Partiti e politici
Avete allevato i vostri elettori a fake news, solo che ora è arrivata la realtà
La realtà è qui e, cinquanta e rotti giorni dopo il voto, è complicata negli esiti quanto semplice nei fatti. L’esito del voto, data la cornice delle regole che ha determinato l’elezione dei parlamentari, richiede che ci siano alleanze parlamentari tra chi si è combattuto come avversario fino al 3 marzo. Questo dicono la matematica e la costituzione, visto che siamo una Repubblica parlamentare, e che sono le opzioni espresse in parlamento dai singoli parlamentari a decidere chi va in maggioranza e chi sta all’opposizione.
C’è solo un problema, non da poco: sono anni che agli elettori si racconta altro, tutt’altro. A seconda dei partiti di provenienza, si racconta che “i vaccini non sono un dogma, si possono discutere”, “l’euro ci ha resi tutti più poveri, sarà ora di uscirne”, “la crisi è finita, le riforme hanno fatto ripartire il paese”, “al sud vogliono solo sussidi e hanno votato chi glieli promette”, “ci sono sempre più immigrati, e i problemi vengono tutti da lì”. Non tutti quanti hanno votato un partito lo hanno fatto credendo a queste storie, ma sicuramente sono parole d’ordine come queste a venire lanciate e rilanciate dalle minoranze più attive, dalle minoranze, dalle dirigenze.
Le fake news, le balle buone per la propaganda, non riguardano solo programmi di policy e promesse. Riguardano anche, anzitutto, il quadro istituzionale e normativo che regola il voto in questo paese. La lunga menzogna per cui da anni era in atto un’usurpazione democratica, non essendoci da tempo un “premier eletto dal popolo”, ha ad esempio avuto una lunga genesi e una maturazione pluridecennale, anche se oggi pare un’esclusiva dell’elettorato 5 Stelle. Sarebbe grandemente ingiusto non riconoscere, sul punto, i demeriti di un ventennio vissuto sotto il segno dell’egemonia di Silvio Berlusconi e delle rincorse supine della sinistra italiana.
Infatti, le leggi elettorali sono cambiate più volte, ed è ovvio che alcuni sistemi elettorali (il Mattarellum e il Porcellum, sicuramente) spingevano nella direzione di una più esplicita indicazione del presidente del consiglio, rispetto a ogni sistema proporzionale quale è – a parte le propopagande – il Rosatellum. E tuttavia, la Costituzione e i doveri del presidente della Repubblica non sono mai cambiati, in questi anni, e il presidente consiglio in Italia non viene eletto, ma indicato dal presiedente della Repubblica dopo aver verificato la consistenza delle maggioranze parlamentari.
È un ragionamento lineare, fondato sul dato di realtà, che imporrebbe a tutti di parlare davvero del bene dell’Italia, del governo possibile, di quale misura di compromesso si può chiedere ai propri elettori, di quale “tradimento” si può rivendicare come doveroso. Vale per chi rivendica la forza della sua coalizione come più votata, continuando a fingere che questo basti ad esprimere un governo autosufficiente. Vale per chi ha promesso l’elezione diretta del primo ministro indicando esplicitamente un nome e un cognome, e oggi rivendica un diritto che la costituzione non riconosce.
Vale per chi dice di essere stato messo all’opposizione dagli elettori, mentre gli elettori li hanno messi banalmente in parlamento.
Sono queste, tutte, diverse ma uguali, bugie buone per gli opuscoli della propaganda. La stessa che bisognerà tradire domani, governando in un tempo complicato, in cui le sorti dell’immigrazione non le decide un ministro degli interni, in cui i progressi della medicina sono una frontiera di conquista che va difesa, in cui l’Europa è piena di difetti ma farne a meno fa parecchio più paura, in cui la crisi forse è finita, ma un’economia in salute è un’altra cosa.
Tradire le bugie raccontate può far male. Ma continuare a raccontarle, si sa, è sicuramente peggio.
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