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Unioni civili: muoversi! “Possiamo chiudere ad agosto” il monito di Lo Giudice
E’ un periodo fitto di impegni parlamentari quello attuale, dove ognuna delle iniziative aspira ad essere approvata prima della chiusura estiva del 7 agosto. Riforma costituzionale, legge sulla Rai, unioni civili, sono i principali compiti segnati sulla lavagna dei parlamentari, dopo il rush finale sulla riforma della scuola di questi giorni.
Se con la prima settimana di agosto il portone di Palazzo Madama dovesse chiudere per ferie, c’è il rischio che la mancata calendarizzazione per alcuni disegni di legge possa far saltare o rimandare provvedimenti importanti e attesi, uno su tutti è quello delle unioni civili.
Sarebbe vergognoso rimandare ancora questa riforma, a meno di due mesi dal referendum irlandese e a poche settimane dalla riforma della Corte Suprema USA, in cui hanno parlato di matrimonio egualitario, mica di unioni civili.
Del rischio ingorgo in Senato (dovuto anche all’ostruzionismo degli oppositori), ma anche di scuola, gender e altro, ne ho parlato con il senatore PD Sergio Lo Giudice, tra i fondatori del nuovo gruppo Rete Dem, area riconducibile agli ex civatiani, tra cui figurano insieme a lui Daniele Viotti, Michela Marzano ed altri.
Senatore Lo Giudice, recentemente insieme ad altri suoi colleghi PD, ha lanciato Rete Dem, una nuova corrente interna di ex civatiani. Qual è l’esigenza di una ulteriore corrente? Che contributo vuole dare Rete Dem al PD?
“Abbiamo deciso di denominarci rete e non area perché non ci interessa costruire il confine dell’ennesimo gruppo interno al Pd. Abbiamo un’idea più ambiziosa , anche se del tutto realizzabile: costruire reti, ponti, relazioni fra chi dentro o fuori il Pd condivide l’idea di un partito davvero attento ai valori di partecipazione, giustizia sociale, diritti civili, legalità , sviluppo sostenibile.
Vogliamo fare rete fra le tante buone pratiche dei nostri circoli, fra le idee di chi nel partito ha ruoli elettivi ed é chiamato ad assumere decisioni, fra il Pd e le tante esperienze sociali, sindacali, associative o nate dall’organizzazione spontanea dei cittadini, magari attorno a un singolo tema, a cui un partito democratico e popolare deve fornire strumenti, non bastonate in testa.”
Ma i contenuti di Rete Dem sono più vicini a quelli di Possibile piuttosto che al “PD delle larghe intese”?
“I nostri contenuti sono certamente vicini a quelli di Possibile. ReteDem nasce da chi aveva sostenuto Civati come segretario del Pd e continua a fare riferimento a quell’idea di innovazione della politica. Da Possibile ci divide l’idea che quel progetto possa essere realizzato fuori dal Pd, nel perimetro di una sinistra radicale. La grande opportunità che abbiamo è di usare lo strumento di un partito di massa come è il Pd per correggerne la rotta e ricostruire un rapporto con i valori e il popolo del centrosinistra.”
Sta arrivando alle fasi finali l’approvazione della riforma della scuola. Lei, che proviene dal mondo dell’insegnamento, ha giudicato la fiducia su questo provvedimento come una sconfitta e chiedeva un tempo di riflessione maggiore per approfondire i temi quali i contributi alle scuole paritarie, il ruolo dei dirigenti scolastici e la responsabilità che compete loro nella scelta dei docenti, ecc. Che opinione ha oggi su questa riforma e sulle sue dinamiche?
“Per me è stato davvero faticoso votare la fiducia su un provvedimento di cui conosco i forti limiti e soprattutto i potenziali rischi. In particolare, sarà indispensabile monitorare il nuovo ruolo dei dirigenti nella selezione degli insegnanti, per evitare che si formino scuole di tendenza e che si crei una disparità fra scuole d’élite e scuole di serie B. Questo rischio è aumentato dalla possibilità, attraverso lo school bonus, che i privati scelgano come indirizzare i finanziamenti statali su questa o quella scuola. Alcune – poche – nostre proposte di modifica sono state accolte, ma i nodi principali restano irrisolti. Purtroppo il voto di fiducia costringe ad abbandonare il lavoro sul merito e sposta la decisione sul futuro del governo. Io non amo particolarmente questo governo e le sue politiche, ma oggi, con una legge elettorale proporzionale, andare a votare avrebbe significato consegnare il paese alla totale ingovernabilità, mentre ancora non si vedono solidi segni di ripresa dalla crisi economica. Per questo ho deciso ob torto collo di votare la fiducia.”
La riforma della scuola ci porta subito a pensare all’emendamento presentato dalla Vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli, che prevede che l’offerta formativa assicuri l’attuazione di principi di pari opportunità, promuovendo nelle scuole l’educazione alla parità di genere, la prevenzione alla violenza di genere e alle discriminazioni. Da ex insegnante e filosofo, nonché attivista LGBT di lungo corso, può spiegarci qual è la distanza fra questo provvedimento e la tanto discussa teoria del gender?
“La cosiddetta “Teoria Gender” , intesa come ideologia volta a cancellare le differenze fra maschi e femmine, o ad insegnare ai bambini di quattro anni a masturbarsi, come diceva un sms spedito massicciamente ai genitori dei bambini delle scuole, semplicemente non esiste. Le organizzazioni cattolico-integraliste ne hanno fatto uno spauracchio mediatico per scatenare paura contro tutti ciò che riguarda i diritti di gay, lesbiche e trans, dalle leggi sui diritti civili agli interventi contro l’omofobia nelle scuole. Sembra di assistere a una riedizione dei famigerati “Protocolli dei Savi di Sion”, l’inesistente complotto giudaico massonico che servi da apripista per le leggi antiebraiche in Europa nella prima metà del secolo scorso.
Gli interventi previsti dal comma 16 del disegno di legge sulla scuola mirano ad educare i bambini alla parità fra i generi e al superamento di ogni discriminazione, a partire da quelle di genere, orientamento sessuale e identità di genere, cioè nei confronti delle donne e di gay, lesbiche e trans. Si tratta dell’attuazione di un impegno assunto all’unanimità dal Parlamento italiano con il recepimento della Convenzione di Istanbul contro la violenza di genere. Averne fatto un obiettivo dei piani dell’offerta formativa delle scuole interrompe un’inerzia colpevole della scuola italiana – fatte salve alcune importanti esperienze locali- su questi temi.”
E’ impegnato con la senatrice Cirinnà per far approvare il testo sulle unioni civili che attualmente rischia di arenarsi in Senato, in vista della chiusura estiva del 7 agosto e a causa del probabile ingorgo per i troppi provvedimenti che sembrano assumere maggiore priorità. A che punto siamo adesso?
“L’iter sta andando avanti e già questa settimana potremmo iniziare a votare gli emendamenti. Purtroppo ad oggi l’ingorgo di provvedimenti che stanno per arrivare alla discussione (fra cui la riforma costituzionale e la legge sulla Rai) non ci dà la certezza sui tempi di approdo in aula. Io continuo a ritenere possibile licenziare il testo in commissione entro luglio, nonostante i quasi duemila emendamenti ostruzionistici e la necessità di attendere i pareri della commissione bilancio su ognuno di essi, e mandarlo in aula nella prima settimana di agosto.”
Quando il testo uscirà dalla Commissione Giustizia cosa accadrà? Chi ha il potere di calendarizzare la votazione in tempo utile?
“Il calendario è deciso dalla conferenza dei capigruppo. Conto che ci sia presto una decisione che renda possibile la tempistica che indicavo.”
Il primo ministro Matteo Renzi, non ha preso posizioni ufficiali sul disegno di legge Cirinnà, ma si è rimesso al parere della relatrice. Avrebbe preferito che il segretario del suo partito, nonché premier, assumesse una presa di posizione più chiara, netta e favorevole? L’iter parlamentare ne avrebbe giovato?
“Il premier Matteo Renzi non ha preso posizione, tenendo fuori la maggioranza di governo dalla discussione. È una decisione che auspicavo e per cui mi sono impegnato sin dall’inizio. Guai se oggi fossimo costretti dai vincoli della maggioranza delle larghe intese a cercare la sintesi sul testo con NCD. Sulle unioni civili c’è una maggioranza larga in Parlamento, ma é trasversale rispetto a quella che sostiene il governo. Bene ha fatto quindi il presidente del consiglio a lasciare libertà all’aula come avvenne già per le grandi battaglie sul divorzio e sull’aborto.
Il segretario del Pd Matteo Renzi, invece, su questo terreno – unioni civili come istituto distinto dal matrimonio e con l’adozione del figlio del partner e non di bambini terzi – si era speso e fin qui ha mantenuto gli impegni. Anche se dentro il Pd alcuni senatori hanno delle riserve su alcune parti del testo in discussione, la stragrande maggioranza del partito ci sta sostenendo.”
Se il testo non dovesse arrivare in Aula entro la chiusura estiva, di chi sarebbe la responsabilità? E in quel caso che scenario si aprirebbe a partire da settembre?
“Non mi piace pensare alle ipotesi subordinate: possiamo chiudere in agosto e su questo dobbiamo lavorare.”
Ivan Scalfarotto, attivista LGBT e sottosegretario PD nell’attuale governo, ha iniziato da giorni uno sciopero della fame per sollecitare la messa in agenda della votazione del testo Cirinnà. Che opinione ha in merito a questa azione? Come membro del Governo quali altri strumenti utili potrebbe avere per aiutare il testo Cirinnà?
“Credo che sia meritorio che Ivan abbia deciso un gesto così eclatante a sostegno dell’approvazione della legge. Spero che serva anche questo ad accelerare i tempi. Un membro del governo, anche se non ha una delega specifica su un tema, può dare una mano a costruire relazioni o a facilitare alcuni passaggi, ma questo, quando é stato possibile, Scalfarotto non ha mancato di farlo.”
Perché la cattolica Irlanda ha approvato il matrimonio egualitario, la Corte Suprema Usa lo ha esteso in tutti i paesi e in Italia si fatica ad approvare le unioni civili?
“La mia idea é che la nostra cultura nazionale sconti l’assenza di una forte tradizione liberale e libertaria. Il matrimonio é stato esteso alle coppie gay e lesbiche in Belgio, Spagna, Portogallo, Francia, Irlanda, Argentina, Brasile, Messico , Uruguay, cioè in tutto il mondo cattolico tranne che in Italia. Troppo comodo dare la colpa al papa: sono la politica e la cultura nazionali a dover fare un esame di coscienza e soprattutto a spingere per colmare un ritardo ormai insostenibile.”
Ritardo sì insostenibile, dovuto alle dinamiche di Palazzo di questi giorni torridi, in cui si fa sempre più calda anche l’attenzione da parte della comunità LGBT (e non) affinché l’iter del ddl Cirinnà non si blocchi. Per questo motivo le associazioni (Arcigay, ArciLesbica, Agedo, Equality, Famiglie Arcobaleno, Certi Diritti, MIT) hanno scritto una lettera pubblica pochi giorni fa sollecitando il presidente del Senato Grasso, il premier Renzi, la ministra per i rapporti con il Parlamento Boschi e i capigruppo di Camera e Senato, affinché si attivino per far procedere l’iter nelle tempistiche attese, chiedendo chiaramente la “calendarizzazione in Aula al Senato del DDL sulle Unioni Civili non oltre il mese di luglio, in modo da fissare una data certa e contingentare i tempi di discussione degli emendamenti e per la votazione del testo finale” e “una presa di posizione forte che consenta a questo testo, già sostanzialmente superato nel mondo occidentale, di essere approvato così come è senza ulteriori tagli, in termini di diritti”.
Aggiungono: “Vorremmo fosse chiaro una volta per tutte – sottolineano le associazioni – che non stiamo parlando di temi etici, e che invocare in questo caso la libertà di coscienza è fortemente mistificante e improprio”. E ancora: “Quanto è avvenuto nelle ultime settimane in Irlanda e negli USA ha evidenziato ancora di più l’isolamento dell’Italia in Europa e nel mondo occidentale rispetto al tema dei diritti e ha tolto definitivamente ogni alibi agli indugi con cui le istituzioni (il parlamento e il governo in particolare) hanno affrontato questo tema. Tutte le democrazie del mondo e le istituzioni internazionali di cui l’Italia fa parte dicono chiaramente che la richiesta di uguaglianza e i diritti conseguenti delle persone omosessuali sono diritti umani e la pienezza dei diritti umani non può essere subordinata né alla maggioranza e neppure alle ingerenze di stampo religioso in uno Stato laico”.
Siamo sempre più vicini alla resa dei conti: superato il complesso del tema etico all’interno del PD (vedasi dichiarazioni di Micaela Campana), una volta superato l’ostruzionismo dell’NCD; non potrà reggere come scusa quella di non aver fissato e pensato bene al calendario. Non oso immaginare la capacità di sintesi che servirebbe in un tweet renziano per giustificare un tale comportamento. Perchè qui c’è solo una cosa da fare, ed è questa: muoversi in fretta.
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