Partiti e politici
«Autocertifico il mio essere di sinistra». Minima richiesta ai futuri deputati
Basterebbe un minimo sforzo, non lo strazio del maratoneta al quarantesimo chilometro. Una piccola, semplice, banalissima autocertificazione. Un modulo prestampato, al quale apporre uno scarabocchio in calce, che attesti in maniera aperta, inequivocabile, non interpretabile, il nostro essere di sinistra. È una pretesa eccessiva, che gli elettori sappiano che i propri rappresentanti oltre a esserci ci “credono” anche?
Sì, siamo a questo punto nel Pd. Ma non solo nel Pd di Matteo Renzi, che di questa discussione sull’identità dell’anima ne ha fatto tormentone, lo eravamo già nei Pd precedenti e questo pochi lo sanno, nel Pd di Bersani per esempio, che avrebbe dovuto essere ad alto tasso di sinistrismo (sinistrosità?). Tutto per quella ricerca un po’ affannosa e anche un po’ ridicola della società civile, come se la società civile migliore non avesse più a che fare con il mondo della sinistra, come se i guasti del passato avessero cristalizzato le passioni, gli orientamenti, il nostro essere sociali anche all’interno del mercato. La ricerca di quei soggetti liberali, che innerverebbero la sinistra di “visioni” e di una credibilità nuove. Ma è così difficile, è forse impossibile, scovare i liberali di sinistra, rimane una contraddizione in termini o la società si è evoluta in questo ultimo scorcio?
In questo periodo siamo in piena transumanza. Pacchetti di deputati di origini diverse che si mettono in marcia verso la felicità renziana, lasciando le vecchie e care cose per intraprendere nuove ed eccitanti esperienze. Una volta si sarebbero chiamati “paraqualcosa”, ma oggi con il mondo che cambia alla rapidità della luce come si fa a non riconoscere a questi illuminati la capacità di vedere oltre, di identificare il Bene e il Bello, laddove prima ne ignoravano l’esistenza?
Uno di questi illuminati, si direbbe folgorati, è un signore che ha speso buona parte della vita in Confindustria, da direttore generale, stimato da molti per il suo equilibrio, e che oggi è parte di quella “sporca diecina” di deputati post-renziani che vanno a sostituire i pierini rompiballe in Comissione Affari Costituzionali. Questo signore è Giampaolo Galli e venne scelto, pensate un po’, da Pierluigi Bersani, nell’idea, bla, bla bla, di ammodernare la ditta. Non voglio rovinarvi la lettura di un’impeccabile intervista sul Corriere di Alessandro Trocino, al quale sopravvengono le domande classiche che si farebbe un buon cittadino informato: “Una parte del Pd accusa Renzi di autoritarismo” oppure “Renzi non ha troppa fretta?”, “Era proprio necessaria questa sostituzione?” Il cronista del Corriere incamera risposte che non gli avrebbe potuto dare il miglior Guerrini, sino probabilmente alla migliore: «Non sono esperto di storia della sinistra, ma Renzi ha portato a conclusione un cambiamento dentro la sinistra che i socialdemocratici tedeschi hanno fatto qualche decennio fa. Una rottura radicale con il passato». Bum! Arcibum! Superbum, bum, bum!!
A quel punto, spossato da certezze epocali, il timido Trocino propone all’ex dg di Confindustria, portato in ditta da Pierluigi Bersani, il semplice e defintivo quesito: «Ma lei si definisce di sinistra?», una domanda che così a freddo apparirebbe come una coglionata applicandola a un deputato regolarmente eletto nel Partito Democratico, per di più di espressione bersaniana. Ma il senso c’è, perché Giampaolo Galli prende fiato e getta il cuore oltre l’ostacolo: «No, farei fatica a definirmi di sinistra».
«Farei fatica»?
Cioè oggi, anno domini 2015, un signore regolarmente eletto nel Partito Democratico ci racconta addirittura che si è preso uno scranno parlamentare senza averne diritto, senza averne passione, senza i titoli – minimi – per farne parte. E questa è colpa grave sua, innanzitutto, perché ha gabbato gli elettori, ma è colpa gravissima di Pierluigi Bersani, che lo ha portato dentro senza fargli neppure la domandina classica: ma lei, Galli, è di sinistra?
Allora, va tutto bene nella vita, abbiamo visto anche di peggio. Ma qui si chiede a Renzi un piccolo sforzo, ma significativo. Proprio a lui che da molti è considerato il politico meno di sinistra mai apparso sulla faccia della terra. Ecco, noi a Renzi si chiede semplicemente ch’egli obblighi i prossimi, futuri, deputati, all’autocertificazione di cui sopra. Per non avere, un giorno, sorprese sgradevoli come questa.
Ps. Consentitemi un’aggiunta. Incontro alle ore 11 in via dei Giubbonari a Roma l’ex sindaco di Trieste e poi anche deputato, Riccardo Illy, notissimo imprenditore del caffè. Al quale espongo i dubbi espressi nell’articolo, raccontandogli delle risposte da iperurania di Giampaolo Galli. A Illy chiedo se lui avrebbe il decoro civile di definirsi di sinistra e lui risponde così: «All’epoca mi presentai come progressista e liberale, un concetto che oggi Matteo Renzi farebbe molta fatica a comprendere». Progressista, dunque inequivocabilmente di sinistra.
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