Partiti e politici
A Cuba Renzi ha corso contro se stesso
È un po’ di giorni che non penso (quasi) ad altro. Renzi che corre a Cuba e si fa immortalare dai fotografi. La Repubblica in stile Istituto Luce che chiosa:” il presidente del consiglio non rinuncia a tenersi in forma e bla bla bla”.
Le foto sono impietose. Non voglio scadere del tutto in uno scanzismo epigonale soffermandomi sul fatto che il tono muscolare di Renzi non ci restituisce l’immagine di uno sportivo abituale.
Ma sull’abbigliamento sì.
Il Nostro indossa un completino di quelli che si regalano ai bambini fra gli otto e dieci anni (oltre sarebbe un rischio perché, con il progressivo sviluppo del libero arbitrio, il regalo verrebbe rifiutato in malo modo), della nazionale italiana, un coordinato si direbbe, con il numero dieci e il cognome sulla schiena. Silenzio.
Davanti a lui corre un più sobriamente abbigliato e molto meglio equipaggiato (dalla natura) ragazzo cubano, probabilmente adibito alla sua incolumità.
La faccia di Renzi è visibilmente provata come quella di Dorando Pietri al traguardo. Ancora Silenzio.
Non riesco a spiegarmi il perché di cotanto cattivo gusto che scade nel grottesco di un uomo capacissimo abitualmente di vendere la sua immagine come nessun altro mai.
Cosa ha voluto dimostrare? L’immagine della fisicità del potere, la sua tangibilità corporale richiamano altri illustri e non proprio edificanti esempi. Pensiamo a Putin a petto nudo che caccia e a Mussolini fra i covoni di grano con la falce in mano, o sul Terminillo che scia sempre senza maglietta della salute. Fortunatamente Renzi la maglietta (aderentissima) se l’è tenuta.
Ma non è questo il punto. Il punto è la finalità di tale uscita.
Il numero dieci sulla schiena è quello del fantasista, di Rivera e Baggio e il messaggio parrebbe recitare: “ebbene sì, sono un fuoriclasse”.
Rimanendo nella metafora calcistica, il completino zero – dodici risulterebbe dunque un tributo d’amore per la patria lontana rievocata attraverso il suo universalmente più noto ambasciatore, il calcio?
Stando così le cose, avrebbe un senso se l’avesse indossata, con atto guascone e provocatorio tipico suo, in Brasile o Argentina quasi ad annunciare future rivincite negli stadi.
A Cuba però dove il calcio è meno popolare della pallavolo o della pallanuoto, questa scelta appare fuori logica.
Tutto in realtà appare fuori logica. L’abbigliamento, la taglia, il partner, il luogo, ma soprattutto il momento.
Mentre le foto di Renzi Runner impazzavano un po’ ovunque, era in corso la conta dei consiglieri per far decadere Marino a Roma con un Orfini fuori da ogni grazia di Dio, e il dramma poco edificante di Messina priva di acqua corrente.
Ce ne sarebbe stato abbastanza per scatenare una ondata di indignazione che però puntualmente non c’è stata, almeno nelle proporzioni che sarebbe stato lecite attendersi in qualunque paese civile.
Che Renzi non sia mai dove ci sono i problemi veri, non c’era bisogno ce lo ricordasse Claudio Amendola dalle colonne de Il Fatto Quotidiano; lo sapevamo già: la sua immagine è indissolubilmente legata ad una gioia di vivere un po’ ebete, al successo, al mondo come un’ immensa disneyland dove il “brutto” non si può perder tempo ad analizzarlo, perché già ci si deve rivolgere al “bello” che di certo e senza tema di smentita, è alle porte.
Appena però il brutto (che altro non è che la realtà) gli si avvicina, la sua immagine e, come in questo caso, la gestione stessa della sua immagine si fanno precarie, balbettanti, sfocate.
Se in definitiva Renzi si è agghindato come il classico quarantenne in sovrappeso che, per risolversi ad abbandonare la sedentarietà domenicale decide di andare a correre indossando il completino regalato dagli ex compagni di liceo, ritenendo di donare tutto ciò agli occhi del mondo, perché convinto che ciò fosse utile e “fico”, forse siamo entrati nel tunnel di un narcisismo patologico che si fa preoccupante e meritevole di attenzione medica. La signora Agnese rifletta.
Se invece dietro questa azione si nasconde l’intenzione di trasmettere serenità e debordante sicurezza mentre dall’altra parte dell’oceano, a casa, ne stanno succedendo di tutti i colori e tutti si aspetterebbero da lui un intervento in prima persona, la faccenda si fa alquanto più grave.
Avere un presidente del consiglio che si piace a tal punto dallo scadere nel ridicolo (ne abbiamo già avuto uno…) non è certo un affare, perché quando l’effetto novità si sarà spento, anche per Renzi comincerà la fase semplicistica dell’identificazione automatica, e la credibilità del paese sarà compressa tutta in quella maglietta di acrilico sudaticcia.
Avere però un capo di governo che rifugge i problemi, le sciagure e addirittura pensa che farsi immortalare in certe pose mentre “Roma brucia” sia utile a cementare il consenso, è assai più grave perché, aldilà della reazione della bradipizzata opinione pubblica nostrana, quello che anche il più distaccato osservatore percepisce, è scellerato disinteresse per la cosa pubblica.
Gli italiani sono noti per sopportare e digerire qualunque cosa finché decidono spesso repentinamente che la misura è colma: sarebbe utile che Renzi non se lo dimenticasse, assieme alla vecchia massima secondo cui ad affogare sono sempre i migliori nuotatori.
La vera mossa vincente sul fronte comunicativo sarebbe ora vestire i panni del leader politico serio, anche un può grigio ma presente, vicino, senza fronzoli, uscendo da questa sempre più patetica eterna adolescenza del potere (e dalla sua rappresentazione).
Per uno come Renzi, che incarna tutti i pregi e i limiti di un’epoca polarizzata sul singolare, sull’individuo, sul “ghe pensi mi” questa potrebbe rappresentare la prova più difficile.
Il suo continuo danzare fra l’uomo e il politico prediligendo visceralmente il primo al secondo potrebbe, proprio nella velocissima stagione che lui stesso dice e crede di calvalcare, riservargli più di un inciampo. Vedremo allora se, come un vero podista, saprà riprendere la corsa aumentando l’attenzione e rimodulando il ritmo, o al contrario, rimarrà fatalmente indietro, lontano dal gruppo di testa.
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