Partiti e politici

24 maggio 2013, sembra un secolo fa

11 Dicembre 2014

 A Roma, la chiusura della campagna elettorale, in Piazza San Giovanni, dopo cinque anni di giunta Alemanno, poteva offrire gli spunti per immaginare cose che neanche voi umani avreste pensato.

Mesi e mesi in attesa che cambiasse qualcosa, sconfiggendo la destra berlusconiana e restituendo l’Italia al governo del centrosinistra: ma, a Febbraio già qualcosa era avvenuto facendo capire che l’aria non era la stessa.

Il PD di Bersani decise di non fare la manifestazione in piazza, preferendo il teatro Ambra Jovinelli dove raccogliere pochi sostenitori che guardarono attoniti, nei telegiornali, la piazza della sinistra impadronita dalla folla che celebrava l’esordio del movimento 5 stelle di Beppe Grillo. Le elezioni finirono come sappiamo e non fu un risveglio felice.

Dopo poco si svolsero le elezioni per il Comune di Roma, dopo un’estenuante dibattito che aveva portato alle primarie per scegliere Ignazio Marino come candidato Sindaco.

Una faccia nuova, pulita e rassicurante, con la sua bicicletta rossa vintage e l’idea che si potesse lasciare alle spalle la brutta stagione dei saluti romani in Campidoglio e della destra al potere.

Eppure la manifestazione di piazza San Giovanni, scelta dal PD di Roma per riaffermare l’idea che la piazza fosse un simbolo da difendere e da riportare al centro dell’immagine di un partito forte e capace di innovare, lasciò non pochi dubbi nei cittadini che parteciparono a quella che avrebbe dovuto essere una festa.

Quel giorno ebbi l’impressione, netta e condivisa con molti altri, che si fosse persa un’occasione: invece di ricostruire un’idea comune si percepiva nell’aria la distanza tra chi era in piazza e chi, in virtù di chissà cosa, accedeva, con il badge al collo, all’area riservata. logiche passate che non sarebbero state di buon auspicio.

Una classe dirigente concentrata nel marcare la differenza, forte dell’idea di riconquistare posizioni di potere: una battaglia politica che era troppo concentrata sulla necessità di raccogliere voti di preferenza su un candidato piuttosto che su un altro, con la sensazione, molto forte e vissuta, di non essere in grado di coinvolgere e rompere schemi vecchi, di appartenenza.

Lo raccontava, in modo molto efficace, Mattia Feltri su La Stampa, facendo un resoconto anche delle altre piazze, percependo quel malessere che i cittadini dimostravano verso un modo di far politica troppo distante.

Fa bene ricordare oggi quei momenti perché, in questo modo, si percepisce meglio la frattura che si è venuta a creare: un modo di vivere la politica che ha portato allo sconcerto e alla delusione che oggi sorprende molti nel leggere le notizie relative a indagini e arresti relativi al livello di corruzione e di commistione che ha attraversato Roma (e non solo).

Quelle piazze vuote, con la passione stemperata dal timore che qualcosa non andasse come si sperava, sono una situazione emblematica che va compreso e interpretato fino in fondo: un punto di arrivo di una trasformazione della politica in una gestione più numerica piuttosto che capace di mobilitare la passione e la voglia di cambiamento.

Ci sarà il tempo per fare analisi più complicate, in grado di spiegare questa logica perversa che ha fatto sì che la politica perdesse di vista l’idea di fondo di lavorare per il bene comune: verranno fiumi di parole, ore e ore di dibattiti e talk show, ma resta, ora, l’impressione di un meccanismo inceppato.

Da una parte la spinta del populismo, dell’antipolitica, della manipolazione della rabbia, capace di scatenare proteste razziste, xenofobe, omofobe e, dall’altra, l’incapacità di coloro che intenderebbero essere rappresentanti politici di cogliere il senso della realtà, di un paese che è attraversato da una crisi profonda e devastante, che mina la sicurezza e l’idea stessa di futuro.

Il cambiamento che è atteso non può essere solo di facciata, legato solo alla comunicazione politica e all’uso dei social: si chiede molto di più alla politica e, guardandomi attorno, questa capacità di cambiamento è diventata merce rara, in Italia.

 

 

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