Partiti e politici
Acca Larentia, 7 gennaio 1978
Il 7 gennaio 1978 tre militanti neofascisti furono assassinati di fronte alla sede del MSI di Acca Larentia. Oggi, i nostalgici del fascismo, commemorano quel giorno con grandi adunate pregne di retorica vittimista, smontata dalla giovane autrice Valentina Mira.
Recensione a “Dalla stessa parte mi troverai” di Valentina Mira, Società Editrice Milanese, Milano, 2024, pp. 256, 17 euro (edizione cartacea).
Domani ricorre l’anniversario della strage di Acca Larentia. Il 7 gennaio 1978 due militanti neofascisti furono assassinati da un commando di fronte alla sede del MSI di Acca Larentia, in zona Colli Albani a Roma. Un terzo morì nei successivi scontri con la polizia. Oggi, i nostalgici del fascismo, commemorano quel giorno con grandi adunate, a memoria dei loro martiri, usando una retorica vittimista ed eroica.
Acca Larentia, oggi
Ho visitato il luogo a pochi giorni dalla celebrazione, quando erano già sbucati i manifesti che invitano i camerati a presentarsi sul posto alle ore 18 di martedì 7 gennaio 2025. Infatti, sarà celebrato il rito neofascista dell’appello, a cui tutti risponderanno “presente”. Inoltre, il comune di Roma, come misura di ordine pubblico, ha già affisso un divieto di sosta temporaneo lungo tutte le vie adiacenti, che entrerà in vigore già alle ore 13 del 6 gennaio.
Il luogo appare come una piccola via pedonale, con una grande parte interrata che ospita un supermercato. Sul lato adiacente a via delle Cave si vede una piccola targa che ricorda uno dei tre ragazzi morti nel 1978. Sul lato adiacente a via Evandro c’è la porta che ricorda la vecchia sede del MSI, decorata da una coccarda, una targa e un murales.
Nel piazzale davanti, si vede la croce celtica disegnata sul pavimento, tanto grande che si può vedere anche da Google Maps. Le colonnine che delimitano l’accesso alla via sono adornate da fasci littori. Tutto ciò crea un’atmosfera pesante che mette profondamente a disagio. Il luogo appare come un altare a un passato eroico che non c’è mai stato. Un elogio alla forza fine a se stessa, quella delle camicie nere che picchiavano i contadini negli anni ’30 e battagliavano con i coetanei negli anni ’70.
Accanto, il pub ludico “Dragon Legend” smorza la tensione. Non sembra avere legami con i suoi vicini di casa. Anzi, appare come un simpatico posto nerd dove bere birra e giocare. Si distacca quindi dal resto della piazza che sembra celebrare non tanto il ricordo delle vittime, quanto un passato idealizzato, pieno di nostalgia e retorica.
Valentina Mira
La stessa retorica che la giovane autrice Valentina Mira prova a smontare nel suo romanzo “Dalla stessa parte mi troverai”.
L’autrice non è tanto interessata alla ricostruzione storica, quanto alla natura dei fascisti che oggi celebrano questa ricorrenza. Lei infatti proviene da una famiglia borghese che vive nelle vicinanze dei luoghi della strage. Ma, da giovane non aveva coscienza politica e per qualche anno ha frequentato un ragazzo apertamente fascista.
La frequentazione è diventata un’esperienza formativa a causa dei tratti narcisistici della personalità del suo amante. Valentina Mira ha così preso coscienza politica, iniziando la militanza antifascista e femminista. Parte di quelle esperienze sono confluite nel suo primo romanzo “X”. Proprio durante la presentazione di “X” ha stretto amicizia con Rossella Scarponi, vedova di Mario Scrocca.
La storia di Mario Scrocca
La storia di Mario e Rossella è il tema del romanzo, che mette al centro un onesto militante della sinistra romana, che stava formando una famiglia felice proprio con la moglie e il figlio Tiziano, che nel 1987 aveva appena due anni.
Ma, una ex militante del gruppo terrorista di sinistra Prima Linea iniziò a parlare del coinvolgimento di alcuni soggetti nell’attacco di Acca Larentia. Le sue dichiarazioni, malgrado fossero estremamente generiche, portarono all’arresto di un gruppetto di militanti di sinistra, tra cui Mario, come responsabili della strage.
Le prove contro di loro erano inconsistenti e furono tutti assolti successivamente. Tutti tranne Mario Scrocca, che, dopo un breve interrogatorio, fu condotto in una cella del carcere di Regina Coeli, specificamente costruita per evitare suicidi e impiccagioni. Ma, poche ore dopo, Mario fu trovato impiccato.
La vedova Rossella non ha potuto cercare la verità perché sarebbe stato troppo costoso un processo che avrebbe coinvolto gli organi dello stato. Malgrado le concrete circostanze sospette, Rossella avrebbe dovuto vendere la casa e sacrificare il figlio Tiziano a un incerto futuro. Quindi, non sapremo mai cosa è successo in quella cella.
Il vittimismo dei camerati
L’autrice studia le reazioni a quel fatto. Da una parte, i dolori della famiglia Scrocca. Dall’altra, la retorica vittimista della destra italiana e della stessa presidente del consiglio Giorgia Meloni, che si dimentica come i neofascisti hanno spesso avuto il ruolo di carnefici. Il terrorismo rosso, per quanto ugualmente barbaro e inaccettabile, può essere infatti contestualizzato come una folle reazione alle stragi fasciste di Milano, di Brescia, di Peteano, etc.
Inoltre, la strage di Acca Larentia ha dato origine ai NAR, gruppo di ragazzini neofascisti che assassinavano a sangue freddo coetanei che semplicemente vestivano nel modo sbagliato. Un gruppo che si riteneva eroico e sensibile ma che ha compiuto stragi indicibili, probabilmente legandosi alla loggia P2 e altri apparati deviati dello stato.
Ovviamente, anche i fascisti hanno avuto le loro vittime innocenti. Penso ai ragazzi di Acca Larentia e a Paolo Di Nella, il giovane ucciso in viale Libia a Roma, mentre affiggeva manifesti per promuovere l’acquisizione pubblica di villa Chigi. Valentina Mira, difatti, non si scaglia contro le vittime vere, ma contro la retorica vittimista di un’intera parte politica, che omaggia i propri martiri scordandosi completamente delle proprie responsabilità.
Il fascismo e i suoi derivati sembrano così soffrire di un narcisismo di massa che impedisce di ricostruire una realtà oggettiva. Questi tratti del libro hanno reso l’autrice bersaglio di offese puerili e feroci da parte di tanti leoni da tastiera, nonché delle critiche dei deputati e dei giornali della destra italiana.
Le critiche al romanzo
Tali critiche accusano l’autrice di ridimensionare la gravità dei fatti di Acca Larentia, trattando i fascisti come vittime di serie B e giustificando la lotta armata comunista. Peccato che non ci sia niente di tutto questo nel romanzo, che non si concentra sulle vittime, ma sulla retorica vittimista, oltre che sull’oblio caduto sull’ultima vittima della strage, come ben evidenzia lo scrittore Paolo Morando.
La “colpa” principale del romanzo è quella di smontare pezzo per pezzo la retorica dei nostri attuali governanti. Questo non gli può essere perdonato dalle maggiori cariche istituzionali. Tutti gli altri dovrebbero invece leggere il romanzo per riscoprire un pezzo dimenticato degli anni di piombo.
Detto questo, il libro rimane un’opera artistica che come tale può avere dei difetti. Ad esempio, non mi è piaciuta la scrittura spesso ridondante, seppur scorrevole. A volte, si ha la sensazione che la scrittrice voglia allungare le pagine con artifici letterari, quando avrebbe tanto altro da raccontare.
Infatti, si poteva contestualizzare meglio la vicenda. Poteva essere interessante accennare a Paolo Di Nella, il cui ricordo è stato istituzionalizzato dal Comune di Roma e anche da tanti antifascisti. E soprattutto all’omicidio di Ivo Zini, ucciso dai NAR a settembre 1978 a poche centinaia di metri da Acca Larentia, di fronte alla sezione del PCI “Alberone”, a due passi da dove vivo.
Oggi, il circolo PD “Alberone” continua a ricordare quell’evento deponendo tutti gli anni una corona di fiori per Ivo Zini. Fortunatamente, non mi risulta che alla cerimonia partecipino migliaia di stalinisti nostalgici da tutto il mondo per dimostrare di essere le “vere” vittime della Storia, quella con la S maiuscola.
Foto di Hua Wang
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