democratico e della possibilità che questo resti aperto, agibile dalle nuove generazioni”. Lo ha scritto il “compagno Reichlin” prima di lasciarci. Bersani forse dovrebbe rileggerlo, un’ultima volta.
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