Partiti e politici
Aspettando le elezioni europee: intervista a una Europeista per scelta
Tra poco si svolgeranno le elezioni europee e saremo chiamati a votare i nuovi europarlamentari.
Saranno elezioni importanti per i futuri assetti non solo del Parlamento Europeo, ma della stessa Unione Europea. Ne parliamo insieme a Giulia Pastorella, candidata all’Europarlamento e uno dei volti più promettenti di queste elezioni, che vive e lavora a Bruxelles, nel cuore dell’Unione Europea.
Una nota rivista americana di economia e finanza ti ha nominato tra gli under 30 più influenti d’Europa. +Europa, il nuovo progetto Politico liberale fondato da Emma Bonino ti ha candidato alle elezioni europee per la circoscrizione Nord Ovest. Quale credi sia la motivazione più importante oggi per occuparsi di Politica in modo attivo? Come ti sei avvicinata alla Politica? Cosa diresti a una giovane donna che ti chiedesse perché fare politica attiva?
“Mi ha motivato un senso di responsabilità per il mio paese e per l’Europa, e l’impressione che per proteggere la mia idea di mondo oggi non sia più sufficiente andare a votare e basta. Ho avuto il privilegio di crescere e vivere in un mondo senza confini, aperto e tollerante, un mondo liberal democratico e pieno di opportunità. Ma da qualche anno a questa parte la tendenza sembra essere in direzione opposta e queste mie certezze vacillano di fronte a messaggi di paura e odio. Quindi per me fare politica diventa espressione di un’opposizione forte a questo trend di chiusura, protezionismo, nazionalismo e intolleranza.
Ho sempre lavorato con la politica anche se prima delle elezioni politiche del 2018 non sono mai stata candidata. Ho un master e un dottorato in Scienze Politiche, ho scritto e pubblicato di politica su giornali italiani e internazionali, ho lavorato per think-tanks il cui compito era proprio l’analisi politica, e da ultimo nel mio ruolo di responsabile relazioni istituzionali ho vissuta la politica dal punto di vista di un’azienda che cerca di contribuire con il suo know how al processo legislativo. Un ingaggio in prima persona era insomma un passo quasi naturale, ma – e qui vengo all’ultima domanda – in quanto donna e giovane non è sempre facile. Basti pensare all’articolo di Dagospia sulle liste di +Europa. Senza neanche aver guardato il nostro CV, l’autore ha deciso a tavolino che le donne candidate erano figurine. Approccio tipicamente italiano verso le donne in politica. Io inviterei il giornalista a guardare alle competenze che noi donne di +Europa possiamo vantare e che ci rendono molto più che semplici comparse. Quindi ad una giovane donna direi: buttati perché c’è bisogno di dimostrare sempre di più che valiamo e portiamo valore aggiunto, senza bisogno di quote rosa. Ma soprattutto che un giorno non si farà più caso che tu sia donna o uomo: sarai semplicemente attore politico”.
La Politica secondo Giulia. Le ultime elezioni hanno dato un segnale chiaro: la Politica è in crisi. I Partiti tradizionali hanno difficoltà o non riescono più a comunicare con l’elettorato. Cosa pensi sia necessario recuperare per riottenere la fiducia degli italiani? Perché hai scelto +Europa, un partito nuovo, che potrebbe anche non superare la fatidica soglia del 4%?
“La fiducia degli italiani si recupera con una ricetta complessa fatta di politiche credibili, non assistenzialiste, che pensino al di là delle scadenze elettorali, proposte da politici che abbiano avuto esperienze lavorative importanti, e che quindi siano capaci di capire il mondo al di fuori di Montecitorio. Ritengo fondamentale per recuperare fiducia ritornare a chiare differenziazioni tra partiti: al momento tutto è un amalgama indistinguibile tra estremisti e non-estremisti. Senza posizionamenti chiari si scade in posizioni generaliste e semplicistiche che riducono la politica ad un noi-loro deleterio. Ma soprattutto serve ingaggio sul territorio perché il sistema rappresentativo funziona solo se gli elettori sentono di conoscere coloro che li rappresentano. Questo vale anche e soprattutto per i parlamentari Europei, che hanno l’onere e onore di riportare le politiche europee ad una scala locale, comprensibile alla loro circoscrizione. Insomma partiti locali, ma non localistici.
Quanto a +Europa, la mia storia politica nasce con questo partito. Per me la candidatura alle politiche 2018 con +Europa è stata una scelta ovvia perché era l’unico partito che avesse il coraggio di portare avanti l’idea che l’Europa sia necessaria all’Italia e che sia un tema anche nelle elezioni nazionali. È poi l’unico partito sulla scena italiana che sia veramente liberale. Non amo parlare di 4% o altre percentuali. Amo pensare a coloro che si identificano nel pensiero liberale ed europeista, e invitarli ad andare a votare. Il problema vero è l’astensione, soprattutto dei giovani che costituiscono una grande fetta del nostro elettorato, come l’ha dimostrato il referendum sulla Brexit. Non è stato vinto da chi ha votato, ma è stato perso da chi è stato a casa. Il primo seme del mio impegno politico è stato proprio in seguito alla Brexit, in cui la mancanza del voto giovane è stata additata come una delle cause della vittoria del Leave. Quindi quale maniera migliore per portare i giovani a votare che presentarmi alle elezioni, proprio io in quanto giovane? E poi, come ha detto una volta giustamente Emma Bonino e che mi permetto di applicare alla questione delle soglie percentuali, in politica non c’è spazio per ottimismo o pessimismo: solo determinazione. Quindi sono determinata ad andare a risvegliare la coscienza liberale di tanti italiani facendo una campagna molto capillare sul territorio”.
Donne in Politica. Le donne in Politica sono ancora un numero esiguo rispetto ai colleghi uomini, ma soprattutto stentano ad affermarsi nei ruoli chiave. Perché a tuo avviso sono ancora poche le donne che fanno politica? Cosa pensi sia necessario fare perché aumentino non solo di numero ma ricoprono anche ruoli rilevanti? Sei a favore delle quote rosa?
“Già il fatto che questa domanda sia posta ancora significa che l’atteggiamento è profondamente sbagliato. Possiamo parlare della percentuale dei politici competenti, dei politici corrotti, dei politici di una certa regione o di una certa scuola politica, ma perché parlare di politici donne come se fossero una categoria a parte? Sono a favore dell’uguaglianza di opportunità, e non ho mai pensato che, come essere giovane, essere donna dovesse in qualche modo essere un privilegio – né uno svantaggio. Se sei una buona politica, il fatto che tu sia donna dovrebbe essere pressoché irrilevante. Quindi per quanto mi riguarda, NO alle quote rosa. Anche nel caso di queste elezioni europee, mi intristisce pensare che tanti magari mi voteranno perché devono rispettare le regole di genere sulla scheda: vorrei che mi votassero per quello che posso apportare e per la mia visione d’Europa. Certo, capisco che le quote rosa siano utili come primo step necessario in mancanza di pari opportunità vere e sostanziali, ma spero davvero che presto vengano naturalmente abbandonate. Quanto alle poche donne, distinguerei il fenomeno: se le donne non sono in politica perché non sono interessate, è un conto. Se non ci sono perché non riescono a farsi largo in un mondo politico ancora dominato dagli uomini, allora è un altro. Faccio un parallelo con le donne nelle materie STEM. Io non credo in quote rosa ad ingegneria o matematica, ma nell’eliminazione delle barriere – culturali, stigmi sociali, o altro. Se poi la maggior parte delle donne continuasse a voler studiare altro, ben venga. Insomma, in maniera paradossale per fare in modo che le donne aumentino non solo in numero, ma anche che ricoprano ruoli più rilevanti in politica bisognerebbe smettere di considerarle donne, e considerarle semplicemente individui che hanno scelto la carriera politica”.
Europa e UE. L’UE sta attraversando una fase complicata. Le elezioni europee potrebbero portare a un cambiamento epocale, in una direzione o nell’altra negli equilibri tra le istituzioni UE. Quali pensi che sarebbero gli scenari possibili dopo le elezioni europee? Quali cambiamenti ritieni siano necessari per avere una Unione Europea maggiormente incisiva in settori cruciali come immigrazione e sicurezza, politica estera e politiche economiche?
“I sondaggi attuali prevedono che i partiti estremisti/populisti avranno tra il 20 e il 35% dei seggi al parlamento europeo, ovvero una potenziale minoranza di blocco. In questo senso centro-destra (PPE), centro-sinistra (PSE), liberali (ALDE) e gli altri (Verdi e Sinistra) o voteranno insieme oppure i populisti si ritroveranno a fare il bello e il cattivo tempo del parlamento. Tra l’altro indipendentemente dai numeri sono convinta che queste elezioni rappresentino in effetti uno spartiacque in termini di impatto sull’immagine dell’Europa, più ancora che sul suo funzionamento. Sicuramente se la maggior parte dei Commissari – che sono alla fine espressione dei governi nazionali, benché approvati dal Parlamento – fossero di estrazione nazionalista/populista/estremista, vedremmo una Commissione presumibilmente meno attiva o comunque più attenta al principio di sussidiarietà per cui le decisioni politiche vanno prese al livello di governance più locale possibile. Il rischio è quello di una Commissione che oserà di meno, proprio in quelle aree come immigrazione e sicurezza che, per essere davvero europee, hanno bisogno di un transfer di competenze all’Unione problematico visto lo scenario politico attuale. Per quanto riguarda la politica estera ed economica, il rischio è di avere un’Europa che per i prossimi 5 anni si chiuderà sempre più su se stessa: niente più accordi commerciali, protezionismo, diminuzione dell’aiuto allo sviluppo e dei programmi di accompagnamento all’allargamento dell’Unione…insomma, un’Europa che +Europa non vuole. Il segretario del PD Zingaretti diceva proprio recentemente che l’Europa ci proteggerà dalla globalizzazione. È una maniera sbagliata di porre la questione, poiché la globalizzazione è inevitabile e va “cavalcata” in modo intelligente, portandosi a casa il meglio e limitandone gli impatti negativi; il rischio è altrimenti di restare indietro rispetto agli altri Paesi. Per questo l’Europa può aiutare i Paesi europei ad approcciare in modo solido e compatto il commercio internazionale e quell’ordine globale del commercio che ha portato a prosperità diffusa. Al momento la politica estera è soggetta alla regola dell’unanimità e i recenti fatti in Libia o l’atteggiamento verso la Cina dimostrano che gli interessi nazionali ancora prevalgono su quelli europei. Per avere un’Unione più incisiva sulla scena globale ci vuole più e non meno Europa”.
Le proposte. Quali sono i temi che ti stanno più a cuore in ambito europeo e quali sono le proposte che vuoi portare avanti in PE nel caso venissi eletta?
“Un ambito che mi sta molto a cuore e che è totalmente di competenza Unione Europea è l’ambito “innovazione” in senso lato. Il progresso tecnologico degli ultimi anni – fatto di big data, piattaforme, robotizzazione, automazione, digitalizzazione, intelligenza artificiale, blockchain etc – ha creato una sensazione di accelerazione eccessiva e un ampliamento della forbice sociale che trovo preoccupante. La paura dell’innovazione è giustificata e comprensibile, e la risposta deve precisamente venire da un’azione forte dell’Unione Europea – sia sul proprio territorio che come modello globale. Deve essere fatta di proposte legislative che controllino in maniera più giusta i comportamenti di certe aziende e di certi modelli di business, e che regolino l’utilizzo di tecnologie su base etica e di un modello di sostenibilità tutto europeo. Dall’altra ci vuole un’Unione Europea che aiuti l’innovazione a diventare più diffusa. Se si pensa che le PMI costituiscono il tessuto produttivo non solo in Italia, ma anche in molti altri paesi europei, c’è bisogno di un accompagnamento e incoraggiamento forte per spingerle ad approfittare dei benefici dell’innovazione senza sentirsi lasciate indietro. Da ultimo ci vuole che l’UE si prenda sulle proprie spalle maggiori responsabilità in un dominio che non è propriamente suo ma in cui in realtà indirettamente l’Unione può molto: quello della formazione. In un mondo come quello appena descritto, la formazione continua diventa l’unico modo per non lasciare indietro nessuno. Recenti statistiche sul Futuro del Lavoro pubblicate dall’OECD dimostrano infatti che se l’automatizzazione dei processi produttivi è un rischio piccolo, attorno al 14%, la vera sfida sarà la formazione dei lavoratori. Quindi innovazione e formazione – legato anche al mondo quindi della ricerca universitaria da cui provengo – sono aree che permettono all’Europa quella crescita sostenibile che dalla crisi dell’Euro in avanti ha faticato a ritrovare”.
+EUROPA in Italia. +EUROPA è entrato nel gruppo europeo dell’ALDE. Quale valore credi possa portare un partito di stampo liberale in Italia? Cosa significa Liberale? E Liberista? Anche il Leader storico di Forza Italia Silvio Berlusconi si definiva liberale. C’è liberale e liberale? O in Italia non si sa bene cosa significhi “liberale”?
“C’è una bella differenza tra liberale e liberista. Liberista è colui che pensa che il privato sia sempre meglio del pubblico, e che quindi privatizzare sia l’unica via. Ci sono poi addirittura i turbo o anarco liberisti, per i quali invece lo stato va ridotto all’osso. Essere liberale in Francia è essere liberista, mentre negli Stati Uniti i liberali sono l’ala moderata dei democratici (gli obamiani per intenderci). Avendo una laurea in filosofia potrei partire in disquisizioni infinite sul vero significato di liberale ma per me è molto semplice: la mia libertà finisce dove comincia quella degli altri. Ovvero: tutto è permesso fino a che non nuoce agli altri. Faccio un esempio molto concreto di vita vissuta: l’orientamento sessuale. Che io stia con una donna, nuoce a qualcuno? Limita forse la libertà di altre donne di stare con uomini? No. E allora dov’è il problema? Non solo, ma lo stato ha come dovere quello di proteggere questa mia libertà. In una frase, il liberalismo si basa su principi di libero scambio, mercati aperti, anti-paternalismo e stato di diritto, riconoscendo allo Stato un ruolo nel proteggere questi diritti.
In Italia non è vero che non si sappia bene cosa significhi essere liberali. I grandi padri del liberalismo italiano, da Einaudi a Gobetti, Zanone, si rivolterebbero nella tomba a sentire una frase del genere. E forse si, il primissimo Berlusconi poteva avere almeno una patina di liberalismo nel suo discorso. Bisogna ammettere che sulla scena politica italiana recente mancava un partito veramente liberale. Per questo io non sono mai stata attiva politicamente prima: non avevo una casa politica liberale dove convogliare i miei sforzi, al punto che ho preferito votare Lib Dems nel Regno Unito alle passate elezioni Europee. Ora invece l’ho trovata in +Europa. Il Gruppo dei Liberali Democratici ALDE ha sempre portato avanti i temi e le proposte più fortemente europeiste in parlamento, e come ALDE Individual Member sono orgogliosa di vedere +Europa tra le loro fila”.
+EUROPA e il PD: Ritieni che sia stato un errore o una scelta giusta non aderire al progetto “Siamo Europei” di Carlo Calenda in vista delle europee e correre da soli pur rischiando di non superare la soglia di sbarramento?
“Ritengo che sia stata una scelta motivata da ragioni valide. Il mio scenario ideale sarebbe stato che Siamo Europei aderisse a +Europa – apprezzo Calenda e la sua attenzione per la classe produttiva italiana, nonché le sue politiche quando era ministro. Penso inoltre che sia molto vicino alle idee di +Europa – e proprio per questo mi rammarico di non star correndo con lui ma contro di lui. Quanto all’inverso, ovvero che +Europa confluisse in una grande zuppa pro-Europeista, il problema non era Calenda ma andare con il PD che, soprattutto con la leadership attuale di Zingaretti, ha posizioni diverse rispetto a +Europa. La differenza tra liberal-democratici e social-democratici non è una solo da libro di testo, tanto che al parlamento europeo queste due famiglie si sono costituite in gruppi diversi (il PSE e l’ALDE).
Da ultimo, punto minore ma comunque rilevante, essendo le Europee elezioni basate su sistema proporzionale puro, un listone non è premiante rispetto a liste separate. Faccio un esempio concreto: se il PD prendesse il 20% e +Europa il 3%, non passando la soglia, il PD avrebbe 15 deputati e +Europa 0. Se il Pd prendesse un punto percentuale in meno, quindi 19% e quell’1% andasse a +Europa, il PD avrebbe 14 deputati e +Europa 3. Quindi globalmente gli europeisti mandati a Strasburgo sarebbero di più: 17 contro 15. È inoltre giusto che gli elettori possano scegliere, se vogliamo, che tonalità di Europeismo vogliono. C’è Europeista e Europeista – ed è drammatico vedere che persino partiti come la Lega o il Front National di Le Pen siano improvvisamente europeisti in vista di queste elezioni”.
+EUROPA e VOLT. Di fronte a quello che per la generazione Erasmus ha rappresentato la notizia della Brexit è nata una nuova spinta europeista in Italia che ha visto protagonisti nuove formazioni politiche: +EUROPA ma anche VOLT. Quale a tuo avviso ritieni rappresenti la diversità del progetto politico di +EUROPA rispetto a quello di VOLT? Dato che erano intercorsi diversi contatti tra VOLT e +EUROPA in vista di una possibile alleanza che alla fine però non si è concretizzata. Alcuni attivisti di +EUROPA in attuazione del principio di soccorso democratico hanno anche aiutato VOLT a raccogliere le firme perché potessero presentarsi anche in Italia. Alla luce di questi fatti come valuti la loro decisione di rimanere fuori dai giochi in vista delle Europee e non correre in Italia?
“Intanto premetto che io stessa sono andata in consolato a Bruxelles a firmare per la loro raccolta firme, perché avendo vissuto sulla pelle di +Europa che cosa può voler dire l’impresa titanica della raccolta firme con le regole incredibili che ancora sono vigenti in Italia mi sembrava il minimo. Quindi più che soccorso democratico parlerei di diritto democratico. E premetto inoltre che se non fossi stata già molto attiva con +Europa, sarei stata molto probabilmente una fervente sostenitrice di Volt come partito giovane, transazionale, europeista. La differenza con +Europa, a parte le questioni precise programmatiche, sta nel volersi proporre come il nuovo a tutti i costi, gli outsider per eccellenza – il che risulta anche un po’ elitista. Va di moda dire: non ho mai fatto politica prima. Ma a furia di votare politici che non hanno fatto politica prima ci ritroviamo con il governo che abbiamo ora. Quindi l’entusiasmo e la novità di Volt avrebbe guadagnato sicuramente dall’unirsi ad un progetto già consolidato come quello di +Europa o del PD-Calenda. Mi è dispiaciuto che Volt alla fine abbia deciso di non partecipare. Hanno creato non solo un entusiasmo notevole tra i giovani europeisti in giro per l’Europa, ma soprattutto una rete di volontari sui territori che stava approcciando la politica nel modo giusto – ovvero con “prossimità”. Sono contenta che si presentino in altri paesi e auguro loro tutto il meglio. Non ho capito la loro decisione in Italia ma la rispetto. Non credo Volt sia un partito stella cadente. Penso che resterà e si consoliderà e quindi spero che alle prossime elezioni troveremo la quadra per andare fianco a fianco”.
Ringraziando Giulia per il tempo che mi ha dedicato e inviandole un sentito augurio in vista delle elezioni europee, posso dire che ho avuto il piacere di intervistare una delle brillanti esponenti della c.d. Generazione Y, per la quale la Politica aveva perso appeal ma che ritengo sia necessario possa e debba dare il suo contributo per costruire il futuro dell’Europa, un futuro che appare sempre più prossimo e a cui non possiamo disinteressarci perché riguarda proprio noi.
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