Parlamento
Tutti pronti con l’hashtag: #presidentestainazareno
La corsa al Quirinale si sta concludendo nel peggior dei modi, con quell’epilogo che tutti volevano scongiurare, racchiuso dalla sigla PdN. Che estende il suo significato da Patto del Nazareno a Presidente del Nazareno: un capo dello Stato partorito dall’accordo esclusivo tra il leader del Pd, Matteo Renzi, e il capo di Forza Italia, Silvio Berlusconi.
Il presidente del Consiglio ha infatti deciso di ignorare l’appello del Movimento 5 Stelle, che in questa occasione aveva dimostrato, almeno pubblicamente, una volontà di dialogo. Di certo l’iniziativa “Fuori i nomi” era abbastanza sguaiata, in linea con il grillismo d’assalto. Tuttavia, nella lettera inviata ai deputati del Pd, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio hanno scritto un passaggio condivisibile: «Crediamo che una elezione nei primi tre turni con la partecipazione delle forze di opposizione e alla luce del sole sia un modo per dare autorevolezza al prossimo presidente della Repubblica come rappresentante di tutta la Nazione e per non confinarlo alla qualifica di “nominato”».
Il M5S ha tutti i limiti ben noti, ma non è che Forza Italia sia un marchio di qualità. Dunque in questa occasione non serve fare l’esame del dna ai partiti, visto che non deve nascere un’alleanza di lungo corso con nessuno (almeno in linea teorica). L’unico obiettivo è l’elezione del nuovo presidente della Repubblica con il più ampio consenso possibile per una ragione molto semplice: viene indicato da un Parlamento senza un vero partito maggioranza e che porta sulle spalle il fardello di essere stato eletto con una legge come il Porcellum, non solo giudicata orribile da qualsiasi esperto ma addirittura dichiarata incostituzionale dalla Consulta.
L’erede di Giorgio Napolitano dovrebbe essere espressione di un’area politica vasta, affinché possa ridare nuova credibilità alla presidenza della Repubblica. Perché, è bene ricordarlo, anche la figura del capo dello Stato ispira meno fiducia degli italiani: è in flessione rispetto agli anni precedenti. Si è detto: «Conta il metodo, non i nomi». Un principio vero, verissimo. Ma siamo sicuri che il modello del Nazareno sia l’esempio migliore?
La richiesta di un profilo credibile al Colle non è un capriccio da grillino o la smania da oppositore di sinistra anti-renziano. Si tratta di una necessità, se non di un dovere nei confronti dei cittadini. Come fare quindi di fronte all’imprevedibilità di Grillo? La risposta potrebbe essere più semplice di quanto non appaia: si può ascoltare, nel ventre del Parlamento, gli umori di tutti (ovviamente compresi quelli del Movimento 5 Stelle), per formulare una proposta solida, prendendo a esempio il “modello Grasso” adottato da Pier Luigi Bersani all’epoca dell’elezione del presidente del Senato nel 2013. Almeno si mette il M5S di fronte a una scelta di coscienza, che nel segreto dell’urna potrebbe diventare un voto di sostegno. O comunque rendere meno attaccabile il prossimo presidente della Repubblica.
Altrimenti è già pronto l’hashtag alla proclamazione del nuovo capo dello Stato: #presidentestainazareno. L’anticamera dell’ondata di indignazione social, e non solo.
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