Partiti e politici
Amministrative 2016: il de profundis della politica
Il grande sconfitto di questa tornata elettorale è, purtroppo, la politica. Il sistema democratico, fragile per la sua natura aperta e flessibile, subisce oggi più che mai un pericolo concreto di disfacimento sotto la spinta di un circolo vizioso di superficialità dell’offerta politica e di emozionlità degli elettori. La politica fatta di visioni, valori, prospettive, idee e soluzioni concrete non c’è perché le forze politiche in campo oggi non sanno costruirla in questi termini e perché i cittadini vogliono solo emozioni da consumare velocemente e leader telegenici e social, la cui obsolescenza è sempre più rapida.
Da un lato ci sono partiti e movimenti con la loro politica asfittica, che hanno perso la loro capacità immaginifica, che non sanno più coinvolgere né convincere. I partiti maggiori mostrano una grave crisi di identità collettiva, oltre che una penuria di uomini e donne di spessore; di contro altre forze politiche, come la Lega, hanno radicalizzato la proprie identità in modo tanto estremo da precludersi il consenso degli elettori moderati e quindi di divenire maggioranza politica nel Paese.
Dall’altro lato, il voto di queste amministrative descrive un popolo che non sceglie il cambiamento, e credo non scelga più neanche la protesta. Non sceglie sulla base di idee innovative e proposte originali, né vuole dare una lezione alla politica tradizionale dando il proprio voto a forze di rottura, rivoluzionarie. Il voto è oggi molto più superficiale, si “prova” di volta in volta quello che è più “nuovo”, ma per semplice consumismo politico. Gli Italiani che ancora votano, vogliono solo buttar via il vecchio, senza sapere cosa darà loro il nuovo corso. Non valutano idee e proposte, vogliono solo poter consumare nuovi leader. Sono superficialmente impegnati nella secolare ricerca dell’uomo (o della donna) della provvidenza, con la stessa profondità d’analisi e valutazione di un bambino alle giostre che vuole provare tutte le attrazioni stancandosene immediatamente, convinto che quella successiva sarà ancora più divertente.
Mai è stato più lontano il voto d’opinione critico e informato. Dopo Tangentopoli, la Seconda Repubblica si è aperta con la vittoria del “nuovo” che nel ’94 era rappresentato dall’outsider della politica Berlusconi. La disaffezione diffusa non era per la politica in quanto tale, ma per quei partiti che l’avevano umiliata sfruttandone potere e risorse. Oggi la politica non conta, le proposte non servono, le appartenenze ideali non esistono più. Oggi la maggioranza dei cittadini è contro la politica in quanto tale, derubricata a faccenda accessibile e praticabile da tutti, in un crescendo di incompetenza e inesperienza consumato sempre più rapidamente. Il voto si dà a chiunque, a prescindere dalle cose che si promettono e dalle sciocchezze che si dichiarano, basta che sia “nuovo”, e poco conta se non si dimostrano prospettive politiche, capacità di governo o competenze amministrative.
In tutto questo anche il sistema dell’informazione ha le sue responsabilità. In Italia il giornalismo non ha mai brillato per autonomia di giudizio e capacità critica, partigiano e strumentale da sempre, oggi aggrava la sua posizione trasformandosi in mero esercizio emozionale, offrendo contenuti trash facendoli passare per cultura pop, non più democratizzando il dibattito pubblico rendendolo accessibile, ma umiliandolo e ridicolizzandolo. Alimentando il ritmo frenetico con cui si costruisce e si distrugge un personaggio politico, il giornalismo si dimostra impermeabile alle idee politiche, indifferente alle analisi critiche, è solo capace di esaltare aspetti esteriori e di costume dei protagonisti della politica con lo stesso livello di approfondimento di un twitt.
L’Italia è in estrema difficoltà anche perché la politica che poteva salvarla non esiste più, il futuro non è mai stato così incerto. Di chi è la responsabilità? Dei partiti, degli italiani e dei mezzi di informazione, accumunati da una superficialità imbarazzante, colpevoli i primi di non fare l’interesse generale, i secondi di non saper valutare in modo critico la proposta elettorale, gli ultimi di essersi strumentalmente adagiati in un contesto pseudo-politico e contribuendo al suo disfacimento.
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