Partiti e politici
4 maggio, finisce il protagonismo sociale. Dopo una stronzata sarà una stronzata
Congiunto è un parente. Non ci sono molte discussioni. Non è un amico, non è una fidanzata. È una parola precisa che non ha la minima attinenza con quei soggetti che Jannacci avrebbe ricompreso nelle sue “situazioni di contrabbando”. Perché avete messo in piedi questa tarantella? Il significato era chiaro da subito: si possono andare a trovare solo i parenti. Ci sono i nonni che vivono malissimo la privazione dei loro nipotini, ci sono papà e mamma anziani che hanno bisogno di noi, magari c’è una zia sola che ci ha fatto quasi da mamma quando mamma sgavazzava fuori. Tutte situazioni molto ben delineate. Nessuna incertezza. L’unica cosa è che conferenza stampa bisogna parlare un italiano un attimo sciolto cazzo, e lasciare meno margini possibili ai professori che ti aspettano sul cavillo. Meno ghiribizzi da intellettuale della Magna Grecia e più sostanza delle cose. Al punto che poi hai dovuto sbracare, caro Pres., allargando sino al ridicolo i confini del “congiunto”.
Intorno a una scemenza, si è impiantato un teatrino. Ed è qui, semmai, che la questione diventa più seria e delinea un aspetto in qualche misura patologico: la dipendenza da protagonismo di molti italiani e la privazione assoluta che hanno dovuto patire in questo periodo maledetto di clausura. Abbiamo accumulato troppa, troppa, privazione, per come siamo fatti, era chiaro che ognuno di noi avrebbe sbrodolato prima o poi. Facciamo un nome a caso, che ci rappresenta un po’ tutti: Matteo Renzi, che di protagonismo vive. Ha arrancato in quarantena, come un ciclista in crisi sullo Zoncolan, l’ammiraglia lo spronava ma il fiato mancava e di conseguenza le gambe.
Soprattutto, in questo tempo malato è mancata la scelta di tempo, che è quella virtù morale per dire una cosa preferibilmente giusta al momento giusto. La scelta di tempo è degli illuminati, è soprattutto un’abitudine al silenzio, all’ascolto, per poi mettere a segno una zampata felice. Si è capito che il nostro non “entrava” mai al momento giusto, ogni volta sgraziato, a piedi giunti, esageratamente falloso. Lasciamo stare quella del tutti a scuola il 4 maggio. O quella del tutti da Fulvia sabato sera, tanto per omaggiare la premiata ditta Pericoli&Pirella. E sorvoliamo sull’aprire subito tutta l’Italia perché “se non moriamo di Covid, moriremo di fame”, frasettina carpita in un Bacio Perugina in una notte stellata nel villone fiorentino.
Ma poi il massimo è arrivato sul “Congiunto”, e qui dovreste avvertire – forte – la magnifica presenza del principe De Curtis. Qui Matteo si è superato, ha messo in piedi un intervento al Senato, ha scomodato televisioni, insomma gli è sembrato il momento giusto per dire che quel decreto del Presidente del Consiglio era incostituzionale. Quindi, adombrando persino un ricorso all’alta Corte. E perché? “Perchè non me lo deve dire lo stato chi devono frequentare i miei figli, non me lo deve imporre lo stato chi voglio vedere”. Ora, Qualcuno, da subito, gli ha consigliato prudenza perché quei decreti del Presidente sarebbero in realtà atti amministrativi e dunque, in caso di ricorso, da discutere di fronte a un Tar. Ma non è questo il punto. Il punto è che, come tutti noi, solo che lui è Renzi e sta al governo, ha portato una cretinata all’interno del dibattito politico. La cosa era chiarissima da subito: puoi uscire di casa per andare a trovare il nonnino. Stop.
Noi siamo Renzi. Siamo insofferenti, e onestamente avremmo anche una qualche ragione. Lungo questa quarantena abbiamo sopportato moltissimo, era inevitabile che, al minimo appiglio, avremmo trovato qualunque pretesto per litigare, per dire qualche, anche più di qualche stronzata sui social, era fisiologico che avessimo voglia di far baruffa. Ci avevano deprivato del diritto in natura più prezioso per l’italiano: il diritto al protagonismo. E allora, con i giorni che scorrevano inflessibili e dolorosi, abbiamo messo in piedi costruzioni surreali di un Paese inesistente, come quella, naturalmente suggestiva, che fosse ormai in atto uno «Stato di Polizia», che ci aveva privato dei diritti fondamentali dell’Uomo. E quando chiedevi le pezze giustificative di questo inquietante allarme sociale, riuscivano a cavare giusto quei quattro pirla sull’elicottero che inseguivano un povero corridore sulla spiaggia. Ma signori.
È chiaro, allora, che in vista del 4 Maggio, ognuno stia cercando di riguadagnare la prima fila. È comprensibile. Come alla partenza di una gara di mezzofondo, dove non devi farti risucchiare dal gruppo. E in realtà, quella data sarà davvero salvifica per almeno un aspetto del problema: che si darà finalmente aria alle nostre stronzate. Le diremo a cielo aperto e come vengono, andranno.
Piuttosto, per quel che vale, ne dico una io. Chi ha avuto meno risposte, eppure ha detto meno stronzate di tutti, sono state le mamme. Che sulla scuola hanno navigato a vista, senza sapere nulla per due lunghissimi mesi e ancora oggi siamo lì. Potevano dire la qualunque, e lo hanno fatto anche con una certa grazie, quasi dolorosamente. Ma si sa, le mamme non fanno punteggio.
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