Partiti e politici
Attenti al premierato della Meloni!
Il Corriere della Sera anticipa le proposte delle riforme costituzionali previste dal governo Meloni, per garantire la stabilità al paese, definite anche “Norme antiribaltone”.
Ecco il primo degli articoli che verranno modificati, scusate se la citazione è un po’ lunga: “L’articolo 92 della Costituzione viene sostituito da una nuova formulazione: “Il governo della Repubblica è composto dal presidente del Consiglio e dai ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni. Le votazioni per l’elezione del presidente del Consiglio e delle Camere avvengono tramite un’unica scheda elettorale. La legge disciplina il sistema elettorale delle Camere secondo i principi di rappresentatività e governabilità e in modo che un premio assegnato su base nazionale garantisca ai candidati e alle liste collegati al presidente del Consiglio dei ministri il 55 per cento dei seggi nelle Camere. Il presidente del Consiglio dei ministri è eletto nella Camera nella quale ha presentato la sua candidatura”.
Non è chiaro come avvenga l’elezione del premier (un turno, due turni, eccetera), quello che invece è chiarissimo è il ritorno del premio di maggioranza – che arriva a garantire il 55% dei seggi parlamentari ai partiti “collegati” al premier – come voleva Renzi nel 2016, in abbinamento alla riforma costituzionale che venne presentata dall’allora Presidente del Consiglio e che poi, seppur approvata dalle due camere, non aveva raggiunto i due terzi dei voti in Parlamento e non poteva quindi venire promulgata (art. 138 della Costituzione). Il testo dovette quindi essere sottoposto a una consultazione referendaria che si rivelò disastrosa (e Renzi fu costretto a lasciare prima il posto di Presidente del Consiglio e poi quello di segretario del PD).
Tra l’altro, il testo sul quale sta lavorando il governo, non chiarisce sufficientemente come verrà attribuito il premio di maggioranza che, nella riforma elettorale – l’Italicum – voluta da Renzi, sarebbe stato collegato alla coalizione di partiti che avesse raggiunto almeno il 40%. L’Italicum venne poi bocciato dalla Consulta, perchè il premio di maggioranza (fino al 15%) venne considerato “sproporzionato” ai risultati che avrebbe effettivamente raggiunto la coalizione.
Nel testo proposto dalla Meloni, invece, il premio è attribuito genericamente “ai candidati e alle liste collegati al presidente del Consiglio dei ministri” senza nessun’altra condizione, se non quella di essere “collegati” (ma che vuol dire?) al Presidente del Consiglio. Per capire cosa potrebbe significare questa norma, bisogna fare qualche esempio: ammettiamo che il presidente venga eletto al primo turno con una maggioranza relativa, ad esempio il 40%, e che i partiti a lui (lei, in questo caso) “collegati” abbiano preso il 35%. In questo caso, otterrebbero un premio di maggioranza del 20%. Senza nessun’altra precondizione se non quella del “collegamento”. Si potranno quindi presentare anche mini-liste di partitini “collegati” (Renzi ha già fatto sapere che la proposta gli piace, non a caso) che potranno portarsi a casa qualche deputato anche se hanno preso l’1%, grazie al premio di maggioranza (su questi temi dovrebbe però pronunciarsi la legge elettorale che dovrebbe venire promulgata in abbinamento alle modifiche costituzionali).
Dopo di che, la proposta di riforma costituzionale continua con BUFFE NORME anti-ribaltone: “Se il governo del premier eletto non ottiene la fiducia del Parlamento dopo il voto, il capo dello Stato deve procedere allo scioglimento delle Camere”. Come può non ottenere la fiducia il governo se, solo per il fatto di essere “collegati” al premier, partiti e partitini si sono presi il 55% del Parlamento? Ci dovrebbe essere una rivolta interna alla stessa coalizione contro il premier, non si vedono altre possibilità che si verifichi un simile caso.
Ma poi, anche se il premier non dovesse ottenere la fiducia (il che non è un’ipotesi realistica, perché ha il 55% del parlamento), ecco che solo il premier può essere incaricato di formare un nuovo governo: “Entro dieci giorni dalla sua formazione il governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Nel caso in cui non venga approvata la mozione di fiducia al governo presieduto dal presidente eletto, il presidente della Repubblica rinnova l’incarico al presidente eletto di formare il governo. Qualora anche quest’ultimo non ottenga la fiducia delle Camere, il presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere”. L’idea, in questo caso, è di impedire la formazione di altri governi (tecnici o meno), il cui premier sia nominato dal Presidente della Repubblica e riesca formare un nuovo governo, che deve naturalmente ricevere l’approvazione delle due camere.
Norme pleonastiche, quest’ultime, perché un parlamento a maggioranza bulgara, come si usava dire una volta, non sfiducerà il premier (che comunque verrebbe incaricato di formare il nuovo governo), a meno appunto di eventuali sfaldamenti all’interno della colazione di governo.
Or dunque, si spera che i partiti che non sono al governo salgano sull’Aventino e facciano tutto il possibile per fermare questa porcata. Sarebbe, tra l’altro, non solo la fine della democrazia, ma anche la fine dei partiti che non sono “collegati” al premier. Francamente, al di là delle ambizioni personali della signora Meloni, che aspira a governare fino alla sua dipartita terrena (un governo bulgaro con il 55% dei parlamentari può approvare qualsiasi legge, compreso il fatto che il premier possa fare dieci mandati di seguito), le auguro invece di non attentare alle radici democratiche del nostro paese, conquistate dopo vent’anni di premier unico (e un cambio di alleanze politiche durante una guerra mondiale).
L’Italia è in Europa, e gli europei si ricordano la nostra storia, sanno che abbiamo inventato il fascismo e dato una mano a Hitler nella seconda guerra mondiale. Nessuno, in Europa, desidera un premierato a vita della signora Meloni. La Costituzione uscita dal fascismo non la si cancella con tre articoli scritti con i piedi.
P.S. Aggiungo oggi, 31 ottobre, che uno dei temi da chiarire nel Disegno di Legge è anche se il premio di maggioranza (55%) verrebbe applicato sia alla Camera che al Senato (immagino di sì), o se si prevede un superamento del bicameralismo perfetto. Finora, però, non è ancora stato possibile consultare il testo integrale del disegno di legge, che dovrà a sua volta essere abbinato alla promulgazione di una nuova legge elettorale, della quale però, al momento, non si hanno notizie.
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