Partiti e politici
Altro che “mele marce”, la #rimborsopoli del M5S annienta il mito dell’onestà
«Il problema è che la restituzione era il nostro punto di forza, cosi lo si tradisce. Ci aspettavamo lealtà».
In questo estratto dell’intervista di Barbara Lezzi a “Repubblica”, si palesa vero grande limite del Movimento 5 Stelle: un partito dove i punti di forza non sono le competenze, le leggi proposte o approvate, la capacità di incidere sui processi economici e sociali, ma l’atto populista di “restituire” dei soldi per poi vantarsi del gesto e farne un permanente spot elettorale.
Tradito lo spot, di quella diversità ostentata resta poco o nulla.
Più passano le ore e più si allarga lo scandalo rimborsopoli. L’inchiesta delle Iene rischia di essere un colpo al cuore al principale oggetto della propaganda del Movimento 5 Stelle e alla loro credibilità. Perché è vero che quei bonifici falsificati erano versamenti volontari e che c’è nessuna violazione delle leggi, ma l’inganno e soprattutto la modalità con cui i “furbetti del rimborso” hanno agito annienta di fatto il mito dell’onestà su cui si fonda il cartello elettorale della Casaleggio Associati. Per anni il cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle sono stati questi fantomatici stipendi restituiti. “Noi lo facciamo, gli altri si tengono i soldi”, dicevano. Per anni hanno battuto su questo punto per coprire il nulla cosmico prodotto dai loro eletti e i fallimenti delle loro giunte, da Torino a Roma passando per Livorno. Come se il valore aggiunto di un politico non fossero il lavoro che svolge per il Paese, ma il fatto che restituisca parte del suo stipendio.
Dopo diffusione del primo servizio delle Iene (ormai visualizzato da milioni di utenti), La società milanese è corsa ai ripari e ha lanciato l’espressione “mele marce” (un “titolo” già utilizzato in occasione dell’arresto del fedelissimo di Virginia Raggi, Raffaele Marra), affidata in queste ore alla principale comparsa messa in campo per le elezioni del 4 marzo. «Cacceremo le mele marce», assicura il candidato premier del Movimento 5 Stelle, ma il sospetto è che alla fine di questa vicenda i grillini dovranno potare un intero frutteto, ammesso che i coinvolti rispettino la promessa di dimettersi una volta eletti e soprattutto che le aule di Camera e Senato votino a favore di quelle eventuali dimissioni. Perché la verità è che non c’è stata nessuna espulsione e che nessuno è “fuori dal Movimento”. Tutti i candidati considerati “impresentabili” – da Emanuele Dessì al massone Catello Vitiello, passando per i furbetti di rimborsopoli – restano nelle liste del Movimento 5 Stelle e sono tutti eleggibili. La loro promessa di lasciare una volta eletti vale esattamente come quei bonifici revocati dopo la pubblicazione delle ricevute degli ordini.
E mentre lo stesso Di Maio si fa fotografare con la Iena Filippo Roma impegnato a verificare bonifici (ai supporter e ai profili fake pro M5S serve disperatamente materiale ad uso copia / incolla), si moltiplicano le segnalazioni delle “gole profonde”, che stanno offrendo alla redazione della fortunata trasmissione televisiva materiale per altre due puntate. Si tratta di esponenti dello stesso M5S che in forma anonima stanno facendo emergere anomalie di ogni tipo nelle liste del “partito degli onesti”, da nord a sud. Sia chiaro: il fenomeno dei “dossieraggi” c’è in tutti i partiti, ma la quantità di denunce che in queste ore arriva dai territori, anche da parte di militanti “storici” del partito della Casaleggio Associati, è un fatto più unico che raro e denota un malessere diffuso rispetto al “nuovo corso” inaugurato con l’incoronazione a leader dell’ex steward dello Stadio San Paolo di Napoli.
Tuttavia, nella disperata strategia difensiva della società milanese si dice qualcosa di profondamente vero: non si può giudicare un partito politico dalle sue “mele marce”. I primi che dovrebbero imparare questa ovvietà sono proprio i grillini, che sulle “mele marce” degli avversari politici (in molti casi “presunte mele marce”) hanno fondato vere e proprie campagne di comunicazione. Oltretutto, tra inchieste della magistratura e scandali, il Movimento 5 Stelle ha una media altissima di grane di ogni tipo, dalle firme false ai bonifici revocati, passando per le inchieste giudiziarie che coinvolgono figure di primo piano come Virginia Raggi e Chiara Appendino.
Insomma, chi ha speculato per anni sulle altrui “mele marce”, oggi dovrebbe prima di tutto scusarsi con i suoi stessi supporter, non incitarli a difendere l’indifendibile.
Devi fare login per commentare
Accedi